venerdì 10 agosto 2012

I modi più sfiziosi di pregare

Nel corso dell’udienza dello scorso mercoledì 8 agosto, in Castel Gandolfo, Benedetto XVI è tornato sulla figura di Domenico di Guzmán (1170-1221) che aveva già illustrato nella catechesi del 3 febbraio di due anni fa, soffermandosi stavolta sulle «nove maniere di pregare» suggerite dal santo.
Non sarà superfluo riportare testualmente ciò che ha detto: «La tradizione domenicana ha raccolto e tramandato la sua esperienza viva in un’opera dal titolo: “Le nove maniere di pregare di San Domenico”. Questo libro è stato composto tra il 1260 e il 1288 da un Frate domenicano; esso ci aiuta a capire qualcosa della vita interiore del Santo e aiuta anche noi, con tutte le differenze, a imparare qualcosa su come pregare. Sono quindi nove le maniere di pregare secondo san Domenico e ciascuna di queste che realizzava sempre davanti a Gesù Crocifisso, esprime un atteggiamento corporale e uno spirituale che, intimamente compenetrati, favoriscono il raccoglimento e il fervore...».
Qui è opportuno uno sforzo di attenzione, perché Sua Santità prosegue dicendo: «I primi sette modi seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità: san Domenico prega [1] in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, [2] steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, [3] in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, [4] con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, [5] con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio...». Ho inserito nel testo i numeri tra parentesi per rimarcare il fatto che i «sette modi» in realtà sono solo cinque. Quali sono i due mancanti?
Lasciamo in sospeso la domanda e proseguiamo: «Gli ultimi due modi, invece, su cui vorrei soffermarmi brevemente, corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo. Innanzitutto la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante. Al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, san Domenico prolungava il colloquio con Dio, senza porsi limiti di tempo. Seduto tranquillamente, si raccoglieva in se stesso in atteggiamento di ascolto, [6] leggendo un libro o [7] fissando il Crocifisso». Sette in tutto, invece di nove. E allora riponiamo la domanda lasciata in sospeso: quali sono i due restanti modi di pregare raccomandati da Domenico di Guzmán?
Per scoprirlo dobbiamo attingere direttamente alla fonte, e cioè a quella tradizione domenicana che ne ha raccolto e tramandato quattordici. Nel suo Vita de li Frati Predicatori (1470), infatti, il domenicano Bartolomeo da Modena illustra quattordici modi di pregare: [1] inclinato profondamente; [2] disteso con la faccia a terra e le braccia aperte; [3] inginocchiato e inclinato con le mani giunte sul volto; [4] in piedi con le mani aperte e lo sguardo al crocifisso; [6] inginocchiato con il volto a terra e le braccia aperte; [7] in piedi con gli occhi rivolti al cielo; [8] ripetute genuflessioni; [9] in piedi con diverse posizioni delle mani; [10] in piedi con le braccia aperte in croce; [12] tenendo un libro davanti a sé; [13] in ginocchio.
Dall’elenco è evidente che [3], [6], [8] e [13] siano varianti della preghiera in genuflessione, il che può spiegare perché i nove modi di pregare di cui parla Benedetto XVI riassumano al punto [3] del suo elenco i quattro sopra citati dell’elenco di Bartolomeo da Modena. È altresì evidente che ho saltato i punti [5], [11] e [14], ma non senza una ragione.
[11] è descritto in questo modo: «in punta dei piedi con le mani verso l’alto a freccia». Sembra una posizione da yogi, ma possiamo considerarla una variante del [4] e/o del [5] dell’elenco fatto da Sua Santità.
Restano il [5] e il [14], che verosimilmente corrispondono ai due mancanti dal gruppo dei «primi sette modi» che Benedetto XVI ha ridotto a cinque. Riporto le miniature che li illustrano nel codice di Bartolomeo da Modena:

[5] triplice flagellazione notturna

[14] facendosi flagellare da un altro frate.

Ecco, non si capisce perché Sua Santità ometta proprio i modi più sfiziosi di pregare.

10 commenti:

  1. Volpi Elemire Zolla scrisse in uno dei saggi di "uscire dal mondo" delle pecche di partenza dell'ascetismo cristiano.

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  2. Volpi Una domanda al Blogger: Quanto si può salvare dei libri di Zolla? Si può imparare parecchio da lui o il suo pesante misticismo non può essere scorporato dalla sua erudizione?

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    1. La sua erudizione è il respiro stesso del suo misticismo. Elemire Zolla può e deve essere letto come si può e si deve leggere Julius Evola: serve a dare forma a ciò che una mente razionale rigetta istintivamente.

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  3. Il progresso ci propone oggi delle ulteriori varianti, assai sfiziose, per accentuare la fase catartica del nostro personale rapporto con dio. Proponiamo a Sua Santità di sperimentare quella proposta nella foto, avvalendosi magari della collaborazione del buono e disponibile padre Georg.

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  4. P.S. Rispetto alle miniature del codice bartolomeiano, desideravo perorare la maggiore comodità del pregevole supporto in materiale acrilico, le cui preziose virtù vengono magnificate nella foto e che può essere acquistato su Mediashopping al modico prezzo di 37,99 euro, spese postali incluse.

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  5. io mi flagello mentalmente ogni sera prima di dormire se durante il giorno non mi è arrivata alcuna notizia del Papa e dei cardinali...

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  6. E pensare che quello a cui fanno i piazzisti abusivi, aveva dato un solo modo di pregare, e una una sola preghiera, raccomandandosi di non perdersi in parole inutili....
    mescalito

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  7. Sarebbe così bello che, ogni Santa Pasqua, tutti i fedeli muniti di scudiscio assestassero un colpo per ciascuno sulla schiena nuda di Sua Santità, incatenata a una delle colonne del Bernini, onde rievocare la Santissima Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
    Una sorta di rito tipo quello del re nemorensis, che introduce il celeberrimo "Ramo d'oro" di Frazer.
    Tradizioni, ahimè, oramai del tutto perdute e che dovremmo opportunamente ripristinare, così come avviene per il Palio di Siena, per evitare che cadano del tutto nell'oblio.

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