martedì 17 maggio 2011

Dovrebbe essere proprio così come sembra, non lo è


“Silvio ko” (Il Riformista, 17.5.2001)

“Oggi siamo al termine di un’agonia
politica” (Il Fatto Quotidiano, 17.5.2001)

“La favola è finita. Il berlusconismo come
narrazione epica e proiezione carismatica
cade sotto i colpi della nuda verità.
Non c’è più spazio per la menzogna sistematica,
la propaganda populistica, la manipolazione
mediatica” (la Repubblica, 17.5.2001)



A chi ieri notte sia andato a dormire tutto contento, stamane si sia svegliato ancora con un ottimo umore, abbia passato la giornata nella piacevole sensazione che adesso il centrodestra sia alle corde, il governo stia per cadere, Silvio Berlusconi abbia pronte le valige per Antigua – con la massima delicatezza – vorrei dire: non è così.
Anche se il centrodestra perdesse Milano e Napoli, e non è poi così certo – anche se così fosse ulteriormente evidenziata la valenza politica di quelle che in fondo erano elezioni amministrative, ma Silvio Berlusconi ha voluto trasformare in voto di fiducia al suo esecutivo, e in referendum sulla sua persona – anche se insomma tutto dovrebbe essere proprio così come sembra, non lo è.

Innanzitutto, dobbiamo considerare che Silvio Berlusconi può negare di aver mai voluto dare valenza politica a queste elezioni amministrative o  al massimo può concedere di averlo fatto per mera enfasi. Tutto lo smentirebbe, ma chi se ne fotte, hai voglia a rinfacciargli certe sue inequivocabili affermazioni di appena una settimana fa: lo hai frainteso, probabilmente hai voluto fraintenderlo, il voto del 15 e 16 maggio non era un test di governo.
Ti sembra di impazzire perché così è fatto un bozzo alla logica piana, e la realtà dei fatti ti pare stuprata, la regola dell’impegno sulla parola ti vacilla davanti sospesa nel niente, e però ti freghi: lui è Silvio Berlusconi e tiene a libro-paga il fior fior di intelligenze che ti dimostreranno quanto sei sciocchino e debole di nervi.

Ma facciamo finta – dicevamo – che il centrodestra perda Napoli e Milano. Ammettiamo che un quid porti a elezioni politiche anticipate. Con la vigente legge elettorale. E ammettiamo che il consenso raccolto da Pdl e Lega venga anche solo confermato, o perfino un po’ rimaneggiato. Numeri alla mano, il Senato va senza dubbio al centrodestra e la Camera, forse, pure.
Più forte sarebbe solo un’alleanza molto problematica. Già Fini, Casini e Rutelli si tengono insieme non si capisce bene come, e al Pd non basta il terzo polo per avere la maggioranza: come tenerli insieme a Di Pietro e/o a Vendola e/o a Grillo? Quanto durerebbe un governo Bersani? E quanto un governo Montezemolo?

Lasciamo un eventuale governo Napolitano nel suo iperuranio, perché ogni arco costituente che volesse emarginare Pdl e Lega sarebbe la cornice migliore una guerra civile, e diciamo che fino a quando la Lega non azzoppa il governo Berlusconi non si smuove niente, e non lo azzoppa neanche se Letizia Moratti perde il Comune di Milano, neanche se questo dovesse significare perdere un poco di consenso. Sennò la secessione? Per come si è ridotta, può cominciare a sentirsi costola della sinistra?
Silvio non è ko. Non è affatto al termine della sua agonia. La nuda verità dà un colpo al berlusconismo come narrazione epica e proiezione carismatica, può darsi, ma quella è roba che ha la consistenza della gomma cade, e la nuda verità vi rimbalza. Non c’è più spazio per la menzogna sistematica, la propaganda populistica, la manipolazione mediatica? Con la massima delicatezza: dovrebbe essere proprio così, non lo è.


 

Praticamente

 
 

 

lunedì 16 maggio 2011

Robin: "Sono solo proiezioni, sono solo proiezioni..."




“Sorella, lei è frigida!”


Certe stampe pornografiche di fine Settecento instillano nel libertino l’irresistibile tentazione di sedurre una suora per congiungersi a lei in amplessi acrobatici dietro la colonna di un chiostro o dentro un confessionale. Meglio se strafica, naturalmente, e il non plus ultra è la strafica novizia di clausura, ma può andar bene anche la vecchia badessa, anche un po’ cessa. Pressappoco dello stesso genere era la smania che consumava Marco Pannella, ieri sera, nel tentativo di corteggiare il generale Carlo Jean al repertorio delle sue convinzioni geopolitiche (Radio Radicale, 16.5.2011).
Non c’è niente di più triste che veder uscire dal convento il libertino che ha fatto cilecca, e bisognava vederlo, ieri sera, il poveretto. La cyberguerra? Una stronzata. Il nucleare? Conviene. Vento democratico dall’Egitto al Marocco? Scazzi tra tribù. La nonviolenza? Sì, può darsi, talvolta, un tempo, ora non più. Più tosto di una carmelitana con le stimmate, il generale. E il povero Marco Pannella a insistere, e Carlo Jean a negarsi. Per poco al libertino non scappava di bocca: “Sorella, lei è frigida!”.


 

Ci sarebbe



Ci sarebbe da piangere la morte di una dozzina di palestinesi che hanno inteso commemorare la nascita dello Stato di Israele violandone i confini al grido di “morte a Israele” e lanciando sassi ai soldati israeliani. Fate voi, a me non viene neanche una lacrima.

Pa-ta-punf


Ho letto i primi due numeri de il futurista e penso che non leggerò il terzo. Carta scadente, grafica da mal di testa, linea editoriale che parte a lingua di menelicche. Sono certo di non esagerare se dico che, a confronto con il futurista di Filippo Rossi, lo Stato di Marcello Veneziani mi diventa un settimanale brioso e stimolante (e lo Stato di Marcello Veneziani faceva cagare). Se la nuova destra è questa, ha i vizi della vecchia sinistra.

Memento ut dies festos sanctifices



Su questa idea del tenere aperti i negozi la domenica e le altre feste comandate, che a me non pare neanche tutta scema, si potrebbe consumare una insanabile rottura del feeling tra Benedetto XVI e Giuliano Ferrara, se non fosse che il secondo ha i testicoli piccoli (Corriere della Sera, 15.2.2008) e non tarderà a rimangiarsi la proposta appena qualcuno gli farà presente che è una offesa al Terzo Comandamento.


Don Seppia


Il nero in cui si avvolge per proteggersi, le tante piccole ventose sul viscido dei suoi tentacoli, una tana sicura, ricavata in una salda roccia bimillenaria. Don Seppia andava bene pure come soprannome, insomma. E invece si chiama proprio Seppia – Riccardo Seppia – il sacerdote arrestato ieri, per ripetuto abuso sessuale ai danni di un ragazzo. Beccato da totano, bisogna dire, perché intercettato nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di droga tra Genova e Milano: Don Seppia offriva cocaina a un minore in cambio di pompini, almeno questo è quanto gli viene ascritto. Il garantismo tante volte invocato per più di un prete accusato di aver stuprato decine e decine di bambini, qui, va a fottersi e il cardinal Bagnasco lo dà già per colpevole. Probabilmente dovremo aspettare Il Foglio, martedì, per un appassionato richiamo ai diritti dell’imputato e un dolente rammarico per come la Chiesa si faccia trascinare dal mainstrem forcaiolo, sempre che non siano troppo impegnati su Strauss-Kahn.
Don Seppia è solo, al momento non c’è un cane a difenderlo. Nessuno stigmatizza la violazione della privacy che è stata fatta con quelle intercettazioni telefoniche. Nessuno prende in considerazione il fatto che il ragazzo potrebbe aver detto al prete di essere maggiorenne. Nessuno mette in conto il fatto che il ragazzo potrebbe aver detto al prete di essere nipote di un boss del cartello di Medellin, e quello gli abbia creduto, e per salvarlo dalla tossicodipendenza…
Sì, lo so, faccio ipotesi del cazzo, ma è che per il povero don Seppia nessuno spende una parola, e allora ci ho pensato io. Diciamo che, se fosse stato Vasco Rossi, adesso su Facebook c’era l’ola degli innocentisti.    

 

Qualche etto di parole


“Da gennaio ad oggi, tra i detenuti ci sono stati 24 suicidi, 337 tentati suicidi, 1858 atti di autolesionismo, 38 decessi per cause naturali. Gli stessi sindacati di Polizia Penitenziaria, a cui si sono uniti quelli che rappresentano i Direttori degli Istituti Penitenziari, protestano da tempo per le condizioni in cui sono costretti a lavorare, ma il Capo del Dipartimento, nonostante non vi siano concrete prospettive di cambiamento, ignora del tutto quanto avviene e parla ancora dei principi in cui crede, come se fossero attuati o, a breve, attuabili. Queste le sue parole pronunciate il 13 maggio a Roma” (ilcarcerepossibileonlus.it, 15.5.2011).
Per fare carriera in Italia, come un siffatto Capo di Dipartimento ha indubbiamente fatto, bisogna avere un rapporto distaccato con la realtà chiamata a governare. Basta stenderci sopra qualche etto di parole e coprire il tutto con la cura dei cazzi propri.

sabato 14 maggio 2011

venerdì 13 maggio 2011

No? E allora no e no!



Pare che Daniele Capezzone fosse già da un po’ venuto a noia a Silvio Berlusconi, che ora lo licenzia e dà il suo posto a Nunzia Di Girolamo. Se non vi piacciono i romanzi di formazione vi sembrerà una notizietta da poco, però si tratta di un gran bel momento topico sul gran bel cursus honorum di una gran bella sagoma letteraria: una pagina intensa, a saperla leggere, volendo. Non volete? Ok, tralascio.
Però secondo me sbagliate a interessarvi solo di macrosistemi e megageopolitiche, ogni tanto non vi farebbe male un bel romanzetto strappalacrime, fanculo, intellettuali del cazzo.

N.B.


Ho postato qui sotto quanto pare sia andato perso nel ripristino della piattaforma, conservando le indicazioni di data e ora che ho recuperato dal feed che mi fa da archivio di riserva. Non ho potuto recuperare i commenti, mi spiace. Nel caso la manutenzione di Blogger dovesse ripristinare i post originali, quelli con i commenti, provvederò a rimuovere i doppioni qui sotto. Grazie.

“Le scuse sono una bella cosa”


Ho consultato gli archivi dei cinque maggiori quotidiani portoghesi e non ho trovato traccia del caso riportato da una pubblicazione scientifica presentata al 21° Congresso Europeo di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive, tenutosi a Milano dal 7 al 10 maggio (A Clostridium sordellii fatal toxic shock syndrome post-medical-abortion in Portugal – T. Reis et al.), che invece è messo in bella evidenza sulla prima pagina de Il Foglio di venerdì 13 maggio. Ciò che lo rende degno dell’attenzione che non gli è stata data in Portogallo è il pretesto che offre a Giuliano Ferrara, per il tramite del sottosegretario al Ministero della Salute, l’onorevole Eugenia Roccella, di tornare ad agitare lo spauracchio della pericolosità della Ru486, che ha registrato una trentina di morti in oltre venti anni di impiego su centinaia di migliaia di donne negli Stati Uniti d’America e nella gran parte dei paesi europei.
Pochi farmaci possono vantare un così basso numero di decessi come effetto iatrogeno, che in questo caso non è neanche diretto, ma dovuto all’azione patogena di quel Clostridium sordellii che gli stessi autori della pubblicazione scientifica non esitano a definire a rare cause of fatal toxic syndrome after medical abortion”: ne ammazza di più l’aspirina.
È ormai ampiamente dimostrato, inoltre, che quasi la metà dei casi delle morti in seguito all’impiego di Ru486 per tossinfezione da Clostridium sordellii siano da imputare all’errato impiego del farmaco, assunto per via vaginale invece che per via orale, che è quella consigliata. Anche in questi casi, tuttavia, non era la sola errata modalità di assunzione a causare la morte, che trovava sempre altre concause preesistenti (deficit immunitario, in primo luogo), come nei casi in cui l’assunzione era corretta (epoca gestazionale superiore alla settima settimana, diabete, ipertensione, ecc.). In generale, possiamo dire che non si conosce un solo caso di donna morta in seguito all’assunzione di Ru486 se il farmaco era impiegato nel modo corretto. C’è inoltre da rammentare che la tossinfezione da Clostridium sordellii, anche con esito letale, non è riscontrabile solo in casi di aborto farmacologico con errato impiego della Ru486, ma anche in condizioni cliniche nelle quali la Ru486 non c’entra niente, come aborti spontanei, parti naturali, tagli cesarei, ecc.
Bene, il modo in cui Il Foglio sceglie di presentare la faccenda è questo:


Ieri sera, a Qui Radio Londra, Giuliano Ferrara diceva cacchio cacchio e tomo tomo: “Le scuse sono una bella cosa. Sono una dimostrazione di forza morale. Quando è necessario scusarsi, è non solo un magnifico gesto di buona educazione, ma è anche un gesto che viene apprezzato dalla maggior parte delle persone”. E allora rimaniamo in attesa delle scuse per questo lercio sciacallaggio a fini propagandistici. Il Foglio non vi è nuovo e la buona educazione non sa neanche dove stia di casa: si annuncia una lunga attesa, quasi certamente inutile.


giovedì 12 maggio 2011

È probabile ti credano


Immobili abusivi che una sentenza definitiva ha già da tempo destinato all’abbattimento, per lo più costruiti senza alcuna licenza edilizia e in spregio delle leggi a tutela della sicurezza civile e territoriale, dovrebbero godere di un condono, di una moratoria, di un qualcosa che – non si è capito bene cosa e come – fermerebbe le ruspe. A Napoli, domani, Silvio Berlusconi prometterà questo. Lo ha annunciato oggi, promessa di promessa.
Vedremo, perché intanto la Lega ha subito mandato avanti Roberto Calderoli a borbottare che per principio la legge è legge e, soprattutto, è uguale per tutti (sottinteso: perché stracciare i decreti che ordinano l’abbattimento degli immobili abusivi dei soli terroni? Forse che un capannone abusivo in Veneto è il figlio della serva?), e che insomma se ne deve parlare prima, la Lega è contraria, si dissocia, certo non ne farà ragione di crisi della maggioranza di governo, ma cazzo! Probabilmente il Re Pazzo farà finta di non aver sentito e proporrà imperterrito il suo affarone ai proprietari di immobili abusivi in Campania, in cambio di un suo sindaco a Napoli. Tanto a Napoli non ci sono leghisti.
Se sei quello che si compra giudici e maggioranze parlamentari, quello che dà copertura morale agli evasori fiscali, quello che non si fa scrupoli nel ritagliare il tessuto istituzionale per confezionarsi un doppiopetto da mafioso ripulito – che ci sarà mai di tanto eccezionale? Poi, magari, con la faccia da pappagallo che fa da cicerone alla bella straniera, con l’Apicella che ti viene dietro con la chitarra, canterai quant’è bella Napule e ci dirai che stai studiando un piano nazionale di rilancio del turismo, dove il cemento aggrappato al Vesuvio e fin dentro gli scavi di Pompei sarà un’attrattiva paesaggistica al pari dei cumuli di monnezza e della disoccupazione giovanile, vivaio di pappagalli. Poi, magari, potrai pure far finta di non aver detto niente, lasciare che le ruspe abbattano gli immobili abusivi per solidarizzare coi proprietari, dire che non hai potuto mantenere la promessa perché i giudici e i comunisti ti hanno messo il bastone tra le ruote e sabotato la riforma. È probabile ti credano.

Rettifica


Keko dice che si deve “dubitare, dubitare, sempre dubitare”, e ha ragione. Mi tocca dunque fare pubblica ammenda per non averlo fatto nel rilanciare da queste pagine, lo scorso 21 aprile, una notizia – una bufala, in realtà – che mi era stata segnalata da un lettore (fonte indicata: corriereinformazione.it) e della quale avevo trovato conferma su primaonline.it (fonte indicata: italpress.com): Nichi Vendola, Luca Sofri e Mario Adinolfi al vertice della classifica dei 35 top opinion leader italiani che usano efficacemente i social network e in particolare Facebook sapendosi trasformare così in social influencers”. Non era vero e non ho dubitato abbastanza. Rimando al post di Keko per i dettagli della faccenda e chiedo scusa ai miei lettori, ma implorando le attenuanti generiche: il degrado del paese non rendeva verosimile quella bufala? Per converso: il paese è meno degradato di quanto pensassi?

Adesso mi è passato un po’


In campagna elettorale si può chiudere un occhio sulle bestialità che scappano ai contendenti, basta considerarli effetti collaterali della voglia di vincere. Certo, sarebbe meglio evitare urla, insulti, colpi bassi. Soprattutto sarebbe meglio evitare lo stupro della logica, dell’evidenza, della memoria. Sarebbe bello sentire dei programmi, leggerci dentro dei progetti, discutere delle idee che li hanno realizzati, cercare di capire a quale immagine di società corrispondano queste idee. Sarebbe bello, ma si sa che la democrazia non nasce dalla trascendenza del bello, e che ha il suo prezzo: ciò che parte dal basso – per legge fisica – ha tendenza a tornarvi.
Bene, voto dal 1975 e non ricordo un punto basso come quello al quale siamo con queste amministrative del 2011: questa campagna elettorale sta facendo pagare un prezzo altissimo alla democrazia, un prezzo che ritengo insostenibile. Tanta volgarità non l’avevo mai vista. Mai sentito gridare così forte per dire menzogne tanto sfacciate.
C’è di più. A differenza di sempre, stavolta è evidente la sproporzione di bestialità che scappano agli uni e gli altri contendenti: quasi tutte escono di bocca da uomini e donne del centrodestra. Almeno finora – ma mancano pur sempre altre 48 ore alla chiusura della campagna elettorale – le opposizioni sembrano aver rinunciato alla quota minima di bestialità che spetta a chi compete.
Si dice che stavolta le opposizioni stiano evitando di fare il gioco di Silvio Berlusconi, rinunciando a farsi coinvolgere in un tipo di contesa che può vincere solo lui, per l’insuperabile maestria in bassezze che riscuotono sempre successo. Pare che le opposizioni – quasi tutte – non vogliano commettere ancora l’errore di accettare la sfida e scendere nel campo dove sarebbero destinate a soccombere: quasi costrette, come per unica alternativa possibile, parlano di idee, progetti, programmi.
Vi avevano perso l’abitudine e si vede che sono impacciate, parecchio confuse, si aggrappano a stampelle retoriche, talvolta instabili. Anche se solo alla meno peggio, rigettano le provocazioni. Prevale una composta indignazione, e sembra resistenza passiva. Ma è altresì evidente che questa sia una scelta obbligata. Pare si faccia strada la rassegnazione, e non rincorre più Silvio Berlusconi col sarcasmo.
Mi è stato difficile scrivere in questi giorni. Scrivevo, rileggevo e mi autocensuravo. Non riuscivo a scrivere altro che del prezzo che questo centrodestra dovrà prima o poi risarcire alla democrazia, non riuscivo a pensare ad altro che a un’intera classe dirigente ammazzata a randellate e appesa a gocciolare sangue, ai suoi servi in fuga sparsa, braccati uno ad uno, costretti ad ingoiare tutte le bugie dette e scritte in questi giorni, ma insieme ai loro denti. Adesso mi è passato un po’ e perciò rimetto mano alla tastiera.
Solo per dire – in fin dei conti, per non dire altro – che questo Lupi che interrompe continuamente Boeri, che elude ogni domanda, che cerca la rissa pronto a ritrarsi nel vittimismo (Ottoemezzo, 11.5.2011) è un vero maleducato. Troppo sangue. Troppi denti.

mercoledì 11 maggio 2011

lunedì 9 maggio 2011

9.5.1978 - 9.5.2011




“… il coraggio di continuare a dire che Aldo Moro
insieme a tutta la Democrazia cristiana
è il responsabile maggiore
di vent’anni di cancrena italiana…”


Giorgio Gaber
Io se fossi Dio
1980 

Ad averne una



Il Circolo Culturale Triveneto «Christus Rex» ha esposto sul Canal Grande uno striscione dai toni assai poco cordiali nei confronti di Sua Santità in occasione della sua visita pastorale nel Patriarcato di Venezia (7-8 maggio 2011): “Benedetto non è ben accetto perché conferma nella falsa fede del concilio”.
Non torneremo sulle ragioni che da quasi mezzo secolo portano i tradizionalisti cattolici a contestare la sostanza stessa del Concilio Vaticano II, ma non sarà superfluo rammentare che tutti i pontefici che ne hanno ribadito le linee, pur tentando di correggere quelle che hanno denunciato come deviazioni indotte da una errata interpretazione dei testi conciliari, sono sempre stati considerati veri e propri eretici dai più agguerriti di queste frange oltranziste, che nel Triveneto hanno un discreto seguito, con legami non solo ideali coi lefebvriani della Fraternità Sacerdotale «S. Pio X» e molte documentate contiguità a gruppi neofascisti e autonomisti locali.
Ciò detto, stupisce non poco che lo striscione sia rimasto esposto “per oltre 30 minuti”, come gli autori dell’iniziativa possono così vantare (agerecontra.it, 8.5.2011). Rammentiamo che in molte altre occasioni non si è consentito neppure un cenno di contestazione nei confronti di Benedetto XVI, e ne dà buon esempio quanto è accaduto nel corso della visita che Sua Santità tenne a Palermo, lo scorso ottobre, quando le forze dell’ordine arrivarono a pretendere la rimozione di alcuni volumi dalle vetrine di una libreria, perché potenzialmente offensivi, col tempestivo sequestro di striscioni sui quali erano riportati solo dei versetti tratti dai vangeli; a Venezia, invece, gli autori dell’iniziativa possono vantarne la “perfetta riuscita”, pur crucciandosi del fatto che “l’intervento delle forze dell’ordine ha richiesto la rimozione dello striscione”, deliziosamente lamentando: “Sono gli effetti dello stato laico”.
Probabilmente non hanno alcuna memoria del fatto che ai tempi dello Stato Pontificio il dare dell’eretico a un pontefice sarebbe costata loro la testa, ad averne una.


[via Giornalettismo]

Un po’ di sano laicismo


Alcuni giorni fa, al Cairo, musulmani (salafiti) e cristiani (copti) se le sono date di santa ragione: nove morti, qualche centinaio di feriti e molti arresti, d’una fede e dell’altra. In casi come questi è praticamente impossibile stabilire chi abbia dato inizio alle violenze e non ci rimane che star lì a considerare che gli uni ne danno sempre la responsabilità agli altri, e per intera. Né conviene cercare di farsene un’idea da quanto è nelle accuse dell’una all’altra parte, perché se non si sposano le ragioni dell’una, e per intere, si corre il rischio di urtare la suscettibilità dell’altra, urtando le suscettibilità di entrambe se per caso si ricavi l’opinione che la responsabilità sia condivisa, anche se non equamente ripartita. È un fatto intrinseco ad ogni fede: chi ne ha una diversa è tollerabile fino quando non lo si avverte come troppo pericoloso, e il pericolo è avvertito già dalla diversità, sicché, quando e se possibile, la maggioranza cerca di ridurre la minoranza al silenzio. Rimane solo da considerare quanto è al di là di ogni responsabilità, degli uni e degli altri, e qui non ci resta che un rilievo empirico.
Quando sono sotto il 3-4%, i cristiani sono fatti oggetto di violenza per il solo fatto di essere cristiani e vanno al martirio senza opporre resistenza. Quando sono tollerati in quanto cristiani del tanto da poter arrivare al 7-8%, reagiscono alla violenza, non di rado ben oltre la legittima difesa. Si potrebbe concludere che la percentuale tollerabile di cristiani in un paese di tradizione islamica sia intorno al 5-6%. Che è più o meno la percentuale tollerabile di musulmani in un paese di tradizione cristiana: quando sono sotto il 5-6%, vengono pesantemente discriminati, ma non reagiscono; quando superano il 7-8%, pare inevitabile doversi aspettare attriti, perché la minoranza reagisce.
Dev’esserci anche per la fede una soglia di sbarramento che regge la possibilità di pacifica convivenza, tutt’altra cosa è trovarne la ragione, cercare di trovare regole condivisibili da una prevalente maggioranza e una esigua minoranza. Per questo, restringere la fede all’ambito privato è l’unica garanzia per ogni credente, del cristiano in un paese di tradizione musulmana e di un musulmano in un paese di tradizione cristiana: dove una fede ha diritto di occupare lo spazio pubblico nell’ovvia misura del numero dei suoi adepti, la violenza della maggioranza sulla minoranza, fisica o no, cruenta o meno, è sempre possibile. Solo uno stato laicista che faccia divieto di esibire la propria fede – e perciò dico proprio: laicista – dà piena garanzia a un qualsiasi credente, in qualsiasi paese del mondo. Non resta che augurarsi un po’ di sano laicismo per la sicurezza di ogni credente.