mercoledì 7 dicembre 2011

Eppure un crocifisso




Un’idea del perché non manchi mai un crocifisso nel covo di un boss, io ce l’ho, ma quale sia non ha importanza, rinuncio a esprimerla, anzi, vorrei far mia la spiegazione, anche la meno convincente, di un chierico autorevole, un Fisichella o un Ravasi, oppure, in loro vece, di un vibratile Rondoni, di un ardente Socci, di un sottilissimo Pera, uno di quelli, insomma, che a un crocifisso appeso su un muro sono sempre capaci di dare il giusto significato, quasi sempre con grande generosità di aggettivi e avverbi. Il fatto è che, in occasioni come queste, non vola mai una mosca. Eppure un crocifisso sempre un crocifisso è, o no?

6 commenti:

  1. Vi risparmio la domanda: la penso più o meno a questo modo.
    http://www.adistaonline.it/index.php?op=articolo&id=15622

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  2. Ma i libri, tu non consideri i libri, magari leggeva Salvemini e il crocifisso lo teneva per scaramanzia.

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  3. Il fatto è che i mafiosi, i camorristi ecc. si ritengono responsabili solo davanti a Dio delle loro azioni, e credono fermamente che Dio sia dalla loro parte.
    Sì, piacerebbe anche a me ascoltare le parole di chi vorrebbe un crocifisso anche nei cessi pubblici, e magari i giuramenti sulla Bibbia come in America.
    Un crocifisso è un crocifisso è un crocifisso.

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  4. La presenza del crocifisso ha colpito pure me, poichè è una costante dell'arredo dei covi malavitosi ( l'altra è un padre pio). Sempre utile passar di qua. Stia bene. Ghino La Ganga

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  5. Avevo cominciato a leggere "The Sicilian Mafia: The Business of Private Protection" poi l'ho perso in aereo. Ho fatto in tempo a scoprire che l'uso di simboli religiosi da parte dei mafiosi, è una questione di branding. Usano l'iconografia religiosa come garanzia presso i clienti, come una marca di acque minerali userebbe l'immagine delle Alpi.

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  6. "La domanda che ci ossessiona è la seguente: le organizzazioni criminali di tipo mafioso avrebbero potuto ricoprire un ruolo plurisecolare nella storia meridionale e dell'intera nazione se, oltre alla connivenza di settori dello Stato e di parte consistente delle classi dirigenti locali, non avessero beneficiato del silenzio, della indifferenza, della sottovalutazione e anche del sostegno dottrinale di una teologia che trasforma degli assassini in pecorelle smarrite da recuperare piuttosto che da emarginare dalla Chiesa e dalla società? La risposta é no."
    Isaia Sales
    I preti e i mafiosi - Storia dei rapporti tra mafie e chiesa cattolica
    Dalai editore, 2010

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