Dalla pagina di Mario Adinolfi su Facebook:
Sabato sera Blob ha rimandato in onda la scena, tratta da Agorà su Raitre, in cui il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, si augura platealmente che io venga picchiato. Tre ore dopo è stato accontentato.
Alessandro Sallusti non si è augurato che Mario Adinolfi fosse picchiato. Si è limitato a dire: “Il bamboccione Adinolfi dice: «Ma che c’è [di grave] a picchiare un finanziere?». Io vorrei che qualcuno picchiasse lui come hanno picchiato il finanziere e poi ci viene a raccontare se è bello oppure no”. Si tratta di un espediente retorico: mettiti nei panni di chi ha subito l’aggressione prima di minimizzare la gravità del fatto. Di plateale c’è solo la reazione di Adinolfi, che ben prima di far chiudere la frase a Sallusti va in escandescenze – difficile capire se in buona o cattiva fede – come se fosse stato fatto oggetto di una minaccia. Il tentativo di stabilire un nesso causale tra la puntata di Agorà, che è del 21 dicembre, e l’aggressione subita da Adinolfi, che è dell’8 gennaio, è strumentale e pretestuoso. Ancor più lo è il collegamento tra l’aggressione subita e la replica data da Blob tre ore prima, soprattutto se con una frase come “[Sallusti] è stato [prontamente] accontentato”, che mira a rafforzare l’indimostrato nesso causale con la suggestione di una significativa articolazione temporale degli eventi.
Alle 23.30 mi trovavo ad attraversare la strada all’intersezione tra via dei Colli Portuensi, circonvallazione Gianicolense e via Gasparri (sic).
Almeno in apparenza, l’ammicco su “Gasparri” è inerte, perfino un po’ scemo, d’altronde un po’ più avanti sarà detto: “Non credo sia stata un’aggressione «politica»”. Però, seppure in modo ironico, il “sic” insinua una fatale coincidenza in forma di presagio: “nomen omen”, il centrodestra è dentro.
Quattro motorini, particolarmente euforici perché il sabato sera bisogna esserlo, decidevano di giocare alla caccia al pedone. Li ho mandati sonoramente a quel paese, sembrava la solita idiozia che si vive sulle strade romane, invece gli otto occupanti dei mezzi decidono di venire a sbarrarmi il passo mentre camminavo sulla piazzola di circonvallazione Gianicolense all’altezza del civico 390. Li ho guardati in faccia. Tutti ragazzini, forse non c’era neanche un maggiorenne. Tutti in cerca di sballo…
È quanto basterebbe ad archiviare la disavventura come un banale alterco degenerato in zuffa, se non fosse che…
… qualcuno ha riconosciuto “er ciccione della tv”.
… qualcuno ha riconosciuto “er ciccione della tv”. E tanto basta ad aprire un supplemento di indagine per verificare se vi siano attinenze di specie con “gli Stati Uniti, dove sui siti di destra si indicano gli obiettivi, poi arriva il ragazzino pazzo che spara in testa alla deputata”. Quasi a malincuore, Adinolfi dovrà escluderle, ma finirà per riconoscere “un clima simile” e la disavventura gli servirà a lanciare un monito: “Se non ce ne rendiamo conto in tempo, poi sarà troppo tardi”. Se liquidiamo l’accaduto come un banale alterco tra un pedone e dei ragazzini in motorino, siamo degli irresponsabili.
E proprio al grido di “ciccione” il più bassino, quello che evidentemente deve dimostrare qualcosa agli altri e vuole una medaglia di malinteso “coraggio” da appuntarsi sul petto, parte con un destro sul mio labbro e con un colpo di casco che s’abbatte sulla mia arcata sopraciliare sinistra. Tutto molto doloroso.
L’aggravante è patente perché l’aggredito è “ciccione”. Fosse stato smilzo, nemmeno l’avrebbero sfiorato. Se l’humus non è politico, è culturale. Almeno così dovremmo intendere.
Anche otto contro uno, per fortuna, ho una mole convincente: sono grosso e so difendermi. Uno degli otto richiama all’ordine il “Boccia”, quello che mi ha colpito, inconfondibile nella sua testa rasata e dà l’ordine di ritirata. Il Boccia dice al suo “complice” in sella al motorino di coprire con il casco la targa. Troppo tardi, l’ho mentalmente appuntata.
Quanto possa essere “inconfondibile” una testa rasata è assai opinabile, ma ormai è tardi: leggere il fatto come volgare lite per motivi di viabilità ci espone al rischio di sottovalutarne la cifra.
Tre persone hanno assistito all’aggressione. Un signore cinquantenne si avvicina per sincerarsi delle mie condizioni e per dire qualche parola di circostanza contro quei ragazzini balordi. Penso che poteva pure intervenire mentre mi colpivano, invece di fare solo lo spettatore, ma deve essere la mia rabbia del momento. È umano avere paura. La nottata continua tra caserme dei carabinieri e pronto soccorso. Mi vengono riscontrate ecchimosi, edema, ferite lacero-contuse. Niente di terribile. Ma il turbamento è profondo.
Finalmente fa capolino la paura. Assente nel grosso Adinolfi, che si limita al turbamento, è attribuita al signore cinquantenne che non è intervenuto. Potrebbe trattarsi di una proiezione, ma qui occorre andar cauti, sennò anche ad Adinolfi, come a Sallusti, potrebbe venir voglia di minacciarci: mettiti nei panni di chi ha subito l’aggressione prima di minimizzare la gravità del fatto. Come potremmo lamentarci, dopo?
Non credo sia stata un’aggressione “politica”. Chi mi ha colpito probabilmente neanche sa chi sia Sallusti, né io considero in alcun modo il direttore del Giornale mandante “morale” di questa aggressione.
E allora perché scrivere che “è stato accontentato”?
Certo che per la prima volta oggi sono andato a rivedermi il video che su YouTube riprende lo spezzone mandato in onda da Blob. E ho trovato, tra gli altri, questi commenti. [Seguono improperi, insulti, ecc.] Toni pazzeschi, di una violenza incredibile.
Sono asprezze che accompagnano Adinolfi da anni, non senza avergli dato modo di farsene vanto, come un sensibile indicatore di notorietà, se non di popolarità. Sarebbe ingiusto dirle meritate, ma spesso, e da più parti, si è sospettato fossero sapientemente provocate, e con gusto. Questo sarebbe pazzesco, il resto non avrebbe nulla di incredibile.
Tutto questo credo ci costringa una riflessione sul punto a cui è arrivata la conflittualità nel paese, la tensione tra noi, rompendo gli argini della civile convivenza. Non siamo agli Stati Uniti, dove sui siti di destra si indicano gli obiettivi, poi arriva il ragazzino pazzo che spara in testa alla deputata. Ma siamo in un clima simile e se non ce ne rendiamo conto in tempo, poi sarà troppo tardi. È un impegno che prendo io per primo, con i segni in faccia di un’aggressione incomprensibile. O, forse, comprensibilissima.
Qui siamo al tirare i fili. Non siamo negli Stati Uniti, ma chissà. Un’aggressione incomprensibile, ma forse no. Sallusti non c’entra niente, ma è stato accontentato. Insomma, ad Adinolfi è capitato quello che poteva capitare a chiunque ma, essendo capitato a lui, deve avere un senso che gli possa tornare utile a far nostro il suo turbamento. Non è un comportamento limpido, ma che importa? L’importante è che si parli di Adinolfi. Nel mio piccolo mi auguro di averlo accontentato.