Quando in prima stesura (1992) nel Catechismo fu scritto che “la Chiesa permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi” (2301), la pratica in Italia era diffusa nella misura dell’1,4%, con 7.471 cremazioni su circa 533.000 decessi. Il permesso non fu ritirato nella stesura definitiva del 1997, anno in cui si ebbero 20.681 cremazioni su 564.000, con un incremento percentuale al 3,7%. Dieci anni dopo, nel 2007, la percentuale era salita a circa il 10%, con 56.000 cremazioni su 562.000 decessi. Dev’esserci stato un ulteriore sensibile incremento della pratica, perché la Chiesa comincia a manifestare serie perplessità sulla cremazione, almeno stando a quanto si legge in un comunicato ufficiale dell’Ordinario militare per l’Italia, monsignor Vincenzo Pelvi.
Si lamenta che “la cultura del cimitero e della tomba attraversa mutamenti e ricerca di nuove forme che, a volte, sembrano distanti da un rapporto con i defunti cristianamente motivato” e che parrebbero voler tendere a “mimetizzare la morte, perché il suo pensiero non turbi”, favorendo “un approccio evasivo dell’esistenza”, con quanto di deleterio può tradursi a danno dell’anima.
Certo, al momento rimane stabilito che “la Chiesa non riprova” la cremazione del cadavere “se non quando è voluta in disprezzo della fede, cioè quando si intende con questo gesto postulare il nulla a cui verrebbe ricondotto l’essere umano”, ma Sua Eccellenza – qui sta la novità – aggiunge qualcosa che non c’è nel Catechismo, se non a volerla immaginare come sottintesa: “pur preferendo la sepoltura tradizionale”. Attinge – guarda un po’ – al Codice di Diritto Canonico (1983), già richiamato sul punto da un documento della Commissione per la Liturgia, che nel 2007 – l’anno che segnò un sensibile aumento del numero delle cremazioni in Italia – raccomandava “vivamente” l’inumazione del cadavere. Sembrerebbe che il magistero morale, almeno dal 2007 in poi, abbia bisogno della sorveglianza giuridica.
Tutto questo, ovviamente, avrebbe potuto esporre il fianco a critiche di vario genere – prima fra tutte, quella di confondere le idee al gregge, consentendo, ma sconsigliando – sicché fu necessario trovare un mezzuccio: la cremazione era ammessa, ma non dispersione delle ceneri. Il fatto è che, a cremazione avvenuta, i parenti del defunto possono disporre delle ceneri come meglio credono, quando la dispersione delle stesse non è già delle volontà del morto. E allora ecco Sua Eccellenza con una perla di saggezza tipicamente cattolica: “A nessuno sfugge che lo spargimento delle ceneri nelle acque di mari, fiumi e laghi o sepolture anonime rendono più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo”. Se disperdete le ceneri di vostro padre, correte il rischio di dimenticarlo, no?
Giorni fa, un lettore (Ale) mi ha lasciato off topic fra i commenti una domanda che mi sono sentito rivolgere spesso: “Luigi, in tutta franchezza, ma perché ti interessi tanto di un relitto nevrotico quale la Chiesa vaticana? C’è un motivo prepolitico, psicoanalitico? Mi interesserebbe saperlo”. Aspettavo qualcosa come il documento di Sua Eccellenza per potergli rispondere, perché per spiegarsi non c’è niente di meglio che un esempio. Ma per la risposta c’è tempo.
Comincerei col dire che il Codice di Diritto Canonico del 1917 vietava tout court la cremazione: in essa si ravvisava un inequivocabile intento di negazione dell’immortalità dell’anima e della resurrezione della carne. Un decreto del Sant’Uffizio del 1926 la definisce “pratica empia, scandalosa e gravemente illecita”. Bisognerà aspettare il 1963 e una apposita Bolla pontificia perché la cremazione sia consentita giacché “non impedisce all’onnipotenza divina di ricostruire [sic!] il corpo”. Sì, ma nel 1963 la percentuale delle cremazioni in Italia si aggira intorno allo 0,04%: la cosa è tollerabile, non fa scandalo e soprattutto non mette in pericolo il flusso di denaro che da secoli e secoli arriva nelle tasche dei preti per la cura liturgica di un inumato.
Incenerito, il defunto rende pochissimo alla Chiesa, mentre inumato necessita di attenzioni che si possono (e in larga misura si debbono) delegare al clero. Una volta disperse le ceneri, l’estinto riposa nei cuori dei suoi cari: a non voler essere considerati degli insensibili, una tomba richiede mille attenzioni, molte delle quali a pagamento, non poche delle quali a beneficio del clero e del suo indotto.
C’è qualcosa di così tremendamente schifoso nella Chiesa, caro Ale, che merita riflessione, studio, diagnosi. Non si può liquidare il cattolicesimo con un’alzata di spalle o un cenno di disgusto: non si tratta di un “relitto nevrotico”, come dici tu, ma di un sistema paranoico, di una immensa costruzione fatta di sopraffazione, violenza, mistificazione, ipocrisia, ricatto, minaccia, stupro.
Ci vorranno almeno altri due secoli, salvo colpi di coda, per vedere putrefatto questo mostro. Mi scoccia starmene con le mani in mano a guardare.