Se uno cerca di pigliarmi per il culo, di regola m’incazzo. E però dipende. Più sofisticato è il tentativo, meno m’incazzo. Posso arrivare addirittura a non incazzarmi affatto, se ritengo l’inganno di livello sopraffino. Al contrario, se si tratta di una volgare presa per il culo, m’incazzo come un animale, perché nella grossolanità dell’artificio leggo l’aggravante dell’offesa. È questo il caso dell’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di oggi.
“Ieri l’altro il vescovo di Bruges; giovedì quello di Kildare e Leighlin, ultimo di tre prelati irlandesi; subito prima il vescovo di Augsburg, il vescovo norvegese Muller e monsignor John Magee, ex segretario di vari Papi. In modo impressionante si susseguono a raffica le dimissioni di alti dignitari della Chiesa cattolica, colpevoli più o meno confessi, nella maggioranza dei casi, di abusi sessuali nei confronti di minori. Insomma, l’opera di pulizia auspicata con parole di fuoco da Benedetto XVI quando era ancora il cardinale Ratzinger (e quando su questi temi – mi sembra importante notarlo – l’opinione pubblica non si faceva sentire) va avanti con decisione senza guardare in faccia a nessuno”.
A quell’“insomma” mi offendo e m’incazzo di brutto: rifilarmi le dimissioni a raffica come effetto immediato e diretto di ciò che Joseph Ratzinger – per la stessa ammissione di Ernesto Galli della Loggia – si sarebbe limitato ad “auspicare”, e più di cinque anni fa, mi pare una volgarissima presa per il culo.
Dal 1981 al 2005, mentre è a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, Joseph Ratzinger non fa altro che insabbiare tutti i casi di pedofilia che gli vengono segnalati da ogni parte del mondo, e nel 2001 firma la De delictis gravioribus che in sostanza ribadisce quanto era scritto nella Crimen sollicitationis, col solo merito di portare l’opinione pubblica a conoscenza della sua esistenza; poi, nel 2005, sospira un vago: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa!”, che può significare tutto e niente. Questo, per Ernesto Galli della Loggia, avrebbe provocato le dimissioni degli otto vescovi.
Mica l’ondata di sdegno internazionale dinanzi ai centinaia e centinaia di casi fin qui occultati proprio dietro direttiva della Congregazione per la Dottrina della Fede ed oggi rivelati dalle vittime che piano piano trovano il coraggio di denunciare quello che hanno subito. Mica l’impossibilità di continuare a governare diocesi che sono sgomente e atterrite nel venire a conoscenza di quali criminali le governassero. Macché, tutto accade perché l’ha voluto il papa, fin da quand’era cardinale.
Se uno tentasse di barare in questo modo all’altro capo del tavolo di gioco, mi alzerei e gli romperei la mia sedia in testa. Ernesto Galli della Loggia, per sua fortuna, bara a debita distanza.
“Si tratta di un’importante opera di disciplinamento e in certo senso di autoriforma della Chiesa, dietro la quale si intravedono però fenomeni più ampi e significativi che non rendono troppo azzardato parlare di una vera svolta storica. Per la prima volta, infatti, la Chiesa cattolica si spoglia di sua spontanea volontà di ogni funzione di intermediazione – e per ciò stesso, inevitabilmente, di «protezione» – nei confronti dei propri membri. Si priva di ogni attribuzione e volontà di giudizio nel merito, di decisione sua propria ed autonoma nei loro riguardi. Lo fa, per giunta, non in seguito a provvedimenti giudiziari emanati da una qualche autorità civile di cui le è giocoforza prendere atto, ma per l’appunto in via preliminare”.
“In via preliminare”, un cazzo. Ci sono diocesi che hanno dovuto dichiarare il fallimento negli Stati Uniti ed altre che hanno dovuto sborsare cifre enormi per risarcire le vittime degli abusi sessuali a danno di minori commessi da preti cattolici.
Tranne che in Italia, dove i giornali cercano di mettere la sordina a ciò che avviene in ogni parte del mondo, dall’Australia al Brasile, dalla Germania al Canada, dall’Irlanda al Belgio, ecc. – tranne che in Italia, dove i vaticanisti sono ridicole parodie di giornalisti – ovunque è chiaro che la Santa Sede cerca di tamponare come può, sacrificando chi ormai è indifendibile per colpa palese.
Ad essere buoni, si tratta di un assai tardivo senso di colpa di Ratzinger e Bertone; ad essere maliziosi, i due cercano di rifarsi una verginità, esibendo un rigore che è più nella forma che nella sostanza, perché, ad affondare troppo il bisturi nel bubbone, il pus li schizzerebbe.
Per Ernesto Galli della Loggia, invece:
“Qualunque membro del clero, non importa il suo grado, abbia avuto comportamenti sessuali illeciti ha l’obbligo, per così dire, dell’autodenuncia e di affrontare quindi le conseguenze dei propri atti davanti alla giustizia laica. Allo stesso modo, sembra di capire…”
[la presa per il culo sta tutta negli incisi, si tratta di artificio dozzinale]
“… qualunque istanza gerarchica cattolica venga a conoscenza di atti sessuali illeciti commessi da un membro del clero ha l’obbligo d’ora in avanti della denuncia immediata all’autorità civile. In nessun modo, insomma, il peccato fa più da schermo al reato. Non so quanti precedenti ci siano di un indirizzo del genere: certo pochissimi, forse nessuno”.
Perché, di grazia, quando la gangrena mette a rischia la vita, non si provvede all’amputazione? Che c’è di eccezionale nel liberarsi di ciò che può diventare letale?
“Come si sa, infatti, la Chiesa cattolica si è sempre considerata una societas perfecta, un’organizzazione che non riconosceva per principio alcuna istanza umana a lei sovraordinata, a cominciare dallo Stato. Nella sua ottica essa poteva sì rinunciare, quando fosse il caso, alle più svariate prerogative, competenze, diritti o che altro, ma sempre o per via pattizia (cioè concordataria), o perché costrettavi a forza dallo Stato. Con l’esplodere del problema della pedofilia si ha, invece, nei fatti, un cambiamento di rotta quanto mai significativo: che è la prova indubbia dell’estrema risolutezza con cui il Papa ha deciso di affrontare la questione non indietreggiando di fronte alle conseguenze. Tale mutamento di rotta a sua volta ne implica, mi sembra, un altro ancora. E cioè che in questa circostanza la Chiesa ha finito per fare rapidamente proprio, senza riserve o scostamenti di sorta, il punto di vista affermatosi (peraltro recentemente e a fatica, ricordiamocelo) nella società laica occidentale. Non voglio certo dire che la Chiesa ha avuto bisogno del giudizio della società laica per considerare l’abuso sessuale sui minori un peccato gravissimo (forse il più grave stando alla lettera del Vangelo). Ma esso era tale anche dieci, venti o trenta anni fa quando tuttavia veniva quasi sempre coperto”.
Ecco, per dover dire mezza verità – che, cioè, quando la Chiesa fa qualcosa di appena appena decente, lo fa perché costretta dal secolo – Ernesto Galli della Loggia è costretto a darsi la zappa sui piedi: “dieci, venti o trenta anni fa quando veniva quasi sempre coperto”. E chi lo copriva? Chi c’era a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, dieci, venti e trent’anni fa? Lo stesso che oggi paga Lucetta Scaraffia per i suoi deliziosi pezzulli su L’Osservatore Romano.
“Se oggi non è più così, non può più essere così, se oggi da quella gravità la Chiesa ha tratto le nuove e drastiche conseguenze che sono sotto i nostri occhi, con tutta evidenza ciò è accaduto solo perché il giudizio della società sugli abusi pedofili è anch’esso nel frattempo mutato. Cosicché, mentre su ogni altro uso della sessualità o pratiche connesse, essa ha adottato, e tuttora adotta, un suo proprio metro di giudizio, più o meno diverso rispetto a quello comunemente accettato, in questo caso vediamo invece che si conforma al punto di vista della società”.
Bene, incassiamo almeno questa dal marito della Lucetta: se non era per noi laici, i chierici avrebbero continuato ad abusare dei bambini coprendosi a vicenda. Ad essere pignoli, in verità, ancora il sole girerebbe attorno alla terra, se non era per noi laici. Ma qui non è il caso di allargare la questione ai massimi sistemi.
[Non vado oltre, perché la pagina da qui in poi è illeggibile: sputando bile sulla firma, la chiusa dell’editoriale è andata sbiadendosi.]