mercoledì 28 aprile 2010

Coda


“Se il bambino nasce vivo – scrive Paolo C – immagino che le cure che gli vengono prestate siano le stesse sia che si tratti di parto prematuro che di parto indotto per un aborto terapeutico. O sbaglio?”, che sbaglierò, ma mi suona come domanda retorica, a significare che nel commento alla vicenda di Rossano avrei eluso la questione centrale: che si è omesso il soccorso a un feto.
Credo sia utile portare in pagina ciò gli ho risposto in margine: “Certo, gli sono dovute cure, ma non devono configurare - come per chicchessia - accanimento terapeutico: se le condizioni cliniche sono tali da escludere ogni buon esito delle cure, il prolungamento di quella che è da considerare una agonia diventa sadismo travestito da pietà. Poi c’è anche un’altra questione: nei feti espulsi in bassa epoca gestazionale è assai difficile la diagnosi di avvenuta morte, c’è una possibilità di errore anche quando il feto è espulso per aborto spontaneo (o parto spontaneo in bassa epoca gestazionale). Insomma, è più grave che i medici abbiano violato la privacy della donna: consiglierei di non azzardare l’ipotesi di negligenza a loro carico, soprattutto in mancanza di rudimenti medici e di dettagliata anamnesi. Provo a immaginare - solo a immaginare - che «gravi malformazioni» possa significare, per esempio, un quadro oloprosencefalico come quello raffigurato in foto, che è frequentemente associato a patologie cardiache non correggibili chirurgicamente: perché prolungare la sua agonia, se sarebbe comunque destinato a morire all’uscita dall’utero, quand’anche a nove mesi finiti?”.

2 commenti:

  1. E' davvero triste che si discuta di questi argomenti con il bilancino e la calcolatrice, come se dovessimo verificare i conti della serva. Sono situazioni così delicate, difficili, e sempre diverse l'una dall'altra, che l'unico atteggiamento corretto sarebbe quello di astenersi, e lasciare che sia la coscienza della donna, e dei medici che la assistono, a prendere le decisioni necessarie e opportune, senza sentirsi sulle spalle la presenza degli avvoltoi pronti ad accusarli delle peggiori nefandezze, mentre questi stanno solo cercando di evitare inutili sofferenze presenti e future, oppure stanno compiendo l'altrettando difficile scelta di portare avanti una vita, assumendosi tutte le relative responsabilità. Dovessi trovarmi io in una situazione del genere, odierei profondamente chiunque osasse interferire o accusarmi di fare scelte sbagliate. Allo stesso modo, mi guardo bende dall'interferire o dall'accusare chiunque faccia delle scelte per un verso o per l'altro. Una sola cosa non sopporterei, ovvero il non avvalersi di tutti gli strumenti e le tecniche che la medicina mette a disposizione, con la scusa che sono immorali o non etiche, se questa omissione dovesse causare sofferenze inutili.

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  2. Sono molto lieto che un mio commento abbia addirittura generato un post.
    Comunque no, non intendevo quello che lei ha inteso. Probabilmente e' colpa mia: ho scritto quella domanda avendo in mente parti dell'articolo nemmeno riportate nel precedente post. Ad esempio questa: "Non c’è nemmeno una norma o legge che impegni il personale sanitario a monitorare il feto che nasce vivo".
    Ho creduto, forse sbagliando, che la Rizzoli stesse suggerendo che i feti nati vivi per aborto teraupetico e' previsto o possibile un trattamento diverso.
    Nella mia ingenuita', ho pensato che, se viene scritta una cosa tanto incredibile, puo' anche essere che sia vera. Da qui la domanda che esprimeva solo curiosita'.
    So bene per feti di quell'eta' sono possibili solo cure al massimo palliative (e ci mancherebbe). Non sapevo invece che fosse difficile la diagnosi di avvenuta morta. Grazie per la risposta.

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