lunedì 6 giugno 2011

Commemorando e ricommemorando

Venti morti e più di trecento feriti: si commemorava la Naksa, la sconfitta che gli israeliani infersero nel 1967 a una coalizione di tre o quattro stati arabi che avevano accumulato truppe e armi pesanti ai confini dello Stato di Israele, dando l’impressione di non avere intenzioni pacifiche. Quella volta furono gli israeliani ad attaccare per primi, come avevano già fatto nel 1956 contro l’Egitto, ma è che subito dopo la sua fondazione, nel 1948, lo Stato di Israele era stato attaccato da cinque o sei paesi (Siria, Egitto, Libano, Iraq, ecc.), che subirono una disfatta percepita in tutto il mondo arabo come catastrofe (Nakba), commemorata tre o quattro settimane fa con un prezzo di poco inferiore: una dozzina di palestinesi morti e circa duecento feriti.
È che il modo in cui i palestinesi amano commemorare Naksa e Nakba non è immune da pericoli: violare i confini di uno stato sovrano, per giunta tirando sassi ai soldati israeliani che stanno lì per evitare che vengano violati, è per lo meno rischioso. Rischio che pare non impensierire i commemoranti, che infatti a questo genere di scampagnate oltre frontiera portano pure mogli e figli.
Non so se ansa.it possa essere citata come fonte attendibile. Se è così, pare che anche oggi le cose siano andate come il 15 maggio scorso: “I primi incidenti si sono verificati sulla Collina delle urla, nei pressi del centro druso di Majdal Shams, dove centinaia di dimostranti palestinesi e siriani provenienti da Damasco si sono lanciati contro le postazioni israeliane. Mediante megafoni, i militari hanno allora avvertito in arabo che chi avesse oltrepassato i reticolati di confine sarebbe stato colpito da proiettili. Poi hanno sparato in aria, a scopo dissuasivo. Infine hanno sparato alle gambe di chi maggiormente si esponeva. In questa fase il bilancio delle vittime è rimasto contenuto. Ma alcune ore dopo oltre un migliaio di persone si sono radunate a Quneitra, nella zona centrale del Golan, per cercare di forzare da là le linee israeliane”.
In casi come questi è difficilissimo stabilire di chi sia la colpa, tutto sta nell’essere sostenitore delle ragioni dei palestinesi o di quelle degli israeliani. Evitiamo di andare troppo a ritroso nel tentativo di verificare in radice le une e le altre (da un lato c’è chi ritiene che gli ebrei starebbero meglio in Australia o in Madagascar o sparsi un po’ di qua e di là, dall’altro c’è chi sostiene che vi sia traccia della loro presenza nelle terre che oggi occupano, datata tre o quattro millenni) e limitiamoci a dire che chi sostiene la causa palestinese considererebbe cosa ragionevole che i soldati israeliani accogliessero gli sconfinanti con ghirlande di fiori e caraffe di limonata. Anche stavolta sono stati delusi e dunque anche stavolta dobbiamo aspettarci una chiamata al lutto.


13 commenti:

  1. Caro Malvino, tu rimproveri sempre ai palestinesi la colpa di farsi usare dalla potenza araba di turno. Eppure, come nel caso delle scorse proteste per il giorno della Nakba, l'impressione è che questo movimento sia spontaneo e ispirato dal clima generale di rivolta che viene dall'Egitto e dalla Tunisia. A Gaza, per esempio, è stata Hamas ad impedire ai dimostranti di marciare verso il confine (fonte: JPOST, in coda all'articolo). Questione di convenienza politica? Può darsi, ma rimane il fatto che non è stata Hamas ad organizzare quelle proteste.

    È vero che nei modi i palestinesi protesteranno sempre in maniera sbagliata, cioè negando agli israeliani il diritto di esistere, ma converrai che spesso i modi non coincidono perfettamente con lo spirito di una protesta, e magari, dando così tanto risalto alle questioni ideologiche, rischiamo di perdere di vista i veri motivi per cui quelle persone si vanno a far sparare addosso.

    Buon inizio di settimana,

    RispondiElimina
  2. @ Junkie
    Ti ringrazio dei toni pacati e ricambio.
    I "manifestanti" venivano dalla Siria: sarà mica che Assad stia deviando in Israele "questo movimento spontaneo e ispirato dal clima generale di rivolta che viene dall'Egitto e dalla Tunisia", per non doverci spararci sopra lui personalmente?

    RispondiElimina
  3. "chi sostiene la causa palestinese considererebbe cosa ragionevole che i soldati israeliani accogliessero gli sconfinanti con ghirlande di fiori e caraffe di limonata."

    È troppo chiedere che non gli si spari contro?

    RispondiElimina
  4. @ dangp
    È troppo chiedere che non si violino i confini dello Stato di Israele?

    RispondiElimina
  5. De iure (internazionale), quello non è il confine dello Stato di Israele. Il che ad ogni modo è irrilevante: tentare di passare una linea di cessate il fuoco, tra campi minati, filo spinato, e pattuglie dell'IDF, è una grandissima idiozia.

    RispondiElimina
  6. @Malvino:
    Certamente il regime Siriano ha un disperato bisogno di distrarre altrove l'attenzione internazionale nei confronti della repressione brutale che sta mettendo in atto, e queste proteste capitano a fagiolo, ma non avendo molti dati a disposizione possiamo fare solo delle speculazioni su chi le abbia effettivamente organizzate.

    Una manciata di persone disposte a bruciare una bandiera Americana o Israeliana per le telecamere della TV di stato il regime le trova sempre, ma del resto non possiamo nemmeno escludere l'ipotesi che quelle persone siano partite di loro volontà e che siano arrivate fin sotto la linea di confine semplicemente perché nessuno delle forze di sicurezza di Assad fosse lì ad impedirglielo. Potrebbe essere che la cosa faccia buon gioco al regime, oppure che esso non sia più in grado di tenere sotto controllo la situazione, o una via di mezzo.

    Vedremo come evolverà la situazione. Ma se l'impressione che le rivolte stanno partendo dal basso risultasse fondata, Israele non rischia di commettere un errore continuando a vederle secondo i vecchi schemi?

    RispondiElimina
  7. @ Junkie
    Temo che Israele sia costretta ad avere a cuore solo la propria sopravvivenza.

    RispondiElimina
  8. @Junkie
    Se quelle persone sono arrivate alla BRAVO Line, è perché Assad glielo ha -perlomeno- permesso. Forse ha problemi a tenere sotto controllo altre manifestazioni, ma non si arriva a Quneitra tanto facilmente. Ho lavorato nel Golan per 14 mesi, fino allo scorso gennaio: non si entra in quella città senza un lasciapassare per i numerosi posti di blocco di esercito e Mukhabarat...

    RispondiElimina
  9. @écr.l'inf.
    Interessante: che facevi di bello da quelle parti?
    E secondo te Assad dura o dovra' farsi da parte?

    RispondiElimina
  10. fino a quando un padre Palestinese dovrà attraversare barriere militari per portare il proprio figlio in ospedale, correndo il rischio di vederselo morire tra le proprie braccia, sarà difficile, che in giorni come questi, si porrà il problema se difronte troverà fiori o fucili.
    Antonio Madera

    RispondiElimina
  11. @Shylock
    Lavoravo come osservatore militare per l'ONU.
    Secondo me Assad durerà (non vedo l'interesse, né occidentale né israeliano, ad un salto nel buio). Ma non mi sarei mai nemmeno aspettato queste rivolte (che i miei amici cristiani di Damasco non appoggiano), quindi chi può dire... D'altra parte, non è nemmeno chiaro chi e a quali scopi stia appoggiando la rivolta dall'estero.

    RispondiElimina
  12. @écr.l'inf.
    "non vedo l'interesse, né occidentale né israeliano, ad un salto nel buio".
    Beh, si poteva dire la stessa cosa di Mubarak.
    "non è nemmeno chiaro chi e a quali scopi stia appoggiando la rivolta dall'estero".
    Quindi secondo te sono eterodiretti? E piu' in generale, c'e' una regia complessiva nelle rivolte nel mondo arabo?

    RispondiElimina
  13. Ad Anonimo:
    finchè ci sarannto terroristi che si fanno esplodere in piazze, discoteche e scuolabus israeliani, le barriere militari continueranno a esserci.
    Finchè i Palestinesi non riconosceranno il diritto di Israele a esistere,temo che si andrà avanti così.

    RispondiElimina