Trent’anni fa, il 16 giugno 1980, usciva nelle sale americane una pellicola che era destinata ad essere definita “film cattolico”, trent’anni dopo, da L’Osservatore Romano. Se Emilio Ranzato, infatti, scrive che in The Blues Brothers “si riconoscono temi di un certo spessore, che fra l’altro contribuiscono a dare un senso al côté cattolico costituito dall’orfanotrofio gestito dalle suore e dalla «missione per conto di Dio»”, Gianni Maria Vian è ancora più categorico: “Un film memorabile. Stando ai fatti, cattolico”.
Siamo ormai abituati alle stravaganze de L’Osservatore Romano di Vian e cazzate del genere non ci fanno neanche più sollevare il sopracciglio: sappiamo che servono soltanto ad attirare lettori sulle pagine di un giornale che ha una voragine per deficit. Né ci scandalizza più la temerarietà delle cazzate, perché la faccia tosta è ormai emblema della Santa Sede più di quanto lo siano le chiavi di San Pietro messe a croce sotto la tiara (come le tibie sotto il teschio sulla bandiera della Filibusta).
E dunque stiamo ai “fatti” che per Vian farebbero di John Landis un regista cattolico, almeno per questo film.
“La foto incorniciata di un giovane e forte Giovanni Paolo II nella casa dell’affittacamere – dall’accento siciliano e vestita di nero, dunque cattolica - di Lou «Blue» Marini”. Cattolicesimo come sovrastruttura etnica, antropologica, perfino estetica: è considerazione che possiamo ritenere legittima, perché il cattolicesimo è da gran tempo tutto nelle sue sovrastrutture. E dunque passi.
“Senz’altro cattolico, come Alan «Mr. Fabulous» Rubin, di origine polacca, e come soprattutto i fratelli Jake ed Elwood Blues”. Idem con patate: polacchi, ergo cattolici. “E a notarlo, con maligna ostilità, sono gli avversari più determinati, cioè gli insopportabili nazisti dell’Illinois”. In realtà, gli insopportabili nazisti dell’Illinois sottolineano con maligna ostilità la nazionalità dei due, non il loro credo religioso. Ma passi pure questo, perché, da quando Pietro ha incontrato resistenze nell’evangelizzare il mondo intero, il cattolicesimo è sempre stato molto attaccato a quel “cuius regio, eius religio” che gli avrebbe dovuto assicurare che almeno non si disevangelizzasse il già evangelizzato. Non è stato così, ovviamente, ma si spiega la coazione a pensare inevitabilmente cattolici almeno gli italiani, gli spagnoli, i polacchi…
Ma non divaghiamo, torniamo ai “fatti” che per Vian fanno del film un “film cattolico”.
“Jake ed Elwood sono cresciuti nell’orfanotrofio intitolato a sant’Elena e alla santa Sindone, governato dalla terribile ma a suo modo affettuosa Sister Mary Stigmata, detta la Pinguina, e ora a rischio di sopravvivenza per cinquemila dollari di tasse non versate”. Per quanto ci è noto della pedagogia cattolica, non ci stupiamo a sentir dire che la Pinguina sia “a suo modo affettuosa”, figuriamoci se non è per il bene delle anime dei bambini picchiarli di tanto in tanto, almeno quando bestemmiano. Che non funzioni è secondario, e infatti dopo anni e anni di orfanotrofio cattolico, Jake ed Elwood bestemmiano ancora, però – grandezza del cattolicesimo! – c’è ancora lì Suor Stimmata a randellarli. Diciamo che la pedagogia cattolica dura tutta una vita.
Tralasciamo il profilo delinquenziale dei due, diciamo solo che un’educazione cattolica non è servita ad evitare il carcere ad uno dei due, per rapina. D’altra parte, la Pinguina è una che ha evaso le tasse, ma sai quanto ce ne fotte del “date a Cesare quel che è di Cesare”.
Non va meglio sulla ricezione del magistero morale: tra gli effetti personali di uno dei due troviamo “un orologio digitale Timex (rotto), un profilattico non usato [e] uno usato”...
Divagavo ancora, chiedo scusa.
“Per i due quella istituzione cattolica è tutta la loro famiglia - solo il vecchio impiegato Curtis suonava per loro l’armonica in cantina, ricordano con nostalgia - e decidono di salvarla a ogni costo con i suoi piccoli ospiti”. Stupisce che l’unico ricordo caro di un’infanzia passata in un orfanotrofio cattolico sia il blues suonato da un dipendente laico dell’orfanatrofio, ma solo fino a un certo punto, e poi già è tanto che ai due non sia capitato un prete pedofilo. Almeno non se ne fa cenno. E so bene che questo non vuol dire niente, perché non tutti i bambini abusati ricordano o hanno il coraggio di parlare…
Però così divago ancora, torniamo a Vian.
“L’illuminazione arriva nella chiesa battista di Triple Rock dove li ha indirizzati Curtis e dove ascoltano un sermone del reverendo Cleophus James sulla necessità di non sprecare la propria vita. Ed è proprio il religioso protestante ad accorgersi del cambiamento di Jake («Tu hai visto la Luce!») che scatena tra i fedeli un’ondata carismatica, ovviamente rock, ma che soprattutto porterà i fratelli a ricostituire «la banda» per raccogliere i dollari necessari alla salvezza dell’orfanotrofio”. Ma allora è anche un “film protestante”, un “film battista”: forse sarebbe stato meglio chiamarlo “film cristiano”, non “film cattolico”. E vabbe’, non stiamo a guardare il pelo, sono finiti i tempi in cui cattolici e protestanti si sgozzavano con entusiasmo…
Non penso di riuscire a continuare: l’ironia mi lascia un malessere nello stomaco. Sì, via, The Blues Brothers è un “film cattolico”: narra le peregrinazioni di due manigoldi, che dicono di aver visto la Luce, alla ricerca di soldi perché un’istituzione ottusa e violenta non finisca in bancarotta. Film cattolicissimo.