a Giovanni Fontana
Lasciamo perdere chi l’abbia
scritto e rimaniamo al testo. Il nostro scrive: “La prima serata di Sanremo ha
fatto i record di ascolti, e mi permetto di dire che me l’ero immaginato”. Volendo,
potreste già buttarvi a indovinare: c’è quella virgola superflua che è una
mania del nostro, ma soprattutto c’è tutta la sua spocchia. La prima serata di
Sanremo ha sempre fatto record di ascolti, anche quando l’edizione si rivelava particolarmente
infelice e lo share crollava nelle serate successive. Ci voleva questo grande
intuito per immaginare che anche quest’anno sarebbe stato così? Non proprio,
vero? E tuttavia il nostro ci tiene a mettersi in posa da uomo di gran fiuto.
Lascio a voi il giudizio su quel “mi permetto di dire”. A me suona fastidioso
come un patetico tentativo di falsa modestia. Trattandosi di una previsione
scontata, direi che il patetico stinge nel ridicolo. Ma può darsi che io
esageri e che la formula sia solo un tic. Tuttavia, dite, i tic sono
psicologicamente neutri? Io non penso. Ma andiamo avanti.
“Ieri sera, vedendone pochi
sprazzi e leggendo i feedback su Twitter, capivo sì che era uno spettacolo
straordinariamente deprimente e imbarazzante, ma capivo anche che lo stavano
guardando quasi tutti. E mi veniva da pensare, dei miei amici quelli con
l’alibi «Sanremo fa così schifo che va visto», e che ora twittavano che non ci
potevano credere, a quanto faceva schifo; mi veniva da pensare: ma non guardiamo
la tv praticamente mai, l’abbiamo abbandonata con soddisfazione a un pubblico
poco esigente o senza possibilità di scelta, o disabituato a qualunque qualità,
e poi quando la accendiamo ci meravigliamo che quel che troviamo sia di totale
mediocrità? Che vi aspettavate, Sorkin? Nanni Moretti?”.
Lo stavano guardando quasi
tutti. Lui no, seguiva a sprazzi. Anche qui una virgola superfla – tra “mi
veniva da pensare” e “dei miei amici” – e altra spocchia. Ma c’è molto altro
ancora. Direi che ci troviamo dinanzi a un bozzetto. C’è la plebe, il “pubblico
poco esigente o senza possibilità di scelta, o disabituato a qualunque qualità”.
Poi c’è l’eletta schiera dei suoi amici – sarebbe meglio dire degli affiliati al clan – che “non guard[ano] la tv praticamente
mai”. Non “mai”: “praticamente mai”. Nella “totale mediocrità” dev’esserci
qualche eccezione, chessò, Le invasioni barbariche o i siparietti di Bordone nel salottino della Cucciari?
Sì, probabilmente quella è roba che si salva, tutto il resto è cacca.
Bene, nel
bel mezzo di questa eletta schiera di amici che guarda il Festival di Sanremo
perché “fa così schifo che va visto” – si direbbe che si infliggano questa
tortura per una sorta di missione sociologica, ma ci viene suggerito che questo
sia solo un “alibi”, sarà che sono stupidi o masochisti o chissà cosa – ecco
che svetta lui. Sanremo fa schifo anche a lui, ma la sua missione sociologica è
di taglio superiore: non guarda il Festival, lo segue a sprazzi e intanto
studia i feedback. Siamo dinanzi all’eccellenza della critica, via. Si trattasse
di un film di merda, il nostro andrebbe al cinema lo stesso, si siederebbe con
le spalle allo schermo e prenderebbe appunti sulle reazioni del pubblico. Non
già del pubblico minuto, peraltro, al quale quella merda probabilmente piace pure: il
nostro studia le reazioni di chi presentiva che il film fosse di merda e al
cinema è andato lo stesso, proprio come ci è andato il nostro, ma sedendosi nel verso
giusto, che poi è quello sbagliato. Qui sta lo scarto di superiorità che si
rivela nel nostro.
Non fosse evidente, c’è la prova: “Che vi aspettavate,
Sorkin? Nanni Moretti?”. Si potrebbe obiettare che sia del tutto fuori luogo
contrapporre a un festival di canzonette la sceneggiatura di un lungometraggio
o di un serial, ma è evidente che quei due nomi non caschino a caso: stanno lì a
certificare che il nostro ha un sincero orripilamento per il genere
nazionalpopolare. Si tratta della caratteristica reazione dell’adolescente che
per prendere le distanze da ciò che detesta ha bisogno di fare almeno un cenno
ai modelli che ama e che dunque non si limiterà mai a dire “Albano mi fa
schifo”, ma aggiungerà sempre “a me piacciono i Baustelle”.
A parte, si porrebbe una
questioncella abbastanza curiosa: il Festival di Sanremo fa schifo e Il Post ci
manda un inviato? “Chi ci aiuta a trovare una stanza a Sanremo per il festival
vince una settimana di retweet da parte del Post” (17:17 - 7 Feb 12): una settimana
di retweet da parte del Post, mica cazzi, di più si poteva offrire solo un slip
della signora Bignardi con dedica autografa. Tanto interesse per uno schifo ampiamente previsto?
Bah.
Bene, adesso è il momento
di dare uno sguardo alle conclusioni piovute sul taccuino del nostro al termine
di questo suo studio, tutto di sponda. Qui le cose si complicano, ma solo in
apparenza: “Questo è il disastro dei contenuti editoriali italiani,
dall’informazione all’«intrattenimento»: tutti si sono dedicati per anni a
battaglie politiche sull’«indipendenza», sulla «libertà», sul «pluralismo»,
come se ci fossero i cattivi da una parte e i buoni sconfitti dall’altro.
Protestavamo contro l’eliminazione di Santoro e accettavamo le trasmissioni
pomeridiane, Miss Italia e la povertà di Porta a porta. Protestavamo contro gli
editoriali di Minzolini ma ci limitavamo a sorridere dei servizi sui cagnolini
o i banchetti di natale al telegiornale. E intanto infatti il disastro vero era
lo scadimento della qualità delle cose da ogni parte, compresa quella dei «buoni»,
il fine che giustificava i mezzi, l’informazione fatta male da ogni parte e
l’intrattenimento idem, con poche eccezioni. Là fuori è pieno di combattivi
difensori della democrazia e della libertà che fanno le cose male, con metodi e
risultati pessimi e diseducazione di tutti. Con la straordinaria sanzione di
ieri sera: quando i temi presunti della difesa della libertà, dell’indipendenza
e della democrazia popolare sono diventati oggetto del peggiore prodotto di
intrattenimento televisivo mai visto: scopa. Nel senso del gioco di carte. E
noi tutti lì a guardare e dire che schifo”.
Non si capisce molto, vero?
Però lascia un retrogusto di risentimento, no? Tutto diventa chiaro, però, se facciamo cadere il velo e diamo un nome all’autore
del testo che abbiamo fin qui letto: sapendo che si tratta di Luca Sofri, la
traduzione va in automatico. Siamo dinanzi a un atto d’accusa rivolto ai
dinosauri del Pd: avevano un gran guru della comunicazione a disposizione e non
gli hanno mai dato lo spazio che meritava. Voleva la direzione de l’Unità, voleva un programma su Raitre, qualche consulenza di quelle grasse e invece lo hanno trattato come un Adinolfi qualsiasi. Ditemi voi se non è normale che gli escano le virgole di troppo.