“Qui da noi può succedere di tutto, ma le rivoluzioni si fanno solo per scherzo. Come diceva Mario Missiroli, una roba seria non si può fare «perché ci conosciamo tutti»” (Giuliano Ferrara – Il Foglio, 10.1.2011). Nel corso della sua rassegna stampa (Radio Radicale, 10.1.2011), in un veloce inciso a commento, Massimo Bordin ha espresso un dubbio circa l’attribuzione della citazione: non lo diceva Leo Longanesi? Questione interessante, no?
E dunque cominciamo col dire che Google dà ragione a Bordin con prevalenza di voci, ma fra quelle che danno ragione a Ferrara ve n’è una assai autorevole: la Piccola antologia del pensiero breve (Liguori, 2008) di Franco Fontanini, un maestro del florilegio che, dalla gloriosa vetta dei suoi 85 anni, può menar vanto di essere stato amico di Longanesi: se ha attribuito l’aforisma a Missiroli (pag. 119), possono esserci più dubbi?
Per avere conferma ho telefonato a Fontanini, che però non ha potuto fornirmela. Anzi, appena ho posto la questione, ha cominciato a sollevare qualche dubbio sull’attribuzione a Missiroli: “In Italia non si potrà mai fare una rivoluzione, perché ci conosciamo tutti” gli sembrava aforisma tipicamente longanesiano, più nella penna di un Flaiano, eventualmente, che in quella di un Missiroli. E allora com’era stato possibile che così avesse risolto nel riportare quella frase nella sua antologia? Gli appunti dai quali aveva tratto il materiale per il suo libro – mi ha spiegato – attribuivano la frase a Missiroli ma senza recare indicazione della fonte testuale originaria, a differenza della loro gran parte. Nessuna solida conferma e la faccenda rimaneva aperta.
A questo punto, però, mi è venuta una mezza idea e con la dovuta delicatezza gli ho chiesto se per caso gli appunti potessero aver attinto, almeno nei casi in cui non fosse riportato il riferimento testuale, a fonti spurie e non verificate come spesso accade per le citazioni riportate dalla stampa, dove di solito si cita l’autore, ma quasi mai il titolo dell’opera dalla quale è tratta la citazione. Non l’ha escluso, anzi, con disarmante sincerità ha detto fosse assai probabile. “D’altra parte – ha aggiunto – certi aforismi non hanno un padre certo, né un padre solo”. Non ho saputo dargli torto: non di rado prendono vita dal nulla e si mettono in cerca di un autore, così mi pare di aver detto.
Questione che rimane aperta, dunque? Sostanzialmente, sì. Ricapitolando, propendono per l’attribuzione a Longanesi: molte voci su Google (la più datata è relativa ad un numero di Mondoperaio del 1989); Bordin (che però non ha sollevato la questione quando Ferrara ha citato la stessa frase in un editoriale del 10.4.2006, attribuendola ancora a Missiroli); Pietrangelo Buttafuoco (che è fra gli ultimi ad aver citato l’aforisma, nella prefazione a un libro di Carlo Puca: consultato via sms, non ha mostrato indugio a ribadire la paternità di Longanesi); e, a sorpresa, il professor Fontanini. In tutti i casi non è specificata la fonte testuale.
L’attribuiscono a Missiroli, invece: 28 voci di Google (metà delle quali sono relative alle volte in cui la frase è stata attribuita a Missiroli dallo stesso Ferrara, due volte sul Corriere della Sera, nel 1993 e nel 1994, e altre quattro volte su Il Foglio, compresa quella odierna); Antonello Piroso (La7, 29.1.2007); Francesco Scrima, segretario nazionale della Cisl-scuola (Left, 5.9.2008); e due o tre anonimi. Anche qui, nessuno sa precisare donde sia tratta.
Per quanto mi riguarda, ho letto moltissimo di Missiroli, quasi tutto di Longanesi e tutto di Flaiano, anche se sono letture che risalgono a molti anni fa, ma non rammento di aver mai trovato traccia dell’aforisma in questione. C’è nessuno fra i lettori di questo blog che sappia fornire una fonte testuale certa?
Posso fornire una prova a contrario: la frase in questione è assente dalla nutrita sezione dedicata a Longanesi del Meridiano Mondadori "Scrittori italiani di aforismi". D'altra parte, l'opera in questione non raccoglie nulla di Missiroli.
RispondiEliminaA sorpresa, c’è un terzo pretendente. Nel libro di Gianna Preda e Mario Tedeschi, Il ventennio della pacchia (Edizioni del Borghese, 1971), che è organizzato cronologicamente, nella sezione dedicata al 1949 si legge: «23 MARZO - Il settimanale Oggi registra una bella battuta dell’onorevole Mazza: “In Italia la rivoluzione non si fa: ci conosciamo tutti”». Apparentemente dovrebbe trattarsi di Crescenzo Mazza (1910-1990), che fu deputato nella I legislatura. Non è detto, naturalmente, che la battuta fosse farina del suo sacco, ma dà da pensare che Preda e Tedeschi - e a quanto pare, anche Oggi - non gliene contestino la paternità.
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