lunedì 30 dicembre 2013

«Di fatto ha abolito il peccato»


Tra i tanti gonzi che vedono in Bergoglio un rivoluzionario ce n’è uno che arriva a sostenere sia «rivoluzionario per tanti aspetti del suo ancor breve pontificato, ma soprattutto su un punto fondamentale: di fatto ha abolito il peccato». Parlo di Eugenio Scalfari, che evidentemente s’è bevuto il cervello.
Ovviamente Bergoglio non ha affatto abolito il peccato, e per la semplice ragione che non può farlo: sarebbe sovvertire la dottrina, che nel peccato ha uno dei suoi pilastri, e a un papa questo non è dato, neanche se volesse. Su questo punto, d’altra parte, non vale neanche la pena di argomentare, perché già da domattina ci penseranno le firme più autorevoli del mondo cattolico, e fioccheranno citazioni sfuse e a pacchetti, dai Vangeli al Catechismo, anche se a sputtanare Scalfari basterebbe anche solo qualche passaggio dall’intervista che Bergoglio ha concesso ad Abraham Skorka (cfr. cap. II e cap. VII de Il cielo e la terra, Mondadori 2013).
«Di fatto ha abolito il peccato», un beneamato cazzo: Bergoglio si è limitato a dare due o tre pigiatine sul pedale della Carità dopo che Ratzinger aveva affondato il piede a tavoletta su quello della Verità. Tanto insistere sulla misericordia di Dio, d’altronde, che senso avrebbe se il peccato fosse di fatto abolito? D’altronde, nell’intervista concessa a padre Antonio Spadaro per La Civiltà Cattolica non è lo stesso Bergoglio ad aver detto «sono un peccatore»?
Niente, Scalfari è convinto: «Un Papa che abbia modificato la Chiesa, anzi la gerarchia della Chiesa, su una questione di questa radicalità, non si era mai visto, almeno dal terzo secolo in poi della storia del cristianesimo e l’ha fatto operando contemporaneamente sulla teologia, sulla dottrina, sulla liturgia, sull’organizzazione. Soprattutto sulla teologia». Roba da scomodare la Sala Stampa Vaticana per una nota ufficiale, già immagino quella vecchia pantegana di padre Federico Lombardi sudare sette camicie.

Grave infortunio, quello di Scalfari, ma in fondo non è il solo a credere che Bergoglio voglia, e possa, cucire addosso al popolo di Dio un cattolicesimo che stia bello comodo al cavallo e alle ascelle. Poveri fessi. 
Per bilanciare il fallimentare consuntivo di un papato all’insegna del rigore dottrinario c’era bisogno di un cazzone simpatico e alla mano, qualche sbavatura era inevitabile, anzi, è probabile sia stata addirittura messa in conto, perché l’attenzione dei perennemente distratti poteva essere stornata da tutta la merda venuta a galla sotto il papato di Ratzinger solo con un’operazione ardita, perciò rischiosa, sicché qualche rischio è stato messo in conto, e allo stato il preventivo si rivela azzeccato. Ne è prova l’ansia che ha preso gli ambienti cattolici più legati alla tradizione: è la negativa dell’entusiasmo che Bergoglio ha suscitato in credenti e non credenti accomunati dall’idea – qui torna utile citare Scalfari – che «l’uomo è libero, la sua anima è libera anche se contiene un tocco della grazia elargita dal Signore a tutte le anime. Quella scheggia di grazia è una vocazione al Bene ma non un obbligo. L’anima può anche ignorarla, ripudiarla, calpestarla e scegliere il Male; ma qui subentrano la misericordia e il perdono che sono una costante eterna, […] purché, sia pure nell’attimo che precede la morte, quell’anima accetti la misericordia».
È una dottrina cattolica a cazzo di cane, ma di grande appeal, infatti manca solo che Bergoglio abolisca l’Inferno per chi rinunci alla misericordia divina anche in punto di morte, ma Scalfari non dispera: «Può abolire l’Inferno, ma ancora non l’ha fatto anche se l’esistenza teologica dell’Inferno è discussa ormai da secoli». Sì, ma la dottrina non ha dubbi al riguardo. Dettagliuzzo, via.

Non scherzo: il fatto che Bergoglio «di fatto [abbia] abolito il peccato» al momento non suscita reazioni, sembra davvero un dettagliuzzo. E in fondo su cosa s’è appuntata l’attenzione? Cosa ha fatto sobbalzare alla lettura del pippone di Scalfari? La svista sulla canonizzazione che Bergoglio avrebbe deciso per Ignazio di Loyola invece che per Pierre Favre: «Concludo – ha scritto – con una frase che dice tutto su questo Papa, gesuita al punto d’aver canonizzato pochi giorni fa Ignazio di Loyola…».
Resosi conto dell’errore, come lo ha giustificato? «Ho probabilmente [probabilmente, eh] usato male il verbo “canonizzare”… Usando quella parola volevo segnalare che Papa Francesco ha sottolineato l’importanza del fondatore della Compagnia di Gesù… Mi scuso con i lettori per l’imprecisione lessicale». Dico: si può essere così coglioni? Ma dici che tra «pochi giorni fa» e «Ignazio di Loyola» è accidentalmente saltato «il primo confratello di»: non è più banale, ma più convincente?
Perché chiedere scusa ai lettori, poi? È stato abolito il peccato, caro Scalfari, che vuoi che sia un’imprecisione lessicale? 

4 commenti:

  1. " l’uomo è libero, la sua anima è libera anche se contiene un tocco della grazia elargita dal Signore a tutte le anime. "

    Povero Scalfari, che pena mi fa.

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  2. Io mi immagino le facce dei colleghi in redazione, quando arriva il nuovo pippone del fondatore, da pubblicare il giorno dopo. Che vuoi dirgli di no? Diglielo tu, se hai il coraggio, si diranno.

    Giovanni

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    1. Effettivamente potrebbe proprio essere come dici tu Giovanni; come però potrebbe anche essere che nessuno se ne accorga (perché non sono in grado) o che nessuno neanche se lo legga e lo pubblicano come sta, tanto sono convinti che lui sia Lui e tutti gli altri non siano un...

      Franco Tremul

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    2. ad abolire l'inferno ci ha già pensato uno degli otto cardinali (?) nominati da Francesco per " riformare " la Chiesa....

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