giovedì 3 febbraio 2011

Il berretto nel fango


“Una volta, per dimostrarmi quanto migliore del suo fosse
il tempo in cui ero venuto al mondo io, [mio padre] mi fece
questo racconto. «Quand’ero un giovanotto – disse –
un sabato  andavo a passeggio per le vie del paese.
Ero ben visto, e avevo in testa un berretto di pelliccia nuovo.
Passò un cristiano e con un colpo mi buttò il berretto nel fango
urlando: ‘Giù dal marciapiede, ebreo!’. ‘E tu cosa facesti?’,
domandai io. ‘Andai in mezzo la via e raccolsi il berretto’,
fu la sua pacata risposta. Ciò non mi sembrò eroico da parte
di quell’uomo grande e grosso che mi teneva per mano”


Sigmund Freud mostra una pietas filiale assai ambivalente. Proviamo, però, a immaginare lo stesso episodio raccontato dal figlio di quel cristiano, e avremo la negativa di quellambivalenza. Non è mai facile decidere, in questi casi. Tuttavia, essendo costretti a scegliere, di chi vorreste essere figlio? Voglio dire: dovendo essere indulgente con vostro padre, perché è pur sempre vostro padre (tutto fuorché un eroe, in entrambi i casi), ne preferireste uno troppo gradasso o uno troppo mite? In altri termini: di quale padre preferireste essere costretti a vergognarvi un poco?

Forse è il caso di fare un altro esempio. Su Lespresso della scorsa settimana (5/LVII - pag. 154) Eugenio Scalfari chiamava Giuliano Ferrara e i foglianti alle loro responsabilità: “Voi, spiriti sottili, atei ma devoti, allineati ma irriverenti, libertari ma snob, irruenti ma ricercati, voi non vedete con orrore o almeno con disgusto lo squallore e la disperazione in cui lAmor vostro è precipitato portandosi dietro un pezzo del Paese? [...] Vi dovrebbe venire un po di rossore sul volto, ma se non vi viene spontaneamente fatevelo pennellare sulle gote dal truccatore di scena, in modo che noi lo si possa vedere e perdonare la vostra vergogna”. Bisogna convenire che il tono poteva risultare insultante a Ferrara come tempo fa lo era a un cristiano la vista di un ebreo ben vestito. Via, cappello nel fango: “Scalfari sull’Espresso civetta un po’ con me e poi mi dice che devo provare vergogna. Mi sono sforzato ma non ci riesco, mi spiace. Se però lui o il suo Peppe D’Avanzo volessero farsi una bella chiacchierata in televisione con me, evitando naturalmente postriboli televisivi e fumerie d’oppio, sono disponibile. Vediamo chi arrossisce e, se mi è permessa una innocente guasconata, glielo do io il bunga bunga” (il Giornale, 30.1.2011). Al momento, il cappello di Scalfari rimane nel fango e nessuno ha dato due schiaffoni a Ferrara, tanto meno Scalfari. Anzi, come quasi sempre accade quando li si lascia fare, i gradassi insistono: 


Stessa domanda di prima: di chi preferireste essere figlio? Di quale ambivalenza preferireste dover rendere conto?

  

4 commenti:

  1. Col debole per principio.
    Sapendo che il forte è il mutevole Ferrara, sto ancora più col debole.

    Almeno ha un'idea che non cambia ad ogni folata di vento d'opportunismo.

    Cambiare idea e direzione è - dicono - segno d'intelligenza, ma per cambiarle ogni quarto di giro devi essere una rotonda stradale.

    RispondiElimina
  2. Figlio di Ferrara, cioè un embrione di un embrione barbuto, non riesco a immaginarmi nemmeno bevuto drogato d'oppio e abbonato a Il Foglio.

    RispondiElimina
  3. quoto Pietro, per stare al quesito del post; mi permetto tuttavia una osservazione: quante persone leggono, in Italia, il Foglio?
    eppure la Gruber, Scalfari, anche tu Malvino, solo per stare agli ultimi tre giorni, tutti a dargli quella cassa di risonanza che col cavolo avrebbe se dovesse contare solo sulle sue forze e quindi una importanza nel fare opinione del tutto sproporzionata. Perché?

    RispondiElimina