A me sembrano perennemente impegnati a dividersi su ogni questione, su quelle centrali e su quelle marginali, ma può darsi sia solo una mia impressione, e dunque chiedo a voi: vi risulta che nel Pd ci sia unanimità su qualcosa? Sbaglio o di regola si spaccano su tutto? Si tratta del fisiologico confronto tra opinioni, che non bisogna stupirsi di constatare così spesso antitetiche in un partito felicemente giunto alla maturità post-ideologica, o si tratta del normale scannarsi tra tizi che non hanno niente in comune, costretti a stare assieme sotto la stessa bandiera? Chissà. C’è da prendere atto, tuttavia, che «da noi – dice Pierluigi Bersani – è in corso una ricerca per trovare una comune base prepolitica, che io chiamo di “umanesimo forte”, che aiuti l’uomo ad essere più umano in politica».
Delle due, una: o si tenta di dare un’ideologia a un partito felicemente giunto alla maturità post-ideologica per sentirsene infelicemente privo o si cerca l’ennesima conciliazione tra quanto di ideologico si rivelò già inconciliabile nel tentativo di compromesso tra Dc e Pci. In questo caso, “umanesimo forte” sarebbe sinonimo gentile di quel cattocomunismo che Giordano Bruno Guerri genialmente definì come “disgrazia che non è né comunismo né cattolicesimo, ma ha molti difetti di entrambi”; sennò sarebbe l’immagine speculare della chimera degasperiana del “centro che guarda verso sinistra”, una “sinistra che guarda verso il centro” nella convinzione rodaniana, opportunamente aggiornata, che “si può entrare nel partito comunista ma essere completamente cattolico sul piano religioso e completamente comunista sul piano politico”.
Arrivo al virgolettato di Pierluigi Bersani che ho riportato sopra grazie a una segnalazione di Alessandro D’Amato: un’Asca del 18 novembre che riporta alcune frasi che il segretario del Pd ha pronunciato all’VIII Convegno Nazionale di Scienza & Vita, l’associazione che è stata il ferro di lancia di Camillo Ruini ai tempi del referendum sulla legge 40/2004. Frasi che estrapolate dal contesto tornerebbero buone per due o tre battute sarcastiche: «Io sono un appassionato del pensiero di Ratzinger... Ho apprezzato oggi la lectio magistralis del cardinal Bagnasco che non mi permetto di commentare... I valori su cui si regge una società non possono essere relativi... L’uomo non è un rampicante e non è un sasso nello spazio...».
In realtà, ascoltando tutto l’intervento del segretario del Pd, si scopre che queste frasi sono solo carinerie di contorno al tentativo di blandire la rigidissima posizione di non negoziabilità che la Chiesa di Roma ha assunto sui temi di natura bioetica, che non consente al Pd di cercare consensi al centro senza perderli a sinistra, anche se la crisi del centrodestra lo consentirebbe. Il fatto è che le carinerie sono niente rispetto a ciò che Pierluigi Bersani sembra disposto a concedere, pur mantenendo ferma, almeno in apparenza, la pregiudiziale laica. In poche parole, il Pd sembra essere disposto ad accettare in pieno la tesi ratzingeriana della necessità di una morale irrevocabile alla base del diritto. Peggio ancora, sembra disposto a riconoscerne la natura trascendente. Ridicolo e tragico insieme è che ritenga questa svendità della laicità dello Stato accettabile dai credenti e dai non credenti. L’“umanesimo” che dovrebbe essere la comune base prepolitica del Pd sembrerebbe dover essere “forte” della stessa pretesa che in ultima analisi rende ogni religione incompatibile con la democrazia.