La cronaca ci ha offerto di recente due storie che in apparenza avevano in comune il solo fatto che le protagoniste fossero ragazze minorenni. La prima, incinta, si è infine convinta fosse meglio abortire, ma solo dopo avere per un po’ insistito nel voler portare avanti la gravidanza contro il parere dei genitori, che la ritenevano immatura per diventare madre e si erano rivolti a un giudice per costringerla a piegarsi al loro consiglio, ignari che in casi come questi è indispensabile la volontà della gravida, anche se minore. La seconda, dopo aver perso la verginità, è stata presa dalla paura di doverne dar conto ai propri genitori, ai quali aveva promesso di mantenersi illibata fino all’altare, e ha pensato bene di inventarsi uno stupro di gruppo, per poi confessare di aver mentito, raccontando com’erano davvero andate le cose.
Da questa breve sintesi delle due vicende ho volutamente tenuto fuori l’elemento che pure si è voluto intravvedere come comune a entrambi i casi, e sul quale si è maggiormente discusso, e cioè quello della xenofobia: nel primo caso, infatti, la ragazza era rimasta incinta di un ragazzo albanese e si è detto che in realtà questa fosse la vera ragione che muoveva i suoi genitori a chiederle di abortire; nel secondo caso, invece, la ragazza ha mosso la falsa accusa di stupro ad alcuni esponenti di una comunità di nomadi, provocando come reazione di solidarietà in suo favore una spedizione punitiva al loro accampamento.
In entrambi i casi sembra aver vinto ancora una volta il pregiudizio xenofobico, ma non possiamo averne prova certa. Non sappiamo, infatti, se l’aborto ci sarebbe stato comunque, chiunque fosse stato a ingravidare la ragazza. Né sappiamo se una spedizione punitiva avrebbe comunque preso di mira la comunità di appartenenza dei presunti stupratori, indipendentemente dall’etnia. Direi che l’elemento xenofobico può aver avuto rilevanza, ma solo nel potenziarne un altro, che mi pare sia in entrambi i casi quello che ha dato impronta e senso agli eventi. Parlo del dovere che famiglia e società si danno nel decidere per il meglio della sessualità e della riproduttività di una donna, quando è minore, ma non solo, perché il corpo della donna non appartiene mai del tutto alla donna, ma è sempre, in qualche misura, un bene comune, alla difesa del quale è chiamato chiunque se ne dichiari responsabile, oltre ad esserlo, quando realmente lo è, per legge.
In entrambi i casi si trattava di ragazze minorenni, in entrambi i casi i genitori avevano pieno diritto di dirsi responsabili delle figlie, in entrambi i casi la loro responsabilità prendeva diritto sul loro futuro di donne maggiorenni, in entrambi i casi le figlie hanno dapprima rifiutato e poi accettato quanto era stato deciso per loro. Piegandosi ad abortire, nel primo caso, e cercando di negare la propria responsabilità nella decisione di perdere la verginità, nel secondo, siamo dinanzi alla stessa resipiscenza: siamo dinanzi a due donne che, sebbene minorenni, potevano rivendicare il diritto di autodeterminazione, ma si sono limitate a rifiutare il ruolo che per loro era stato deciso come migliore, per poi farlo proprio. Per entrambe è possibile pentirsi anche di questo, ancora una volta. L’unica cosa che non è mai negata a una donna è il pentimento.
non vorrei essere superficiale e fare come si suol dire di tutta l'erba un fascio, ma gli adolescenti oggi hanno numerosi rapporti sessuali. una mia amica ginecologa mi ha raccontato che più di una 14enne ha avuto più di 200 rapporti in un anno con partner diversi, occasionali e quasi sconosciuti.
RispondiEliminabene, da parte mia, non v'è alcun giudizio, ma i genitori - educatori davanti a tali ammissioni dicono che non è possibile, che non può esser accaduto. dunque, bisogna riflettere sul ruolo o meglio sulla qualità del tempo che si passa con gli adolescenti.
mi piace anche soffermarmi sull'idea della verginità, che può anche essere un valore, ma non un valore per e degli altri, nessuno lo si può imporre. è veramente una cosa idiota.
Scusa, ma se la "comunità di appartenenza dei presunti stupratori" fosse risultata essere, pardon, se la ragazza si fosse inventata che fosse, diciamo, un quartiere di Torino, credi che quei manifestanti avrebbero dato fuoco appiccato il fuoco?
RispondiEliminaLa xenofobia non entra in gioco nel momento in cui bruciano il campo Rom, è già venuta a galla prima, quando una ragazza ritiene che sia per lei più socialmente convieniente raccontare di essere stata stuprata da "due Rom" piuttosto che ammettere di aver avuto un rapporto sessuale consenziente con un ragazzo circa ella sua età.
Quindi io direi che si può continuare a sostenere che l'elemento xenofobico è rilevante.
Pur condividendo il discorso che fai sul possesso di sé delle donne nella nostra società.
Quando la violenza si scatena contro un'intera comunità per le presunte colpe di uno o più appartenenti alla stessa, siamo già alla follia xenofoba, a meno che i linciatori di turno non appartengano anche loro a quella stessa comunità—ma in quel caso sarebbero ben più stronzi a non essersi uccisi semplicemente da sé—non vedo che differenza faccia se di mezzo c'è una chiara distinzione etnica o no.
RispondiEliminaD'altronde è così che funziona, si chiama divisione del lavoro: c'è chi firma manifesti della razza e chi va in giro a bruciar case e spaccare teste.
Cambiando argomento: sarò pure uno stronzo, ma non riesco a sentirmi solidale con la ragazza, perché c'è sempre qualcuno più debole da sbranare, e c'è sempre qualcuno più forte da cui difendersi, appunto, sacrificando il più debole. Di chi mai potrai dire che non era abbastanza debole da avere qualcuno che stesse peggio?
Il 30% delle donne Italiane ha subito una violenza, almeno una volta nella vita. E, nel 99% dei casi, gli stupri sono opera di un conoscente, il compagno/marito/fidanzato, parenti, "amici", colleghi di lavoro. La prova certa della presenza dell'elemento xenofobo è che a questa marea di orrore corrisponde reazione solo quando ci sono (veramente o presuntamente) di mezzo stranieri e soprattutto Rom.
RispondiEliminaSono stanco. Stanco di queste notizie, stanco dei soliti, prevedibili comportamenti, stanco dell'ignoranza del popolo bue, stanco del pressapochismo dei giornalisti, stanco dei valori pret-a-porter, stanco di questo paese "devastato e vile".
RispondiElimina@ panormocritico:
RispondiEliminami darebbe la fonte dell suo dato del 99% perche' a me sembra che se lo sia inventato.
Le statistiche serie danno numeri molto alti ma non certo il 99%...
La ragazza che si e' inventata lo stupro qualche anno fa la avremmo definita vittima del maschilismo (certo xenofoba) ma ormai quel vetusto termine e' stato depennato dal dizionario...
mmmm
RispondiElimina"L’unica cosa che non è mai negata a una donna è il pentimento."
Veramente non so che cosa tu voglia insinuare qui, sta di fatto che queste due povere oche rimarranno, presumibilmente, oche tutta la vita (visto i genitori e il loro metodi educativi).
Il "diritto di autodeterminazione" va insegnato, e queste due non lo impareranno nemmeno dopo queste terribili esperienze.
Sicura-sicura-sicura?
RispondiEliminaQuanto sicuri si puo' essere?
RispondiEliminaNon so, ma sedici anni e' un' eta' in cui uno dovrebbe gia' saper pensare con la propria testa.
Ai genitori di queste ragazze non e' sembrato comodo insegnare loro a ragionare da sole (semplici esercizi di analisi causa-effetto, azioni-conseguenze) e questi sono i risultati.
Devo dire che vedo un collegamento fra i due casi solo fino a un certo punto.
RispondiEliminaRitengo che ci sia una certa giustificazione nell'ingerenza dei genitori per una ragazza che vuole portare a termine una gravidanza senza averne i mezzi. Ovviamente la vita del bambino dipende poi non da sua madre ma dai nonni, e non solo economicamente. Esistono soluzioni alternative però insomma, a meno che questa ragazza vada in comunità e magari non riesca mai a completare la propria istruzione, la famiglia sarà responsabile del bambino. Di qui a portarla in tribunale ce ne passa, però è ben diverso che non pretendere prerogative sulla verginità della propria figlia.
Avere voce in capitolo sulla nascita di un altro essere umano non è uguale che avere voce in capitolo sullo stato di integrità di un imene.
Per quanto riguarda la xenofobia, mi trovo completamente d'accordo, mentre la chiusa mi sfugge:il fatto di abortire sarebbe stato un ruolo? E poi la ragazza di Torino avrà pure negato, ma poi è stata scoperta. E' ancora valida quella negazione?
E per Eva: non so, io a 16 anni pensavo in parte con la mia testa e in parte no. Credo di aver cominciato a pensare con la mia testa totalmente intorno ai 22-23 anni. Le scelte che hanno portato la mia vita nella giusta direzione le ho prese tardi. Ognuno ha i suoi tempi e a volte da esperienze scioccanti può nascere una nuova consapevolezza.
Se penso a una ragazza cresciuta con il mito della verginità, per esempio, a 16 anni forse non è molto sveglia, nè molto coraggiosa, ma chi lo sa come sarà a 30 anni. Ci sono persone che fanno un salto e si ribellano contro la deficienza cui erano destinate (non è abituale, ma succede).
In effetti, però se penso all'altra che a 16 ha già dovuto prendere una volta la pillola abortiva, poi non si è protetta ed è rimasta di nuovo incinta e voleva tenere il bambino di un ragazzo con precedenti penali che ogni tanto le alzava le mani, ecco, questa mi sembra già un pochino più irrecuperabile.
Ma sarò io che stronza...
Anda
La colpa è dei genitori, la colpa è dei Rom, la colpa è dell'Albanese, la colpa è forse anche nostra, chi lo sa. Una cosa è certa, quando tira la puttana nazionale tira anche la puttanella locale. Troppo valorizzate le prime e, di conseguenza, troppo numerose le seconde. Scusate la provocazione.
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