questo governo è alla frutta, hai letto il foglio?
pure ferrara spara su berlusconi…
se trovo tempo, ti rispondo con un post
Sì, ho letto: “impotente, rassegnato, ingloriosamente pronto a mollare tutto… si comporta spesso in modo buffo…”; e poi gli dà del “mattocchio”, dell’“inetto”, e scrive che “si comporta da sciagurato, da inabile…”. Sì, ma lasciatelo dire: non vuol dire niente. Tanto meno la cosa è un indicatore, come tu ritieni. È che anche tu ti fai suggestionare dal rumore delle parole di Ferrara: se i suoi protettori non muoiono o non fuggono all’estero, rimane sotto la loro ascella ed è questo, solo questo, ciò che dà misura di quanto l’ascella sia sicura, non il fatto che lì sotto Ferrara si lamenti.
Certo, gli dà del “gigantesco e barocco Ubu Roi”, scrive che “incorre in strafalcioni giganteschi” e si vede che soffre per la “ritirata non strategica” sulla legge-bavaglio, perché ancora una volta i suoi consigli sono stati buttati nel cesso… E però sta’ tranquillo: Ferrara non molla Berlusconi: al momento – e lo scrive – è ancora convinto che “gli sbagli lo attravers[i]no senza conseguenze” e che, “dopo un’estate così così”, è il caso che “la parabola torn[erà] ascendente”, che “questo paese a occhio e croce non gli volterà le spalle”, e che “non dovrebbe correre […] rischi [di un] Piazzale Loreto e altre carognaggini”. E dunque perché mollarlo?
Barrire, certo, ma giusto per sfogarsi un po’: gli aveva suggerito di ripescare la legge Mastella per inchiodare le opposizioni e, chissà, forse poteva pure funzionare, ma ancora una volta il Principe ha schifato Machiavelli e ha fatto di testa sua. Comprensibile l’amarezza e una puntina di risentimento, si possono capire le frecciatine a Ghedini e i patetici tentativi di fare ingelosire il Principe flirtando con Fini, ma fino a quando Berlusconi sarà in sella, o con una possibilità di tornarci se fosse disarcionato, Ferrara starà con lui.
Il fatto che si rivolga a lui come nessun Bondi o Cicchitto o Capezzone oserebbe mai non significa nulla: quelli no, ma Ferrara ha bisogno di dimostrare a se stesso, prima che agli altri, che il suo servilismo è un atto di libertà e che il raggio della sua catena gli consente un’ampia circonferenza attorno alla cuccia. Questo lo trattiene dalla conversione, per esempio: da devoto, ma ateo, può baciare la mano a Benedetto XVI continuando a sentirsi un vero ometto, che poi è l’aspirazione di ogni adolescente invecchiato male.
E tuttavia capisco se quel pezzo in prima pagina t’ha impressionato. In fondo serviva a quello: a impressionare. Anch’io, in altra occasione, ci sono cascato. Non so se già la sai, ma te la racconto lo stesso.
Ho votato Berlusconi nel 1994 e nel 2001 – come vedi, sono un cascatore nato – ma già sul finire del 2003 avevo capito che la “rivoluzione liberale” era una presa per il culo. Ho cominciato a mugugnare tra me e me, poi il mugugno m’è uscito. Fu in occasione dell’affossamento della grazia ad Adriano Sofri, che Berlusconi aveva promesso a Ferrara nel novembre del 2002, per rimangiarsela un anno e mezzo dopo. Che barriti!
A quei tempi scribacchiavo qualche letterina a Il Foglio, sicché colsi l’occasione per dire:
La risposta – tutto sommato ancora cortese – mi gelò assai più di quella data a un’altra lettera su quello stesso numero del giornale, che ingenuamente pensai fosse motivata solo da orgoglio.
Proprio per niente: la risposta a quel tal Nicola Milano faceva combinato disposto con l’editoriale del giorno prima. Avevo frainteso: quello che Ferrara aveva scritto il giorno prima su Berlusconi, su An e su Lega era solo uno sfogo del momento. La mia disillusione da liberale tradito non era quella di chi liberale non era mai stato, né lo sarebbe stato mai. Di lì a poco l’avrebbe scritto chiaro e tondo: aveva tentato, ma in fondo rimaneva comunista, più in generale convinto che l’unica democrazia possibile è un’oligarchia sapientemente mimetizzata.
Presi a disprezzarlo, come accade quando non si è capaci di ammettere di aver ammirato per fraintendimento. Felicemente ripagato, prima e dopo. Fine della storia.
Puoi fidarti quando dico che Ferrara recita dinanzi a se stesso, anche stavolta. Che poi il governo sia o no alla frutta, quella è un’altra faccenda, ma su quella Il Foglio – anche come indicatore – ormai conta poco o niente: ormai è più un’impercettibile contrazione del labbro superiore di Quagliariello o un aggettivo che esce involontariamente di bocca a Bonaiuti a fare da termometro al febbrone.