Giuliano Ferrara si ritiene diffamato da Alexander Stille, ma si guarda bene dal denunciarlo, e a mio modesto avviso fa bene, perché non ve ne sono gli estremi. Stille si è limitato a dire quello che pensa mezza Italia e che peraltro sta nei fatti: “un ex portavoce di un leader politico, che riceve tutt’ora uno stipendio della famiglia Berlusconi, [ha] un programma su una delle principali reti pubbliche del paese [e questo è] uno scandalo”. Gli estremi della diffamazione, invece, sono nella risposta che Ferrara gli dà dalla prima pagina de Il Foglio di oggi, dove si lascia andare a un fiume di insulti (“nevrotico”, “frustrato”, “ridicolo”, ecc.).
Non varrebbe la pena di dedicare alcuna attenzione a questa ennesima prova di bullismo, ma Christian Rocca ce la segnala come intenso momento autobiografico e allora, per amor del vero, occorre correggere alcune bugie che Ferrara dissemina lungo la diagonale di questa sua “straordinaria e avventurosa carriera giornalistica”, che poi è l’unico argomento che Ferrara sembra avere a disposizione per contestare le affermazioni di Stille. Come se il successo professionale fosse ragion sufficiente per poter uscir vincente da ogni controversia.
È uno dei tanti difetti di Ferrara, nemmeno il più odioso, ma lo esibisce sempre più spesso, e sempre quando è alle corde, a corto di ragioni. Forse ricordate la puntata di Tetris del 9 marzo 2008 e gli insulti che rivolse a Luca Telese, ma ricordate quale fosse il merito della questione? Ecco, la bravura di Ferrara sta solo in questo: buttare il torto in rissa e lì vantare di essere grosso, di aver fatto due soldi (non importa come), di essere notorio (non importa perché). Nella zuffa, però, viene d’istinto il farsi più grossi di quanto s’è, e il miles piglia posa di gloriosus, l’autobiografia diventa mitopoietica, Ferrara si spaccia per pensatore e un idiota che si beve il brodo dell’imbrodato – stavolta è Rocca – si trova sempre.
Ma veniamo alle bugie di stamane.
“Stille senior a un certo punto sostituì Piero Ostellino alla direzione del Corriere della Sera, il giornale per cui lavoravo su raccomandazione di Alberto Ronchey”. Bugia. Nel 1984, ad un convegno sul socialismo riformista europeo che si tiene a Bologna, Ferrara avvicina Claudio Martelli e sfoggia il suo freschissimo craxismo. “Ne parlai subito a Bettino – ha raccontato Martelli – ero entusiasta. Tanto che ne parlai anche al Corriere della Sera, riuscendo a fargli avere il suo primo contratto stabile da giornalista”. In quanto ad Ostellino: fu sollevato dalla direzione perché aveva portato il giornale a posizione troppo servile verso il Psi. Fu il tentativo di non fare del Corriere della Sera un bivacco di nani e ballerine, e fu questo che portò al licenziamento di Ferrara.
Quindi è un’altra bugia dire: “Dovevo essere cacciato via, l’ex comunista denunciato come un infame «convertito» da Claudio Magris doveva andarsene e smettere di scrivere quello che pensava”. Come se non avesse potuto scriverlo, chessò, sull’Avanti. Ma, poi, fu Magris a volere il licenziamento di Ferrara? Risulta che si fosse limitato a criticare il suo “odio per la fede abbandonata” e lo zelo dei nuovi “convertiti [che] non si limitano ad entrare nella nuova chiesa, ma ne vogliono subito diventare missionari e vescovi”. (La metafora si sarebbe inverata con la conversione a venire, quella che lo portò al cattolicismo.) Critica fondata? Chi può dirlo, fatto sta che, intervistato da Giampaolo Pansa, Ferrara si lamentava del licenziamento piagnucolando: “Io non sono anticomunista. Lo ripeto: non lo sono” (la Repubblica, 23.2.1985). Martelli lo consola e lo sistema a Reporter.
Sarà sempre così: la “straordinaria e avventurosa carriera giornalistica” di Ferrara sarà sempre appoggiata da un potente, del quale avrà sempre difficoltà ad ammettere l’aiuto. La mitopoiesi trasforma la banale realtà del raccomandato in un destino di merito. Mamma corregge le bozze a Togliatti? Eccola dirigente del Pci. Martelli lo trova utile? Eccolo ghostwriter di Craxi. Berlusconi scende in politica per risanare i suoi debiti? Eccolo a corte, a scapricciarsi in fronda. Berlusconi vacilla? Eccolo nelle mani di Dio, che non esiste, ma merita devozione. (Tutte cose che ho capito nel giugno del 2004, quando Kaos Edizioni mandò in libreria L’arcitaliano Ferrara Giuliano di Pino Nicotri, il libro che mi tolse le fettine di salame dagli occhi e che ancora oggi – oggi più di allora – è fonte indispensabile per la semeiotica di gran parte delle bugie siglate con l’elefantino. Libro affascinante.)