A vederlo assaltare un autoblindo, ti viene il sospetto che si tratti di un infiltrato. Solo quando è morto, e gli scopri il volto, t’accorgi che si trattava di un ragazzo. Anche un bravo ragazzo, a detta di sua madre e dei suoi amici. Dovresti sentirti un verme: come hai potuto sospettare che si trattasse di un agente mandato in piazza a creare disordini? Devi deciderti: o smetti di sospettare che una pacifica protesta possa degenerare in altro solo a causa di un piano ordito da chi vuole sabotarla, e allora con coerenza devi mandare a cagare la madre e gli amici del ragazzo morto, o con animo sereno e onesto accetti l’evidenza che nessuna protesta può essere tanto pacifica da dare piena assicurazione che resti tale. In altri termini: o metti in discussione le ragioni della protesta, quali che siano, o metti in discussione il dogma della nonviolenza.
Io ti consiglierei la seconda opzione, perché la protesta è sempre legittima, è sempre un diritto, talvolta è addirittura un dovere. Il fatto è che in sé ha sempre il germe della violenza, anche quando riesce a rimanere pacifica, che senza dubbio può essere preferibile, spesso conveniente, e tuttavia non sempre riesce ad essere possibile, anche quando la piazza non sia infiltrata da agenti provocatori. Negare il germe della violenza nella protesta è da ingenui e gli ingenui non hanno alcun diritto di lamentarsi.
Tutto sta – io credo – nel decidere la forma da dare alla violenza che è insita nella protesta (è per questo che chi professa il dogma della nonviolenza rigetta addirittura il termine “protesta”): quando è preferibile che non si traduca in atti violenti, ma dia segno di sé solo in potenza, c’è bisogno che la massa sappia darsi struttura organizzata, rinunciando al lirismo del momento spontaneo. Ogni protesta che assume forma spontanea dà luogo prima o poi ad atti violenti, perché l’istinto a tradurre in atto la potenza è proprio di ogni massa non organizzata. “Il principale avvenimento all’interno della massa è la scarica. Prima, non si può dire che la massa davvero esista: essa si costituisce mediante la scarica. All’istante della scarica i componenti della massa si liberano delle loro differenze e si sentono uguali. […] Solo tutti insieme gli uomini possono liberarsi dalle loro distanze. È precisamente ciò che avviene nella massa. Nella scarica si gettano le divisioni e tutti si sentono uguali. […] Ma l’istante della scarica, tanto agognato e tanto felice, porta in sé un particolare pericolo. È viziato da un’illusione di fondo: gli uomini che d’improvviso si sentono uguali, non sono divenuti veramente e per sempre uguali” (Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi 1981).
Io ti consiglierei di unirti alla protesta di una massa non organizzata solo se sei disposto a fare i conti con quella perdita più o meno grande della responsabilità personale che è inevitabile quando vuoi illuderti. Per meglio dire: nel farti parte di una massa non organizzata, ti assumi una quota di responsabilità che è sempre superiore a quella tua, e non parlo di responsabilità giuridica, ovviamente, ma di quel genere di obbligazione che è ineludibile nel mettere le proprie ragioni insieme a quelle altrui, nello stesso istante, nello stesso luogo, in nome di una comune protesta. Devi mettere in conto come minimo la delusione di veder fallire la protesta negli obiettivi che le avevi personalmente assegnato, fino ad essere costretto a constatare che tra un bravo ragazzo morto e uno schifoso agente provocatore passa la stessa differenza che c’è tra un Francesco Caruso e un Francesco Cossiga, che in pratica, per gli obiettivi che ti eri posto nel partecipare alla protesta, è nulla. Lo spontaneismo è sempre controproducente.
Lo spontaneismoè il prodotto dell'iperindividualismo della società liquida.
RispondiEliminaProprio così. Non si va alla protesta come individui, ma come frazioni di una massa.
RispondiEliminaUna cosa che mi scoraggia da anni.
Elias Canetti pensavo di essere rimasto solo io a leggerlo, comunque ci contano sulla punta delle dita
RispondiEliminaIl manifestante nonviolento, che oggi si dissocia apertamente dalle imprevedibili violenze degli infiltrati ("fascisti!"), ieri, preparandosi ad andare in piazza, eccitato dichiarava: "Cara mia, oggi è il giorno che mi arrestano"
RispondiEliminaIeri ero molto arrabbiato con te perchè sono rimasto due ore fermo al check-point di Qalandia, ma oggi ti fai perdonare. Facciamo che riprendo su Girard (ma Canetti lo conosceva? il contrario?). Buona domenica.
RispondiEliminaSe l'individuo che ammacca un autoblindo con un sasso (o più sassi), delega il suo potere alla massa, egli lo delega anche al servizio d'ordine del partito, del sindacato, o della famiglia S. (che il figlio ha frequentato '4 decenni di manifestazioni') che gli dice cosa può o non può fare, o gridare. Ogni volta che affronta una dimensione sociale dell'agire, l'individuo delega una frazione di sè ad altri. L'idea che questo agire possa o debba essere 'producente' è una delle sorti possibili dello stesso agire. In uno dei video che si possono vedere in queste ore, c'è un ragazzo senza maschere, con gli occhialini e una maglietta bianca, che urla "ci siamo ripresi la piazza. merde." mentre alza le braccia al cielo, probabilmente valutando come 'producente' l'appena avvenuta sassaiola a cui egli ha fattivamente partecipato.
RispondiEliminaInfine, Canetti parla della massa, qui si tratta di piccoli branchi.
Si vabbè, però in spagna, per esempio , hanno manifestato per giorni senza che si scatenasse il solito inferno che si scatena da noi. E così in tante altre parti d'europa e del mondo...
RispondiEliminagio
Secondo me non si tratta di un problema di spontaneismo, ma di minoranze organizzate. E quando dico "organizzate" non parlo di capi o leader. Cento persone riescono a coordinarsi da sole senza bisogno di qualcuno che dica loro cosa sfasciare:
RispondiEliminahttp://www.corriere.it/cronache/11_ottobre_16/imarisio-giovani-ultra-del-calcio_93576d2c-f7bf-11e0-8d07-8d98f96385a3.shtml
La presenza di sobillatori o agenti provocatori non può del tutto essere esclusa.Perchè solo in Italia la protesta è stata infiltrata e diurottata da violenti?
RispondiEliminaQualcuno dice che quanto e´accaduto da noi ... e´ accaduto soltanto da noi. E questo Canetti non lo spiega. Qualcun altro dice che movimenti di protesta storici da noi e solo da noi, si sono trasformati, storicamente, in lunghe vicende di sangue e terrore. E anche di questa mutazione in Canetti non c`e´traccia. Infine qualcun altro afferma che tutto cio´sia la conseguenza logica della nostra storica tendenza alla relativizzazione, a giustificare sempre qualcosa perche´ c´e` qualcos´altro, a mettere in relazione accadimenti che in realta´relativi non sono. Anche di questo non trovo traccia in Canetti ma ... lo ritrovo paro paro in Malvino al quale piace citare Canetti.
RispondiEliminaBoh! Forse e´solo un gioco di prestigio.
e questo?
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=T8TAFEi2b30&feature=related
... poi leggo il servizio di Bonini e Foschini su Repubblica di oggi e comprendo che lo "spontaneismo" si muoveva in passaggio ponte una volta al mese tra Brindisi e Patrasso e che la "massa non organizzata" di Malvino, quella della "scarica" per intenderci, aveva "fatto il master" ad Atene.
RispondiEliminaRileggero' "Massa e potere" con piu' attenzione: da qualche parte deve essere spiegata anche questa storia delle "falangi" e della guerra.
Ma tu ti fidi ancora di quegli stronzi, anonimo ?
EliminaNessun black block parlerebbe mai con la stampa,
e non certo a quel modo.
La repubblica, come spesso succede, si è inventata
un'intervista in cui mettono in bocca ad un personaggio
anonimo cose lette in rete o sentite da qualche parte.
E questo è il motivo per cui le manifestazioni sono piene di giovani.
RispondiEliminaDa giovane questo salto nel buio è ammissibile, o per lo meno lo era per me. Adesso non più.
(soltanto in Italia? Questo mese, forse)