Non so
se ci avete fatto caso, ma tutti i matti che credono d’essere Napoleone si
sentono a Sant’Elena. Naturalmente parliamo dei matti che vivono nelle
barzellette, negli sketch, nelle vignette umoristiche, perché nella pratica
psichiatrica è più unico che raro trovare un paranoico che creda d’essere
Napoleone: mai a Marengo o in Egitto, mai a Desdra o a Ligny, il matto della
storiella buffa è sempre un Napoleone a fine carriera, e probabilmente è proprio
questo che produce l’effetto tragicomico voluto, perché il manicomio evoca
sconfitta ed esilio, ancorché del senno. Così è con Giuliano Ferrara: anche
lui, più che persona reale, ormai è una macchietta, e non sta tanto bene, e si
sente Machiavelli. Il Machiavelli a fine corsa, quello cui la fortuna ha
acciaccato tutti i Cesare Borgia dietro ai quali ha annaspato, quello che
smania per rientrare in gioco, non importa se al servizio di Bergoglio o di Renzi,
tanto fa lo stesso. È che Bergoglio non gli piace, e anche a sforzarsi di
farselo piacere, non gli riesce. Renzi, poi, manco se lo caga. Peraltro s’è
sparsa voce che accettare i suoi servigi porti male: a ogni consiglio omaggio
che manda a un Principe, quello pensa a Craxi, a Berlusconi, a Ratzinger, e si
tocca le palle.
Come il
matto che si crede d’essere Napoleone solitamente sta dritto davanti alla
finestra con le sbarre, una mano infilata tra i bottoni della giubba, sguardo
perso verso un orizzonte che non va più in là del muro di cinta, così il povero
Giuliano Ferrara si offre in posa da grande pensatore incompreso dai suoi
contemporanei, e srotola il curriculum, se lo rimira, poi mestamente lo
riarrotola e sfoga il suo umor nero perdendosi nei massimi sistemi, in primis la
bioetica. Qui il parallelo col Grande Fiorentino cede, perché quello riempì
pagine e pagine per separare la politica dalla morale, mentre qui il Grosso
Testaccino sono anni che non smette di gonfiarci i coglioni nel tentativo di fare
dell’aborto una questione squisitamente politica, anzi antropologica. Per il
resto il parallelo tiene: stessa dolente disillusione, stesso ruminare sulla
cecità del destino… Un assaggio?
«Sei anni dopo rifletto ad alta voce. La chiesa
di Ratzinger e Ruini sembrava incoraggiarmi, in realtà mi lasciò discretamente solo
nonostante tutti gli Evangelium vitae e altri pronunciamenti, nel quarantennale
della Humanae vitae del coraggioso e abbandonato Paolo VI. Non mi lamentai delle
porte chiuse delle sagrestie, quando presentai una lista pazza ma laica alle
elezioni, di perfetto insuccesso, perfettamente incompresa e forse
incomprensibile per l’opinione elettorale media, una lista contro Berlusconi mio
amico sordo a certi discorsi, che mi aveva scongiurato di abbandonare quel tema
divisivo, contro le femministe che venivano a tirare quintali di prezzemolo al
Foglio, contro il mondo di celluloide della ricerca scientifica, contro la
stragrande maggioranza dei cattolici…».
Via, non è straziante quasi come il prologo
della Mandragola? «Se questa materia non è degna, per esser pur leggieri, d’un
uom che voglia parer saggio e grave, scusatelo con questo, che s’ingegna con
questi van pensieri fare el suo tristo tempo più suave, perch’altrove non have
dove voltare el viso, ché gli è stato interciso mostrar con altre imprese altra
virtue, non sendo premio alle fatiche sue».
Stessa differenza che c’è tra
Napoleone e il matto che crede d’essere Napoleone, ma feluca praticamente
uguale.
"una lista pazza ma laica".
RispondiEliminaOssignùr.
Sta malissimo, quel poveretto.
Stia bene Lei, La prego.
Ghino La Ganga
Ferrara. chi era costui ?
RispondiEliminaFerrara nessuno se lo fila più.
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