A
me pare che il «da ucciderla»
di cui tanto si è parlato in questi ultimi giorni fosse un’iperbole,
figura retorica cui peraltro Vincenzo De Luca ricorre di continuo.
Certo, per sua stessa natura, l’iperbole
può risultare irritante come ogni altra forma di eccesso, ma questo
non consente in alcun modo di prendere alla lettera l’immagine
che le dà effetto. Ritengo esagerate, dunque, le reazioni che hanno
fatto seguito all’intervista
mandata in onda qualche sera fa da Matrix,
nella quale peraltro l’affermazione
cadeva in un inciso, e trovo francamente strumentale il leggerla come
una condanna a morte in stile mafioso.
Direi che quel «da
ucciderla» sia da considerare
in questi termini: se alla politica non fossero di regola preclusi
quei mezzi che altrimenti le darebbero continuazione in guerra
secondo il noto adagio di Carl von Clausewitz, l’eliminazione
fisica di un avversario sarebbe pienamente legittima, e con
l’iperbole
lo diventa, perché l’eccesso
col quale essa si incarica di rappresentare una data situazione mira
a rivelarne la natura alterandone il grado. Messa in questo modo,
penso che la questione perda il peso che le si è inteso dare, per
offrirsi eventualmente solo come spunto a una eventuale discussione
sull’uso
delle figure retoriche nel dibattito politico, se non fosse che
sarebbe un doppione di quella già tenutasi sulla «rottamazione».
Credo che invece l’attenzione
possa più proficuamente applicarsi a considerare il casus
belli: «Ci abbiamo
perso un 1,5-2% di voti», dice Vincenzo De Luca, con ciò
chiarendo in cosa abbia avvertito la ferita che, almeno nelle
intenzioni da lui attribuite a Rosy Bindi, ritiene intendesse esser
mortale, dando con ciò legittimità a una risposta che in guerra è
sempre ben commisurata all’offesa,
perché uccidere chi vuole ucciderti è il senso primo e ultimo di
ogni impresa bellica. Va tuttavia fatto presente che tale
perdita non ha impedito a Vincenzo De Luca di vincere su Stefano
Caldoro, suo più diretto concorrente, con quasi il 3% in più di
voti, e dunque la questione va posta in questi termini:
«da ucciderla»,
sia, ma quando? Lì per lì, quando la ferita sembrava potesse essere
mortale, o anche dopo che l’esito
non si è rivelato tale? Chiudiamo
un occhio sull’iperbole,
ma chiariamo se in guerra si debba o meno fare prigionieri. Così,
giusto per sapere come comportarci il giorno che Vincenzo De Luca
dovesse capitarci sotto mano finalmente disarmato.
ammazza quant'è democratico
RispondiEliminanon sapevo che rosi bindi fosse trombetto. di malvino, per di più.
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