Un lettore, Paolo Möseneder, mi segnala “un inciso che rivela un mormorio assordante” in un articoletto di Vittorio Messori sulle affettuose attenzioni di George Gaenswein a Joseph Ratzinger: “di limpido sentimento filiale” (Santità, attento al “saturno” – Sette, 8.7.2010). Bene, il Möseneder coglie con grande acume e rara sensibilità il fine ultimo di un articoletto come quello (vado fiero di lettori così): un invito alla cautela, a non esporsi troppo, a non far precipitare certe sospese allusioni (non adesso, per carità di Dio!) e a evitare che qualcuno metta in cima alla “sporcizia”, che è ormai una torta multipiano, la calunniosa ciliegina di una tenera frociaggine tra i due. Timori che evidentemente circolano, almeno negli ambienti in cui Messori si muove come in famiglia, disinvolto con nuora come con suocera.
Sia chiaro che il Möseneder – e io con lui – dà per scontato che tra George e Joseph non ci sia nulla men che lecito a norma di Catechismo, ma fa presente che si potrebbe sospettare. Neanche chi manda Messori col messaggino ha questo sospetto, mancherebbe, e però teme che esso possa farsi strada nella malata mente di chi abbia una troppo riduttiva idea di segretario personale. Non c’è monarca assoluto senza pettinabambole personale, ogni gran sarto ti fa sempre una carezza sotto il cavallo, mica è frociaggine. Sì, ma queste merde di laicisti che possono capire delle finezze della monarchia assoluta?
Traduzione del messaggino: Santità, non ci si metta pure Lei.
Ma va'?
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