«La literatura no habla de la realidad, habla de la
literatura: y no se puede fingir que esto no se sabe»
Due pagine dell’ultimo numero della Domenica de Il Sole-24 Ore sono dedicate alle confessioni di «scrittori, attori, politici [che] raccontano il gesto di cui più si vergognano, anche dopo molti anni», e che finiranno in un volume a cura di Augusto Bianchi Rizzi, edito da Tropea, dal titolo Il Bene e il Male, nel quale troveranno spazio anche gli «inconfessabili misfatti» dei lettori, invitati a partecipare.
Senza entrare nel merito dei contributi pubblicati dal giornale – dico solo che sembravano un campo di mammole – l’iniziativa mi pare balorda fin nella premessa, perché il misfatto davvero inconfessabile è appunto davvero inconfessabile: ciò che si confessa è per lo più la confettura letteraria dell’inconfessabile, per giunta questo accade solo quando ciò che si confessa abbia realmente attinenza al gesto del quale maggiormente ci si vergogna, perché spesso quello non è neanche sfiorato, se non è addirittura irrecuperabile, perché rimosso. Al contrario, ciò di cui più ci si vergogna può avere sì stretta attinenza al misfatto che si confessa, ma non esserne affatto la conseguenza… Ma forse sarà meglio che mi spieghi con un esempio.
Quando ho saputo che a *** restava poco da vivere perché un cancro gli aveva mangiato il fegato e disseminato metastasi dappertutto, non ho saputo fare a meno di telefonargli. Quando ha sentito la mia voce, ha detto: “Che piacere sentirti”. Io gli ho risposto: “A me, invece, fa piacere sapere che stai morendo, e fartelo sapere”, e ho riattaccato.
Non starò qui a spiegare perché lo odiassi tanto, mi pare irrilevante, siete autorizzati a immaginarvi quello che volete. Dico solo che il gesto di cui più mi vergogno non è quella telefonata, per la semplice ragione che in realtà non c’è mai stata: mi vergogno di aver desiderato farla, di non esserci riuscito, ma di averne spesso fatta una confessione, mentendo, quando c’era da confessare l’inconfessabile.
Siamo complicati, via, difficilmente siamo davvero cattivi. E non per bontà, ma proprio per mancanza di cattiveria. Volendo, possiamo vergognarci di questo.
Bella scena sull'argomento ne "Le conseguenze dell'amore" di Sorrentino (grande Toni Servillo).
RispondiEliminaAhimé sei un uomo che spesso si fa guidare dall'acrimonia e di questo non puoi andarne fiero: beware, beware of the green dragon that sits on your doorstep!
RispondiEliminatambien la realidad no habla de la realidad, porque hablar es literatura
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