martedì 14 luglio 2015

Fra parentesi

Non sembrerà, ma io sono assai sensibile alle critiche che mi muovono i miei lettori, e proprio oggi uno di loro mi ha rimproverato il «grave errore» di usare, per l«azione politica di una nazione», lo stesso metro di giudizio che potrebbe anche essere legittimo per l«azione di un individuo» nellaffermare che «nel momento di contrarre un debito si debba avere ben chiaro che per onorarlo si debba essere disposti anche a morire di fame». Anzi, fatemi dir meglio: il metro di giudizio che sostiene la mia affermazione sarebbe senza dubbio errato nellanalisi dell«azione politica di una nazione», ma non è detto che non lo sia pure nel caso di un individuo che contragga un debito infischiandosene della possibilità di onorarlo, e dico questo perché sul punto il lettore in questione mi è sembrato vago, limitandosi a definire il mio giudizio come operante attraverso gli «strumenti dell’etica», termine che occorre maneggiare con cautela perché assai pericoloso, e che infatti io cerco di evitare anche quando il contesto basterebbe a dargli il significato che vorrei gli fosse dato da chi mi legge, e chi mi legge da qualche tempo non dovrebbe ignorare che per me il «bene» a fondamento del discorso etico equivale a quell’«utile per il maggior numero di individui» che dovrebbe far coincidere la regola morale alla norma giuridica. In tal senso, sì, non ho fatica ad ammettere che l’«utile per il maggior numero di individui» sta nel fatto che ciascun individuo si assuma fino in fondo la responsabilità delle proprie azioni, per potersene dichiarare pienamente libero.
Ora, a me pare che la propria libertà non possa che consistere nel muoversi entro i limiti posti dalla libertà altrui, e che questi limiti debbano necessariamente essere concordati nella sede di un contratto sociale, nazionale o sovranazionale, che può anche essere violato, a patto di saperne subire le conseguenze, e senza avere alcun diritto di lamentarsene. Sarà per questo che, pur riuscendo a cogliere la differenza che corre tra un popolo e un individuo, presumo che entrambi siano tenuti ad essere responsabili delle proprie azioni? Certo, la differenza che corre tra un popolo e un individuo non mi impedisce di constatare che, per le scelte fatte da un governo, la responsabilità di un popolo che lo ha espresso sia solo indiretta, ma in fin dei conti non rimane tutta sua? Nel caso dei greci, è fuor di dubbio che il debito pubblico sia stato cumulato per le politiche di governi democraticamente eletti da un popolo che non è stato in grado di ponderarne a sufficienza le conseguenze.
Bene, il governo in carica non avrà le responsabilità di quelli che l’hanno preceduto, questo è perfino ovvio, ma il popolo greco è sempre quello, e non può pretendere che le conseguenze di scelte errate in precedenza siano emendate in virtù di un cambio di governo. Del debito che la Grecia ha cumulato può darsi non abbiano goduto in modo equo tutti greci, su questo non c’è dubbio, ma è di tutti i greci la responsabilità che questo sia accaduto, e questo mi pare che destini al solo dibattito interno l’analisi del come e del perché sia potuto accadere. Non è detto che da questa analisi possa necessariamente maturare un senso di responsabilità che riesca a farsi carico di ciò che il passato chiede all’oggi, ma può darsi aiuti finalmente a capire che dall’oggi dipende il domani.

30 commenti:

  1. Volevo dirtelo già da alcuni post: tu stai parlando dell'Italia. E quindi, mi permetto di chiederti: ammesso e non concesso che noialtri si «riesca a farsi carico di ciò che il passato chiede all'oggi», in cosa consiste (ossia: in quali azioni si traduce) il «capire che dall'oggi dipende il domani»? Detto altrimenti: in Grecia, come Italia, fesso chi ha votato?

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    1. La Grecia ce l'abbiamo anche in Italia. Come la mettiamo?

      http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/bollo-sapone-sicilia-come-grecia-bollo-auto-non-paga-nessuno-104872.htm

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    2. Bravo, infatti. Stavo per parlare dei dati oggi resi pubblici dalla Banca d'Italia: un debito pubblico che è arrivato a 2.218,2 miliardi di euro. Meritiamo il default e l'uscita dall'Eurozona.

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    3. troveremo anche noi il nostro Tsipras e lotteremo insieme a lui, come disse la Spinelli. Conosci? Vedi Luigi, il fatto è che lo Stato, come dice un mio amico, è una roccaforte e rivoluzioni, come già segnalavo in un commento stamane, non se ne possono fare. Non in tempi "normali". Il travaglio sarà lungo e la borghesia ha sempre pronto un diciotto brumaio. ce lo meritiamo? non farei di ogni erba un fascio, altrimenti ha ragione il Pinelli qui sotto. il quale ha delle ragioni nella prima parte del suo commento ma poi, come spesso succede sul tema, sbarella. e, del resto, credi davvero che con il voto si sarebbero potute cambiare le cose? no, non lo credi. e allora va cambiato il punto di vista da cui si guardano le cose.

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  2. Qualche tempo fa ho fatto una battuta a una mia amica tedesca (che appartiene a quello 0.001% della popolazione germanica dotata di senso dell'umorismo) che batteva sul tema campi di concentramento/nazi.
    E' diventata di colpo seria. Mi ha spiegato che ironizzare su 'quello' le faceva male, perchè ne sentiva addosso la responsabilità. Tra parentesi, è nata poco dopo il 1970, quindi manco i suoi genitori hanno contribuito ad eleggere Hitler e soci, e non fare nulla quando ha preso il controllo della nazione.
    Ora, magari il suo concetto di responsabilità è eccessivo. Io non mi sento responsabile per le leggi razziali e nemmeno del fatto che mio nonno invece che unirsi ai partigiani è andato sui monti sì, ma per imboscarsi meglio.
    Però cazzo, se hai eletto per vent'anni della gente che spendeva e spandeva poi non puoi fare quello sceso da Marte. Una cosa è il debito di una repubblica delle banane africana dove il dittatore sanguinario di turno ha indebitato tutti per comprarsi armi e puttane, una cosa è una nazione democratica. Se i fessi hanno dato ascolto alle cicale, devono prendersi le responsabilità del caso.

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  3. Peccato che su un blog che seguo con interesse per le sue analisi intelligenti e colte, la questione greca sia trattata con tanta superficialità, specie dai lettori. Se anche i governanti greci degli anni passati hanno le loro responsabilità, il tema oggi non è certo quello del debito, che comunque la Grecia non potrà mai pagare. Il punto è la supremazia politica che la Germania vuole imporre agli altri paesi europei, attraverso l’umiliazione e la colonizzazione di fatto della Grecia. Le misure che il Parlamento greco dovrà approvare in tre giorni (!) servono a peggiorare lo stato già agonizzante dell’economia di quel paese, con conseguente riduzione del PIL e peggioramento ulteriore del rapporto debito pubblico/PIL. Quindi, non è che l’Europa impone misure utili per risanare l’economia greca, ma proprio il contrario: intende affossarla definitivamente, e far acquisire all’industria franco-tedesca, a prezzi stracciati, i beni ancora appetibili, quali porti e flotte. Ed è un destino che toccherà prima o poi anche all’Italia. L’Europa e l’euro servono a questo, a smantellare le economie dei paesi del sud, a scardinare il welfare, a comprimere i salari, e a mandare in soffitta le costituzioni democratiche. Ovviamente, per agire in questo senso hanno bisogno di un ottimo pretesto, ed è appunto quello del debito pubblico insostenibile, della spesa pubblica fuori controllo, delle pensioni generose. E la gente purtroppo ci crede, e crede al mito della Germania efficiente e austera, dove tutti lavorano e producono, mentre gli oziosi abitanti dei paesi meridionali campano a loro spese. E’ una favoletta ben pensata, con la quale stanno riedificando il loro nuovo Reich, su basi questa volta economico-finanziarie invece che militari.

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    1. Senta, caro Pinelli, se lei si indebita al punto da dover impegnare sua sorella pur di continuare a godere di ulteriore credito, non pianga sulla sorte di sua sorella. Nessuno ha costretto la Grecia a fare debiti e nessuno l'ha costretta a sottoscrivere gli impegni assunti da tutti gli altri paesi dell'Eurozona, dalla quale peraltro può uscire quando vuole, se vuole. Sulle mire colonialistiche della Germania, poi, mi consenta, mi pare che la sua opinione sia leggermente stravolta da un pregiudizio non meno odioso, ancorché rovesciato, di quello che vuole oziosi gli abitanti dei paesi mediterranei. Anche qui, come per tutti i pregiudizi, c'è un fondo di verità, sul cui piano tuttavia mi pare sia fin troppo naturale che prevalga chi è capace di riformare il proprio sistema, per renderlo produttivo ed esente da perdite parassitarie. Non le rammento il culo che s'è fatto la Germania nell'ultimo quarto di secolo per conquistare la sua posizione predominante nell'ambito dell'Eurozona, ma evitiamo di solidarizzare con un popolo che nello stesso arco di tempo ha fatto poco o niente. Poi, sì, negli ultimi tre o quattro anni, ha sofferto, ma a causa delle scelte che ha fatto nel passato.

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    2. "Non le rammento il culo che s'è fatto la Germania nell'ultimo quarto di secolo per conquistare la sua posizione predominante nell'ambito dell'Eurozona [...]".

      !) All'epoca della c.d. riforma Hartz (riforma tedesca del mercato del lavoro, nel 2002), e successivamente, la Germania, per tre anni consecutivi (dal 2003 al 2005), violò il limite deficit/PIL del 3% per ”fiscalizzare” (fuori da una situazione congiunturale in atto, attenzione!) i costi di disoccupazione-sottoccupazione, indotte per deflazionare (ridurre) le retribuzioni, quali misure strutturali della riforma stessa.

      2) Ciò le ha consentito di conseguire negli anni a seguire un'assai maggiore competitività nelle esportazioni e, con ciò, un costante surplus commerciale.

      3) Senonché, tra i parametri Ue, sanciti da un regolamento del novembre 2011 (nell'ambito del c.d. Six-Pack), è prescritto l'obbligo di non avere per più di tre anni consecutivi un surplus delle partite correnti oltre il 6%, pena una sanzione dello 0,1% del PIL.

      3a) Bene, al marzo 2014 (ma è probabile anche ora), la Germania ha sistematicamente e continuativamente violato quell'obbligo (e del resto, è dal 2007, quindi per sette anni consecutivi, che ha prodotto un surplus ben superiore al 6%), accumulando (ipotetiche) elevate sanzioni. Non comminate.

      3b) Peraltro, l'avanzo derivante dal surplus in questione è stato reinvestito sotto forma di prestiti di centinaia di miliardi (anche e soprattutto) ai (cittadini, tramite il sistema bancario domestico, dei) paesi ora in deficit, tra cui la Grecia e, in genere, i c.d. P.I.I.G.S. Prestiti utilizzati soprattutto per acquistare beni e servizi tedeschi, molto più competitivi (per le ragioni che si sono dette) degli altri. Ma prestiti senza dubbio altamente incauti. Ed il rischio di prestiti incauti, in un'economia a capitalismo avanzato, lo sconta, com'è ovvio, il creditore. Insomma, la prossima volta costui limiti la sua ingordigia e comunque sia più oculato nell'erogazione.

      4) Ancora. I suddetti parametri UE prevedono l'obbligo di non effettuare una svalutazione reale competitiva pari a più del 5%.

      4a) La Germania, al marzo 2014, è al 9%.

      5) Il trattato di Mastricht (e poi il patto di stabilità e crescita) stabilisce l'obbligo di avere il debito pubblico al di sotto del 60% del Pil.

      5a) Quello tedesco, al marzo 2014, era all'81%.

      Evito, per non appesantire il commento, di indicare i relativi link a supporto, ma su internet le circostanze riportate sono pane quotidiano.

      Insomma, e più in generale, starei attento a predicare una metafisica delle Regole. Queste sono applicate in maniera ineguale a seconda dei rapporti di forza all'interno dell'"Unione" Europea. Altrimenti, se non si capisce questo, viva i ragionieri ed i feticisti delle norme (quando fa comodo, peraltro) ed abbasso la poltica e gli statisti (quelli veri).

      Emilio

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    3. povera germania, il culo che si è fatta. e per giunta se le fai il solletico ride.
      fondi un partito e lo chiami "forza shylock". magari la voto...

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    4. Per quanto riguarda la responsabilità collettiva, dovremmo tenere conto anche del fattore temporale, o almeno chiederci perchè nessuno propone delle misure concrete per evitare che la responsabilità di chi elegge/governa oggi non ricada troppo pesantemente su chi eleggerà/governerà domani. L'esempio della responsabilità degli italiani di oggi per ciò che hanno fatto i fascisti nel ventennio calza bene. Una cosa banale potrebbe essere porre un limite a quanto un governo si può indebitare oggi, per evitare di scaricare la responsabilità sui cittadini incolpevoli di domani. Paradossalmente, per quanto criticato dagli economisti, la regola della parità di bilancio obbligatorio che si è data l'italia, potrebbe essere un inizio.

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    5. sì, infatti, potrebbe essere un inizio. A patto che contemporaneamente si proceda all' uscita dall' euro e alla monetizzazione del debito pubblico. Solo così si può evitare questa trappola della responsabilità collettiva. I creditori ( cioè i detentori anche italiani del nostro debito ) ci perderanno, ma d'altronde nessuno li aveva obbligati a sottoscriverlo.

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    6. Beh ma a me l'euro non dispiace poi tanto, é meglio dell'inflazione a due cifre della vecchia liretta

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    7. @Emilio:
      4)Mi spieghi come fa la Germania a svalutare se ha l'euro esattamente come l'Italia e la Grecia?
      5)Chi ha un rapporto debito/Pil sotto al 60%, a parte il Lussemburgo? Per dire, l'Italia non ce l'aveva neppure quando è entrata nell'Euro, figurarsi dopo.

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    8. Devo due risposte a Shylock.

      1) La svalutazione cui mi sono riferito è quella - come precisato - "reale competitiva", che è nozione diversa da quella di svalutazione nominale, o "della moneta". In particolare, e molto semplicemente, la svalutazione reale competitiva designa il fenomeno della riduzione (progressiva) del prezzo dei beni prodotti da un dato operatore (nell'accezione, quest'ultima, più lata possibile, che quindi può anche signifcare uno stato) rispetto al prezzo degli stessi beni di altro operatore in concorrenza.

      1a) In relazione all'esperienza storica dell'UE, e segnatamente dell'Eurozona, quanto detto significa che in rapporto ai beni dei partner dell'area della moneta unica, quelli tedeschi hanno progressivamente ridotto il loro prezzo. Ovviamente vi sono evidenze statistiche inconfuitabili a sostegno di quanto affermo, le quali ormai da qualche anno sono riuscite a scalfire e penetrare anche nella crosta ideologica dei più pervicaci mercantilisti, euristi ed apologeti della Germania, di quelli, insomma, che la Germania è virtuosa, incorrotta, rispettosa delle regole e, poi, soprattutto, "ha fatto le riforme".

      2) Appunto: ulteriore dimostrazione della relatività, o, se si vuole, della aleatoria, contingente e mutevole cogenza delle regole europee (che definirei, quindi, regole a raggio d'azione variabile). .

      Emilio

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    9. Grazie delle risposte.
      1)Allora è come pensavo di aver capito: ma a parte che chiamarla 'svalutazione' come l'altra mi sembra fuorviante (certo, la terminologia non la scelgo io), cosa impedisce agli altri Paesi di fare altrettanto? Oppure la Germania sta facendo dumping (non mi pare)?
      2)Vero, ma il rapporto debito/Pil della Grecia è comunque insostenibile, mi pareva d'aver letto (e non l'aveva scritto Schaeuble).

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    10. 1) Come ho già detto nel mio primo commento, la svalutazione reale competitiva è stata operata per effetto delle politiche di deflazione della retribuzione, a loro volta conseguenze strutturali delle riforme del mercato del lavoro dei primi anni 2000 (insediato un governo socialdemocratico). In altri termini, se non puoi svalutare la moneta (perché unica o comunque ancorata ad un cambio fisso), svaluti il lavoro. (Sulla terminologia, poi, il termine “reale” mi pare marchi bene la diversità di nozione rispetto a quella di svalutazione, appunto, “nominale”; naturalmente purché nella lettura e nell’uso non si cancellino questi due aggettivi, considerando, abusivamente, solo la parola comune “svalutazione”).

      Qui aggiungo soltanto che, nonostante il ricavato dell’enorme surplus dell’export, la Germania, invece di destinarlo (in tutto o in larga parte) all’espansione della domanda interna, il che vuol dire all’aumento dei salari, ha mirato invece a suoi rigidi mantenimento e contenimento, onde continuare a “succhiare” reddito dagli altri paesi (specialmente) dell’Eurozona. Questa si chiama politica economica mercantilistica, e magari, nella decisione di perseguirla ossessivamente, giocano anche fattori ed anzi traumi storici (l'inflazione di Weimar). Sta di fatto che, se è stato possibile attuarla, lo è stato per la presenza di una moneta unica, un unico mantello che pretende (in teoria) di ricoprire efficacemente ed equilibratamente sistemi economici invece tra loro strutturalmente differenti. Ed infatti gli “altri Paesi”, ma nell’area Euro direi essenzialmente l’Italia, quale competitore maggiore della Germania nel settore manifatturiero di qualità, non hanno attuato tale politica economica, e comunque non nella misura tedesca, e dunque non hanno praticato una politica deflattiva dei salari e di repressione della domanda interna, perché diversa è la loro struttura economica, ed in particolare del mercato del lavoro. Insomma, in Italia non c’erano ancora i c.d. mini-jobs tedeschi.

      2) Che il debito pubblico greco sia “insostenibile”, può darsi, non sono un (macro) economista. Ma è certo che all’attuale livello l’hanno portato le politiche di austerità propugnate dalla Troika. Ciò è stato candidamente riconosciuto sia dal FMI nel giugno 2013, sia dal vicepresidente della BCE Vitor Constancio nel maggio 2013, il quale ammetteva come la crisi greca non sia stata causata da un problema di debito pubblico, ma di finanza privata.

      Emilio

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    11. Con i mini-jobs non si fa manifattura di qualità, infatti i metalmeccanici tedeschi sono sempre stati pagati meglio di quelli italiani. E di forme di flessibilità / compressione del costo del lavoro in Italia ce n'è ormai a bizzeffe, con meno garanzie che in Germania (dove hanno introdotto il salario minimo). Di recente, in Germania sono stati rinnovati contratti collettivi come quelli di poste e ferrovie, con aumenti salariali significativi. E la competitività, nel manifatturierio di qualità, si gioca appunto sulla qualità: non è tagliando di qualche punticino il costo del lavoro che si vendono Mercedes e BMW (o Miele, Bosch....).

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    12. Con i mini-jobs non si fa manifattura di qualità, infatti i metalmeccanici tedeschi sono sempre stati pagati meglio di quelli italiani. E di forme di flessibilità / compressione del costo del lavoro in Italia ce n'è ormai a bizzeffe, con meno garanzie che in Germania (dove hanno introdotto il salario minimo). Di recente, in Germania sono stati rinnovati contratti collettivi come quelli di poste e ferrovie, con aumenti salariali significativi. E la competitività, nel manifatturierio di qualità, si gioca appunto sulla qualità: non è tagliando di qualche punticino il costo del lavoro che si vendono Mercedes e BMW (o Miele, Bosch....).

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    13. Sottoscrivo tutti i commenti di @Emilio.

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    14. Io però non ho detto che il settore in cui prosperano i mini-jobs sia quello della manifattura di qualità. Io ho detto, diversamente, che la politica di repressione – repressione non coerente ed ingiustificata rispetto all’ingente surplus dell’export tedesco - della domanda interna tiene bassi (rispetto alla dinamica degli altri paesi che si vogliono prendere in considerazione) i prezzi dei beni all’interno della Germania, e di conseguenza i salari, tutti i salari nella loro generalità, si mantengono ad un livello notevolmente inferiore rispetto a quello che dovrebbe essere in considerazione, appunto, di tale surplus.

      Poi, al di là di eventuali recenti aumenti salariali in alcuni settori, quello che conta, in economia, non è il livello di prezzo (o di salario) ad una certa data, ma è, anzitutto, la tendenza, la dinamica in un periodo significativo. E se si esaminano i dati ufficiali della Commissione europea,si vede che dal 1995 ad oggi i salari nominali sono cresciuti in Germania 21 punti percentuali in meno rispetto alla media dell’area euro. Una differenza enorme. E non certo di “qualche punticino”. La conseguenza è che in Germania i prezzi aumentano poco o niente, in rapporto al tasso di aumento nei paesi importatori dei prodotti tedeschi. Il rapporto, la comparazione, quindi, è l’altro elemento fondamentale, ben più dei valori assoluti.

      Questa notevole riduzione relativa dei prezzi tedeschi, del resto, è coerente con il patto sociale di quella nazione, caratterizzato da una politica di forte moderazione salariale. Insomma: la Germania cresce e dovrebbe spendere; ma se spendesse, i prezzi, nel periodo considerato, aumenterebbero; ed i prodotti diverrebbero meno competitivi rispetto a quelli degli altri paesi dell’UE; ecco quindi che preferisce non spendere e continuare a vendere all’estero, soprattutto in UE. L’economia tedesca, in definitiva, è trainata prevalentemente dall’export, non anche dalla domanda interna.

      Emilio

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  4. Ma in generale si stanno confondendo i piani della morale e della finanza. Da un liberista come lei mi sarei aspettato più attenzione alla sacralità delle regole del mercato: il rischio dell'invesitmento e/o di impresa in primis.
    Altrimenti se tutti i debiti vengono automaticamente onorati da un parterre di debitori austeri e responsabili come lei non avrebbe più senso il concetto stesso di interesse sul debito.
    In verità ha ragione emilio: nella vicenda in questione finanza e morale non hanno alcun peso, è solo una questione di rapporti di forza politici ed economici. Ricordiamo anche quando per interesse politico-economico alcuni stati liberali odierni decidono di violare la piu sacra delle regole liberali, quali la proprietà privata, nazionalizzando banche, sequestrando conti di poveri cristi che hanno la sfiga di chiamarsi Gheddafi o di appartenere all'oligarchia Russa.
    Le regole non vivono nella tensione morale kantiana della quale lei si ammanta, ma sono clausole compromissorie, e come tali fotografia di un determinato momento storico impermeato da rapporti di forza: cangianti, revidibili, soggettive (vedi ancora il mancato sanzionamento della germania con i dati incontrovertibili citati da emilio)...
    Alberigo

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    1. Rilegga ciò che ho scritto e separi piani sui quali esprimo assunti di principio e quelli sui quali li ribadisco, ma in forma del paradosso. Le assicuro che non è troppo complicato.

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  5. @fetente
    l' inflazione a due cifre era il risultato del rincaro del petrolio e non è stata certamente una costante dell' economia italiana. Ma scusi, secondo lei tutti i paesi non euro hanno un' inflazione a due cifre ?

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  6. @anonimi e registrati vari
    Il problema non è il debito, ma le prospettive. Con l'esempio della nonnina, Facebook è stato in perdita, ovvero accumulava debiti e finanziamenti, per moltissimi anni. Solo da pochissimi ha cominciato a creare utile, eppure veniva abbondantemente irrorato di dollari.
    Scendo ancora più sul concreto. Apro un bar, un bugigattolo di 3x3 metri, divento improvvisamente per abilità e/o marketing uno dei locali più in vista della città e non sono nemmeno rientrato nelle spese. Se voglio ingrandirmi o aprire un'altra sede, avrò uno stuolo di finanziatori ai miei piedi. Gli stessi finanziatori che magari storcono il naso a prestare un quinto della cifra che ho chiesto io alla pizzeria 'Da Mario' aperta da vent'anni in un quartiere ora dormitorio, a cui servono soldi per pagare i dipendenti.
    La domanda insomma non deve essere 'quanto è il tuo debito?', ma 'per cosa userai i soldi che ti dò?'. Mi spiace dirlo, perchè odio i crucchi con tutta l'essenza del mio essere, ma sanno far fruttare i soldi che ricevono.

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  7. "ma il popolo greco è sempre quello": cosa significano queste 28 lettere? la seguo da tempo e spesso condivido le sue idee, per cui la prego di chiarirmene il significato, se vuole naturalmente. ha idea del perchè i greci, non lo stato greco!, (prego si informi) si sono imbottiti di crediti, guardacaso forniti, tramite le banche greche , da banche francesi tedesche italiane? era prima del 2007 e allora il grano circolava, come negli usa, e infatti vendevano negli usa case a cani e porci, e poi, appunto a fine 2007, é saltato tutto negli usa e quindi in europa. sino a quel momento in europa si aveva lavoro e quindi ci si poteva indebitare per comprare frigorifero televisione auto casa etc. etc.. son sicuro che era anche dalle sue parti cosí. se nella città in cui lei vive, lei non può più pagare le rate del credito, la banca perde i soldi. perchè non avrebbero dovuto perdere i soldi le banche tedesche francesi italiane che hanno prestati i soldi ad mentulam canis al popolo greco? mi spieghi prego il significato delle sue 28 lettere e risponda, se vuole, alla mia domanda.
    franco valdes piccolo proletario di provincia

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    1. Il popolo greco che responsabilmente dovrebbe fare i conti con l'aver scelto in passato dei governi improvvidi è lo stesso che irresponsabilmente li ha scelti.

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  8. "nel momento di contrarre un debito si debba avere ben chiaro che per onorarlo si debba essere disposti anche a morire di fame"
    Io sono d'accordo e penso che questo debba valere anche per un popolo. Però nella situazione attuale vedo un qualcosa che potrebbe portare il suddetto individuo/popolo a stracciare le cambiali.
    Nel 53 e poi nel 90 questo individuo popolo ha accettato prima di dmiezzare poi di condonare all'altro individuo/popolo i suoi debiti di guerra. Sottolineo di guerra, quindi non soldi ottenuti stipulando un contratto fra individui maturi e consenzienti. In questo caso il debito derivava dal fatto che uno dei due ha fatto irruzione in casa dell'altro, ha ucciso il cane, stuprato la colf e dato fuoco ai mobili.
    Ebbene il popolo che adesso è insolvente, da sciocco a me pare, in nome dell'amicizia con l'altro individuo/popolo, della fratellanza e del reciproco aiuto ha accettato di azzerare i debiti del popolo che adesso è creditore e che non dimostra la benchè minima comprensione e disposizione a rendere il favore a suo tempo ricevuto.

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    1. Con un criminale del genere non ci si fa comunità assieme, se non DOPO che ha pagato i suoi crimini.

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    2. Lei ha pienamente ragione su questo e penso sia stato un errore storico da parte degli stati che allora condonarono il debito. Sta anche scritto sopra.
      Ma vogliamo dare ragione al criminale che si è assunto il rischio di prestare soldi a gentaglia inaffidabile come greci, spagnoli, italiani etc?
      O vogliamo essere così maliziosi da pensare che i prestiti alla fin fine tornavano utili anche a chi li ha fatti? Con il contante erogato alle banche greche che a loro volta erogavano prestiti alla leggera quando sembrava che le cose andassero bene, quante BMV, Audi, Mercedes e WV sono state acquistate?
      Se la Grecia (e l'Italia) fosse stata fuori dall'euro quante in meno ne avrebbero vendute?

      Mi spiace ma alla fine il suo ragionamento sull'obbligo personale a ripagare i debiti nella specifica situazione non regge. Perché i rapporti di forza erano squilibrati dall'inizio e non paragonabili a Tizio che presta a Caio ma a Tizio che chiede il pizzo a Caio facendogli credere che la rivendita di yogurt (come lei dice hanno solo quello) può farlo diventare ricco come il concessionario della Mercedes.

      Verso lo strozzino e quello che chiede il pizzo gli obblighi morali non esistono.

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    3. La rivendita di yogurt può farti diventare ricco come il concessionario della Mercedes. Se la bontà del venduto fosse l'unico fattore determinante nella creazione di valore economico, saremmo una società di robot.
      In realtà è l'ultimo dei fattori in questione. Vogliamo parlare dei libri di Moccia o dei concerti di Ligabue?

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