domenica 20 novembre 2016

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A me pare che il «da ucciderla» di cui tanto si è parlato in questi ultimi giorni fosse uniperbole, figura retorica cui peraltro Vincenzo De Luca ricorre di continuo. Certo, per sua stessa natura, liperbole può risultare irritante come ogni altra forma di eccesso, ma questo non consente in alcun modo di prendere alla lettera limmagine che le dà effetto. Ritengo esagerate, dunque, le reazioni che hanno fatto seguito allintervista mandata in onda qualche sera fa da Matrix, nella quale peraltro laffermazione cadeva in un inciso, e trovo francamente strumentale il leggerla come una condanna a morte in stile mafioso.
Direi che quel «da ucciderla» sia da considerare in questi termini: se alla politica non fossero di regola preclusi quei mezzi che altrimenti le darebbero continuazione in guerra secondo il noto adagio di Carl von Clausewitz, leliminazione fisica di un avversario sarebbe pienamente legittima, e con liperbole lo diventa, perché leccesso col quale essa si incarica di rappresentare una data situazione mira a rivelarne la natura alterandone il grado. Messa in questo modo, penso che la questione perda il peso che le si è inteso dare, per offrirsi eventualmente solo come spunto a una eventuale discussione sulluso delle figure retoriche nel dibattito politico, se non fosse che sarebbe un doppione di quella già tenutasi sulla «rottamazione».
Credo che invece l’attenzione possa più proficuamente applicarsi a considerare il casus belli: «Ci abbiamo perso un 1,5-2% di voti», dice Vincenzo De Luca, con ciò chiarendo in cosa abbia avvertito la ferita che, almeno nelle intenzioni da lui attribuite a Rosy Bindi, ritiene intendesse esser mortale, dando con ciò legittimità a una risposta che in guerra è sempre ben commisurata alloffesa, perché uccidere chi vuole ucciderti è il senso primo e ultimo di ogni impresa bellica. Va tuttavia fatto presente che tale perdita non ha impedito a Vincenzo De Luca di vincere su Stefano Caldoro, suo più diretto concorrente, con quasi il 3% in più di voti, e dunque la questione va posta in questi termini: «da ucciderla», sia, ma quando? Lì per lì, quando la ferita sembrava potesse essere mortale, o anche dopo che lesito non si è rivelato tale? Chiudiamo un occhio sulliperbole, ma chiariamo se in guerra si debba o meno fare prigionieri. Così, giusto per sapere come comportarci il giorno che Vincenzo De Luca dovesse capitarci sotto mano finalmente disarmato. 

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