A due settimane dal
referendum del 4 dicembre mi accorgo che sulla tessera elettorale non
ho più spazi liberi per la certificazione del voto, ma la grave
forma di allergia che da sempre mi si scatena a meno di tre metri da
un qualsiasi sportello della pubblica amministrazione mi pone seri
ostacoli al suo rinnovo, al punto da considerare l’ipotesi
di soprassedere, unendomi così ai tanti che di sicuro anche
stavolta, per le più svariate ragioni, si asterranno.
Sì, ma poi
come giustificarlo? Mettiamo caso, per esempio, che fra qualche anno
un nocillo o un limoncello accenda a fine cena la discussione sul
referendum del 2016, e qualcuno mi chieda cosa votai in quella
occasione, che figura rimedierei a rispondere che preferii astenermi
perché la tessera elettorale aveva esaurito gli spazi per il bollo e
mi scocciava rinnovarla?
Nell’ipotesi
che vinca il Sì, e di conseguenza l’Italia
sia già proiettata nel luminoso futuro che così le si aprirebbe fin
dal 5 dicembre, ci farei la figura di chi non vi ha contribuito in
alcun modo, nemmeno con un No del quale dirmi pentito, offrendo così
al Partito della Nazione il mio pentimento a edificazione del più
alto sentimento patrio.
Nell’ipotesi
che vinca il No, invece, rimedierei comunque il meritato biasimo per
non aver fatto nulla per tirar fuori il paese dalla palude nella
quale senza alcun dubbio ci ritroveremmo, senza poter offrire neppure
uno «sbagliai» in onore di chi a
ragione paventava tanta sciagura.
No, è chiaro che in entrambi i
casi rimedierei una figura di merda. Se voglio scansare la rottura di
cazzo del rinnovo della tessera elettorale, devo costruirmi una
solida argomentazione in favore dell’astensione, tanto più perché in giro non se ne vede, ma devo sbrigarmi, perché al 4 dicembre manca poco.
La
fretta, tuttavia, non deve venire a detrimento della solidità della mia
posizione. Piglierò il meglio del tiepidume che è girato in questi
ultimi mesi, e con un pezzetto da chi «non ho deciso ancora, deciderò
all’ultimo
minuto», uno da chi «ho deciso, ma non dico cosa voterò», uno da
chi «la riforma fa schifo, ma è meglio che niente», uno da chi «il
Sì, non so, però, col No, vince l’instabilità», vedrete, saprò rabberciare un vestitino di onestà intellettuale da far morir
di invidia anche i più scaltri criptorenziani che non fanno il tifo per il Sì perché temono vinca il No e anche i più scafati pseudoantirenziani che «la Costituzione va salvata, sì, però che schifo ’st’accozzaglia».
Sono nella stessa situazione, ma quello che mi dispiace, in realtà, è dover restituire la vecchia tessera, con i suoi bei timbri che testimoniano quindici anni di onorato esercizio del diritto di voto. Credo che ne fingerò lo smarrimento con apposita autocertificazione. L'idea di poter conservare il vecchio cimelio attenuerà la noia dell'inevitabile visita all'ufficio elettorale comunale.
RispondiEliminaSta per caso cercando di stanarmi dal laboratorio di idee in cui mi sono rinserrato?
EliminaPuoi scannerizzarla
EliminaFra qualche anno potresti raccontare ai tuoi commensali, tra un rutto e l'altro, che nel 2016 ricevesti, dopo questo post, una cassa di limoncello da Renzi e una di nocino da Verdini.
RispondiEliminaoI sarò fuori Italia per motivi di lavoro, quindi c'ho l'alibi......devo trovarne altri per i buchi vuoti nella scheda.....nel caso accetto solo whisky bourbon riserva 14 anni, me ne bastano 2 gotti, sono astemio.....
RispondiEliminaPremesso che anche io soffro della medesima allergia quando ho dovuto richiedere la tessera elettorale nuova penso di averci messo 30 secondi.
RispondiEliminaChe scendono a 10 se escludiamo i 20 secondi di commenti con l'impiegato a proposito del mio vicino di casa pdiota che, approfittando del fatto che quando è venuto il messo non ero in casa e del suo status di assessore l'ha ritirata in mia vece e poi non me l'ha portata.
Lo ricordo ancora come uno dei miei contatti più felici con la pubblica amministrazione
Antonio
p.s.
Per completezza dell'aneddoto si parla di qualche anno fa; con l'avvento di Renzi il mio vicino è stato dimesso da assessore ed ora si è unito all'accozzaglia del no
Non faccia scherzi da prete, Malvino, non è da lei.
RispondiEliminapotrebbe..."buttarsi malato" all'ultimo minuto. Ma a proposito: i medici possono autocertificare il proprio stato di salute ?
RispondiEliminaMi capitò la scorsa primavera di rinnovare il certificato elettorale e ti assicuro che la domenica mattina, all'Ufficio comunale preposto, gli impiegati erano così lieti e sorridenti che mi fecero lo stesso effetto di un antistaminico.
RispondiEliminaCi vuoi mettere alla prova? ah aha ha. Grande.
RispondiEliminaMa non regge :- )) se hai scritto 30, non puoi non votar 31. E' pacifico.
Quindi non può esser la pigrizia o peggio l'allergia alla pubblica amministrazione. Basta scegliere i tempi giusti e non c'è nessuno, ci metti cinque minuti e son persino cortesi. Anch'io credevo.. da buon agnostico, anch'io credevo.
Anche volendo non puoi più nasconderti dietro alla pseudopigrizia o all'opportunismo o alla paura del giudizio di amici blogger pseudomoderati e in realtà ultras governativi (e come sai repressi al punto giusto, da buttarsi giù dal ponte sullo stretto.. visto che tra i firmatari della riforma costituzionale concepita nel 2014 compare anche il nome di Silvio Berlusconi). I democratici a pressione. E se non c'è la valvolina per il vapore è un problema per tutti. Mine vaganti.
La grave forma di allergia alla pubblica amministrazione è altra cosa, una malattia di origine culturale ma anche religiosa nel caso di certa propaganda confindustriale ... e a volte pericolosa. Ad esempio nel caso in cui la pubblica amministrazione prende le sembianze di un ospedale e la tessera quelle di una ricetta medica per la diagnosi di un male culturalmente innominabile. Innominabile come la mafia per Confindustria ad esempio, per decenni. Non perchè ce l'abbia particolarmente con confindustria, ma a volte sono allergico ai grembiulini bianchi che dettano legge di ventennio in ventennio
E contagiosa come una scimmia.
e allora si può scegliere, è una responsabilità: nascondersi o uscire allo scoperto schivando gli schizzi d'inchiostro degli altri amici bloggers pseudomoderati ultras governativi. Una dinamica nota agli intellettuali durante il periodo fascista. Fascisti su marte.
Quindi la butterei sull'estetica prima di tutto: molti timbrature sono illeggibili e fuori dagli spazi non avevano nessuna voglia di far la parte della pubblica amministrazione, o pensavano al compenso, e si capisce subito dato che non è facile maneggiare quel dannato timbro. E' un timbro emozionale.