L’idea di tenere un Comitato nazionale di Radicali italiani a L’Aquila non s’è rivelata felice, almeno a voler tener conto della partecipazione: presenti solo una metà dei membri del Comitato nazionale, che poi sarebbe l’organo che esprime la rappresentanza degli iscritti (sempre di meno negli ultimi anni) e statutariamente sarebbe responsabile della linea politica; solo poco più della metà dei membri della Direzione nazionale del partito, facente parte di diritto; assenti tutti i rappresentanti delle “associazioni metropolitane” (Milano, Torino, Bologna, Firenze, ecc.); assenti alcuni “radicali storici” di spicco (Spadaccia, Bandinelli, Vecellio, ecc.); di Mellano, presidente del partito, non si ha notizia (peraltro già da qualche tempo), è dato come latitante per trauma (non è chiaro che tipo di trauma); assenti anche molti degli invitati fissi e per l’occasione; scarsissimi gli osservatori esterni; stampa, neanche a parlarne. Tutto questo dà a Pannella un’amarezza tremenda. Da intendere alla lettera: amarezza da far tremare.
Tremiamo perché la resistenza al regime della cupola mafiosa partitocratica sta tutta in mano ai radicali e i capi della resistenza si fanno scoraggiare dall’afa e dalla polvere de L’Aquila: tremiamo per le sorti del paese. Ma tremiamo pure per quelle un pochino più circoscritte di Bandinelli, che Pannella sembra voler pigliare a capro espiatorio da sacrificare sull’altare della sua amarezza: Bandinelli non è andato a L’Aquila. E mo so’ cazzi sua.
Essere giunto a sintonizzarmi su Radio Radicale solo dopo il momento dell'apice di una specie di 'ondina lunga' che sembrava potesse salvare dal declino (2006), e partecipare adesso della lenta morte post-elettorale e del fallimento dell'ennesimo progetto radicale, è davvero un punto d'osservazione peculiare. Mi sento quasi un privilegiato.
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