È il 1954, siamo sulle pagine de Il Mondo (IV/256), quella riprodotta qui sopra è la prima parte di un pezzullo del Taccuino del 12 gennaio. Scorrendo il testo potreste sospettare che quel titolo sia un refuso: avete notizia che da qualche mese è nata l’Aied, associazione che fra i suoi scopi ha quello di diffondere il concetto ed il costume della procreazione libera e responsabile, in patente violazione dell’art. 553 dell’allora vigente Codice Rocco (“per la difesa e l’integrità della razza e l’espansione della stirpe”), come un deputato monarchico ha segnalato al Viminale... Sì, vabbe’, ma il Papa che c’entra?
E invece c’entra, perché “prendere provvedimenti contro l’Aied implicherebbe infatti [qui chiude la colonna, in capo a quella a fianco segue:] necessariamente prendere provvedimenti anche nei confronti del Santo Padre, che si è più volte pronunciato a favore di un «ragionevole» regolamento delle nascite”. Poco importava che per «ragionevole» fosse da intendersi «mediante astinenza sessuale»: il Papa aveva violato il Codice Rocco, ed eccolo imputato nel titolo.
Un paradosso per amor di paradosso? Per Mario Pannunzio sarebbe stato un delitto, leggetene la biografia di Massimo Teodori (Mondadori, 2010) e vi farete un’idea del perché. L’idea che mi son fatto io è che considerasse la polemica una cosa maledettamente seria, da non consentire sprechi di figure retoriche.
Sai quanto puoi fregarcene di una imputazione mossa al Papa? Zero, tutt’al più è un paradosso per amor di paradosso, come la fucilazione del Papa ne La via lattea di Buñuel: se non serve a niente, il paradosso è un balocco. Chi può volere Il Papa imputato, nel 1954? Giusto quel pasticcione d’uno Spadazzi. No, il problema è un altro: è l’abrogazione dell’art. 553 del Codice Rocco che, guarda caso, la Santa Sede non vorrebbe fosse abrogato.
L’Osservatore Romano ha scritto che tanto è da considerare “caduto in disuso, onde nessuno può temerne l’applicazione a proprio danno”, ma che “conviene non mutare la legislazione per non dare l’avvio ad altre riforme che sarebbero state forse pericolose”. E qui quel pasticcione d’uno Spadazzi torna utile per dimostrare che l’art. 553 non è affatto caduto in disuso e non è solo l’Aied a doverne temere danno, fino a quando non sarà abrogato. “E allora si abroghi l’articolo – conclude Pannunzio – nell’interesse di un Papa minacciato dalle iniziative di monarchici più papisti di lui”.