Tra i
tanti gonzi che vedono in Bergoglio un rivoluzionario ce n’è uno che arriva a
sostenere sia «rivoluzionario per tanti aspetti del suo ancor breve
pontificato, ma soprattutto su un punto fondamentale: di fatto ha abolito il
peccato». Parlo di Eugenio Scalfari, che evidentemente s’è bevuto il cervello.
Ovviamente Bergoglio non ha affatto abolito il peccato, e per la semplice
ragione che non può farlo: sarebbe sovvertire la dottrina, che nel peccato ha
uno dei suoi pilastri, e a un papa questo non è dato, neanche se volesse. Su
questo punto, d’altra parte, non vale neanche la pena di argomentare, perché
già da domattina ci penseranno le firme più autorevoli del mondo cattolico, e
fioccheranno citazioni sfuse e a pacchetti, dai Vangeli al Catechismo, anche se
a sputtanare Scalfari basterebbe anche solo qualche passaggio dall’intervista che
Bergoglio ha concesso ad Abraham Skorka (cfr. cap. II e cap. VII de Il cielo e
la terra, Mondadori 2013).
«Di fatto ha abolito il peccato», un beneamato
cazzo: Bergoglio si è limitato a dare due o tre pigiatine sul pedale della
Carità dopo che Ratzinger aveva affondato il piede a tavoletta su quello della Verità.
Tanto insistere sulla misericordia di Dio, d’altronde, che senso avrebbe se il
peccato fosse di fatto abolito? D’altronde, nell’intervista concessa a padre
Antonio Spadaro per La Civiltà Cattolica non è lo stesso Bergoglio ad aver
detto «sono un peccatore»?
Niente, Scalfari è convinto: «Un Papa che abbia
modificato la Chiesa, anzi la gerarchia della Chiesa, su una questione di
questa radicalità, non si era mai visto, almeno dal terzo secolo in poi della
storia del cristianesimo e l’ha fatto operando contemporaneamente sulla
teologia, sulla dottrina, sulla liturgia, sull’organizzazione. Soprattutto
sulla teologia». Roba da scomodare la Sala Stampa Vaticana per una nota ufficiale, già immagino quella vecchia pantegana di padre Federico Lombardi sudare sette camicie.
Grave
infortunio, quello di Scalfari, ma in fondo non è il solo a credere che Bergoglio voglia, e possa, cucire addosso al popolo di Dio un cattolicesimo che stia bello comodo al cavallo e alle ascelle. Poveri fessi.
Per
bilanciare il fallimentare consuntivo di un papato all’insegna del rigore
dottrinario c’era bisogno di un cazzone simpatico e alla mano, qualche
sbavatura era inevitabile, anzi, è probabile sia stata addirittura messa in
conto, perché l’attenzione dei perennemente distratti poteva essere stornata da tutta la merda
venuta a galla sotto il papato di Ratzinger solo con un’operazione ardita,
perciò rischiosa, sicché qualche rischio è stato messo in conto, e allo stato
il preventivo si rivela azzeccato. Ne è prova l’ansia che ha preso gli ambienti
cattolici più legati alla tradizione: è la negativa dell’entusiasmo che
Bergoglio ha suscitato in credenti e non credenti accomunati dall’idea – qui torna
utile citare Scalfari – che «l’uomo è libero, la sua anima è libera anche se
contiene un tocco della grazia elargita dal Signore a tutte le anime. Quella
scheggia di grazia è una vocazione al Bene ma non un obbligo. L’anima può anche
ignorarla, ripudiarla, calpestarla e scegliere il Male; ma qui subentrano la
misericordia e il perdono che sono una costante eterna, […] purché, sia pure
nell’attimo che precede la morte, quell’anima accetti la misericordia».
È una
dottrina cattolica a cazzo di cane, ma di grande appeal, infatti manca solo che
Bergoglio abolisca l’Inferno per chi rinunci alla misericordia divina anche in
punto di morte, ma Scalfari non dispera: «Può abolire l’Inferno, ma ancora non
l’ha fatto anche se l’esistenza teologica dell’Inferno è discussa ormai da
secoli». Sì, ma la dottrina non ha dubbi al riguardo. Dettagliuzzo, via.
Non
scherzo: il fatto che Bergoglio «di fatto [abbia] abolito il peccato» al
momento non suscita reazioni, sembra davvero un dettagliuzzo. E in fondo su cosa s’è appuntata l’attenzione?
Cosa ha fatto sobbalzare alla lettura del pippone di Scalfari? La svista sulla
canonizzazione che Bergoglio avrebbe deciso per Ignazio di Loyola invece che
per Pierre Favre: «Concludo – ha scritto – con una frase che dice tutto su
questo Papa, gesuita al punto d’aver canonizzato pochi giorni fa Ignazio di
Loyola…».
Resosi conto dell’errore, come lo ha giustificato? «Ho probabilmente
[probabilmente, eh] usato male il verbo “canonizzare”… Usando quella parola
volevo segnalare che Papa Francesco ha sottolineato l’importanza del fondatore
della Compagnia di Gesù… Mi scuso con i lettori per l’imprecisione lessicale».
Dico: si può essere così coglioni? Ma dici che tra «pochi giorni fa» e «Ignazio
di Loyola» è accidentalmente saltato «il primo confratello di»: non è più
banale, ma più convincente?
Perché chiedere scusa ai lettori, poi? È stato
abolito il peccato, caro Scalfari, che vuoi che sia un’imprecisione
lessicale?
" l’uomo è libero, la sua anima è libera anche se contiene un tocco della grazia elargita dal Signore a tutte le anime. "
RispondiEliminaPovero Scalfari, che pena mi fa.
Io mi immagino le facce dei colleghi in redazione, quando arriva il nuovo pippone del fondatore, da pubblicare il giorno dopo. Che vuoi dirgli di no? Diglielo tu, se hai il coraggio, si diranno.
RispondiEliminaGiovanni
Effettivamente potrebbe proprio essere come dici tu Giovanni; come però potrebbe anche essere che nessuno se ne accorga (perché non sono in grado) o che nessuno neanche se lo legga e lo pubblicano come sta, tanto sono convinti che lui sia Lui e tutti gli altri non siano un...
EliminaFranco Tremul
ad abolire l'inferno ci ha già pensato uno degli otto cardinali (?) nominati da Francesco per " riformare " la Chiesa....
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