martedì 24 gennaio 2017

«Serve un grande manifesto dell’ottimismo»

Viviamo nel migliore dei mondi possibili, ma sordidi figuri, mossi da oscuro e insanabile disagio esistenziale, ce ne guastano il pieno godimento alternando molesta lagnanza a rabbioso malcontento. Che fare? «Serve un grande manifesto dellottimismo», propone Claudio Cerasa (Il Foglio, 24.1.2017), rammentandoci che la vita è bella, e che la globalizzazione lha resa tale anche a centinaia di milioni di individui che solo fino a qualche anno fa morivano letteralmente di fame.
Come dargli torto? Dove ieri regnava la più nera miseria, oggi ci sono moltitudini che guadagnano trenta, quaranta, talvolta perfino cento dollari al mese, per dieci, dodici, talvolta pure quattordici ore di lavoro al giorno, che sarà pure sfruttamento, ma come negare che costituisca un notevole miglioramento delle loro condizioni di vita? Niente da fare, «mercanti delle paure, signori dellapocalisse, prìncipi del disfattismo» si ostinano a dire che tutto va a catafascio, rifiutandosi di «osservare il mondo, e dunque la globalizzazione, nella sua meravigliosa complessità».
Davvero un peccato, questo richiamo di Claudio Cerasa a considerare la complessità della globalizzazione, perché una generica esortazione allottimismo ci avrebbe consentito di non mettere da parte lironia con la quale si è fin qui potuto evitare di dargli dello stronzetto. E dunque andiamola a considerare, questa complessità.

Da cosa nasce questo improvviso, ancorché assai relativo, benessere che piove addosso a centinaia di milioni di individui che solo fino a qualche anno fa morivano letteralmente di fame? Dalla logica che impone al capitalismo di abbattere i costi della produzione per massimizzare il profitto, cosa che può essere ottenuta solo in due modi, peraltro non alternativi luno allaltro: sostituendo quanto più possibile al lavoro degli uomini quello delle macchine e procacciandosi manodopera al più basso costo possibile. (In realtà, fra i costi della produzione andrebbero considerati anche quelli relativi alla materia prima, alla distribuzione del prodotto finito e alle tasse, ma al momento teniamoli da parte.)
Dopo poco più di mezzo millennio lungo il quale questa logica ha trionfato, a che punto siamo? In altri termini, cosa possiamo attenderci dal fatto che il costo del lavoro tenderà inevitabilmente ad aumentare anche laddove ora è bassissimo, come d’altronde è sempre accaduto nel corso della storia con la sola eccezione dei casi in cui il lavoro era affidato a schiavi cui era negata ogni rivendicazione? Per meglio dire: quale sarà la situazione quando non sarà più possibile tenere alti i profitti avendo a disposizione sempre nuova manodopera da pagare meno di quella già precedentemente impiegata? E quanto tempo manca ancora perché questa situazione si realizzi continuando a ritenere senza alternative un capitalismo senza regole e senza freni?
Anche ammettendo che possa essere globalmente uniformato un regime di bassi compensi, il che ovviamente potrebbe ottenersi solo mediante l’uso della forza, verrebbe inevitabilmente meno la domanda dei beni prodotti, e con ciò si arriverebbe a un crollo della produzione. Ma anche ammettendo che il profitto possa mantenersi alto con la riduzione delle tasse, c’è da chiedersi come tale espediente possa risultare efficacemente stabile nel tempo dovendone comunque rimettere la perdita a carico della collettività. In quanto a cercare di ridurre il costo delle materie prime, è credibile possa risultare possibile a fronte della loro progressiva riduzione o della progressiva difficoltà a reperirle?
Pare evidente che, anche a voler perpetuare il sistema entro il quale la logica capitalistica ha fin qui potuto trovare brillanti soluzioni alle sue cicliche crisi, si debba mettere in conto una sua crisi di sistema, che potrà evitare il blocco delle forze produttive e il suo crollo solo grazie ad unaccumulazione del capitale su basi sempre più ristrette, il che comporterà un inevitabile innalzamento delle tensioni sociali.

Certo, non deve darsi per scontato che la logica del capitale porti a una sterminata moltitudine di schiavi sulla quale imperi una sola potentissima multinazionale che, dopo aver eliminato ogni concorrente, prenderà il controllo totale sulla vita del pianeta, né che questa rappresentazione un po fumettistica di un futuro che solo un ingenuo può pensare già scritto preveda giocoforza una rivolta violenta che porti al caos o, a piacere, a una dittatura del proletariato. E che diamine, Claudio Cerasa ci invita a considerare la complessità della globalizzazione, non possiamo cavarcela a questo modo.
E allora diciamo che quasi certamente non andrà così. Chi fin qui ha potuto trarre profitto da una globalizzazione senza regole potrà anche cedere alla tentazione di approntare soluzioni a breve termine, le solite, alternando concessioni a repressioni, ma poi si farà strada, e probabilmente siamo già a buon punto, la convinzione che un crollo del sistema può essere evitato solo cambiando tutto, perché tutto resti uguale. Occorreranno enormi risorse perché la transizione possa essere avvertita come tollerabile, o addirittura attraente, ma queste sono già disponibili, pronte ad essere spese per reclutare migliaia e migliaia di stronzetti che ci inviteranno a guardare il futuro con ottimismo. 

15 commenti:

  1. capitalismo, globalizzazione, profitti... tutto apparentemente logico e coerente. Per secoli gli economisti si sono basati sull'idea che partendo dal capitale si acquistano i macchinari e le materie prime, si pagano gli operai, si fabbricano i prodotti, si vendono, si genera profitto, si accumula nuovo capitale... e così via a generare ricchiezza. Purtroppo sono partiti dall'effetto, e non dalla causa. Il capitale è una rappresentazione numerica della ricchezza, che viene prodotta non a partire dai soldi, ma dall'energia. Prima c'era solo quella animale. Poi è arrivato il carbone, poi il petrolio, il gas, il nucleare ecc. L'energia ha permesso di produrre l'enorme ricchezza che ci circonda, non il capitale. Questo ne è la conseguenza, un modo per gestirla. Il problema è che tutta questa energia non è infinita. La stiamo esaurendo, ce ne sarà sempre meno, mentre la popolazione continua ad aumentare. Indipendentemente dalle scelte politiche, sociali, economiche eccetera, questo è il problema con cui dovremo fare i conti.

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    1. Sì, ma mi raccomando: con ottimismo.

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    2. @ Fetente
      Direi che anche guardare all'energia per spiegare la ricchezza è partire da un effetto e non dalla causa. Andando a ritroso troviamo la tecnologia e infine il metodo scientifico (ed in questo necessariamente il libero discorrere di idee). Si potrebbe sostenere che la crescita costante dei consumi abbia come carburante il costante progresso tecnologico, che da miccia ne è ormai diventato il propulsore obbligato in una sorta di matrimonio combinato.
      Ho qualche perplessità anche sull'affermazione che stiamo esaurendo l'energia disponibile e ce ne sarà sempre meno: a parte che un fattore di attenuazione è rappresentato dal costante incremento di efficienza, direi che tutto dipenda dalla capacità di creare nuove fonti di energia. Un esempio su tutti si è avuto con il nucleare, più lontano dall'esaurimento di altre forme di sfruttamento (e che, in barba alle fobie, avrebbe soppiantato oggi stesso tutte le altre fonti se queste fossero state esaurite); ma non si può escludere che nel momento di necessità vengano inventate nuove e migliori forme.

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  2. Beh oddio. Fuori dalle fabbriche cinesi ci sarà la fila per lavorare dodici ore al giorno, ma è sempre meglio di prima quando con le stesse ore nei campi manco eri sicuro di mangiare, dipendeva dal meteo.
    Ed è innegabile che l'impoverimento dell'Occidente sia anche dovuto all'arricchimento dei paesi emergenti, pur con logiche redistributive un po' naive.
    Poi l'ottimismo lasciamolo a Cerasa, ingneristicamente stiamo facendo crescere il consumo in un sistema chiuso, questo implica che la questione non è se, ma quando collasserá.

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    1. Senza un colpetto non collasserà.

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    2. Beh nell'ultimo viaggio in Cina per migliorare la qualità dell'aria che stavo respirando mi accesi una marlboro. Magari sarà un colpetto di tosse.

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  3. dove c'è economia di mercato c'è più libertà che dove questa è limitata.

    vaglielo a spiegare ai camerieri o a chi lavora nei call center.
    vaglielo a spiegare ai cinesi che lavorano 29 ore al giorno...

    etc etc

    beh, se glielo andate a spiegare loro lo hanno già capito.

    gli unici che fanno finta di non capire sono quelli (cresciutelli) che ancora pensano di leggere il temino di fronte alla classe al liceo.
    con applauso contro l'ingiustiza.

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  4. Temo che molta parte delle «enormi risorse [...] già disponibili», solo una minima finanzi la diffusione dell'ottimismo da parte degli stronzetti, mentre la più cospicua serva a reclutare molte guardie a difesa di eventuali "colpetti" al sistema (e di sputi agli stronzetti).

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  5. Caro Malvino, tra gli stronzetti che ci invitano a guardare il futuuro (di maggiore diseguaglianza sociale) con ottimismo, ci metterei anche quei giornalisti che si sforzano tanto di far passare l'idea che "gli insetti sono il cibo del futuro!" (ma immagino che i ricchi continueranno a mangiare caviale e prosciutto di Parma), e gli amministratori urbani che vogliono convincerci che "andare tutti in bicicletta o a piedi, anche a 90 anni, è dovere dei cittadini responsabili1 Al bando le auto!" (ma immagino che i ricchi continueranno a muoversi con l'autista, e non avranno problemi a pagare anche 50 euro di ticket per entrare in centro, un centro finalmente libero dagli automobilisti "pezzenti" costretti ad ammassarsi sottoterra nei vagoni sudaticci e fatiscenti della metropolitana....

    Cocco Bill

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    1. Purtroppo il tabù del controllo delle nascite non è appannaggio dei ricchi, ma ci colpisce tutto.

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    2. Cocco, io non ho mica capito dove vuoi andare a parare. Condivido il disprezzo per il tecnoottimismo d'accatto, ma non vedo perché andare in bicicletta sia peggio che andare in macchina. Andare in macchina è una triste necessità, andare in bici un privilegio. E anche oggi (come è sempre stato) ci sono più novantenni in bici che in auto. Poi non so, forse tu gli insetti non li hai mai mangiati (io sì, per dire), perché sputarci sopra? Ben contento di mangiare insetti e consentire a te qualche bistecca in più; sempre meglio che girare in bici e lasciare la strada a chi mi fa respirare la sua merda.

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  6. "Occorreranno enormi risorse...ma queste sono già disponibili"

    scusi, Malvino, a quali risorse sta pensando ? All'emissione di moneta ?

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  7. Parlando di ottimismo ,nel quadro sopra descritto, altro non resta che "prenderlo in quel posto "però con un sano ottimismo e pragmatico.
    Pragmaticamente si potrebbe pure evitare di leggere Cerasa e il Foglio, di modo che anch'essi possano partecipare al sano ottimismo di cui appena detto !

    caino

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  8. Innalzamento delle tensioni sociali, crollo del sistema, crisi inevitabile...una soluzione a tutto questo si è sempre trovata. Si chiama guerra.

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  9. Paradossalmente la soluzione, se si vuole mantenere la proprietà dei mezzi di produzione,è il REDDITO di CITTADINANZA.

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