lunedì 5 luglio 2010

L’Osservatore Romano pensa di poterci prendere per il culo


Il 20 luglio 1933, con le firme di Franz von Papen e di Eugenio Pacelli, il Terzo Reich e la Santa Sede arrivano al Concordato che assicura ai cattolici residenti in Germania il trattamento riservato ai cittadini di origine e di lingua tedesche anche se appartenenti a minoranze etniche non tedesche (art. 29). Da lì in poi, almeno sulla carta, un ebreo convertito al cattolicesimo dovrebbe essere trattato da cattolico, senza tener conto del fatto che appartiene ad una minoranza etnica della quale il Terzo Reich sta per programmare lo sterminio.
E tuttavia quel Concordato non basterà. Quando, sul finire del 1938, la Kristallnacht dimostrerà che Adolf Hitler si sta preparando a trattare tutti gli ebrei da ebrei, anche se convertiti al cattolicesimo, la Santa Sede corre ai ripari e con una lettera inviata dalla Segreteria di Stato a 61 arcivescovi di tutto il mondo chiede che vengano preparati dei visti per quei cattolici tedeschi “non ariani” che si ha intenzione di far partire dalla Germania per sottrarli alla furia nazista. Sul fatto che la premura fosse in favore dei soli ebrei convertiti fa prova il numero dei visti richiesti, assai inferiore al numero degli ebrei residenti in Germania a quei tempi.

Bene, dall’Archivio Segreto Vaticano (575, 606 bis/1938-1939) salta fuori la minuta di questa lettera (77/39, 9.1.1939) e L’Osservatore Romano cerca di spacciarcela come la dimostrazione che anche prima di diventare Pio XII, quando ancora era Segretario di Stato di Pio XI, il Pacelli andava salvando vite di ebrei, a migliaia, ma senza chiarire che si trattava di ebrei di un particolare tipo: quelli convertiti al cattolicesimo. In pratica, il Pacelli si dava da fare per salvare la vita a dei cattolici “ex non ariano genere provenientes” e L’Osservatore Romano pensa di poterci prendere per il culo spacciandoci la cosa come prova dell’interessamento della Santa Sede per la sorte di tutti gli ebrei tedeschi.
Pensa di poterlo fare estrapolando dal testo una frase nella quale il Pacelli chiede agli arcivescovi che nelle nuove sedi di destinazione ai fuoriusciti siano assicurate “omnia quae ad religionis cultum, instituta et mores pertinent”. Sarebbe come si vuol far credere, se non fosse che quanto sollecita il Pacelli dovrebbe essere assicurato – come sta chiaramente scritto all’inizio della frase di cui si cita solo ciò che fa comodo citare – da appositi “comitati per l’assistenza ai cattolici non ariani”. E dunque “cultum, instituta et mores” sono da intendersi come relativi alla religione cattolica o a quella ebraica?

1 commento:

  1. Solita, ottima confutazione delle minchiate dell'Osservatore.

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