In un partito carismatico il meme non fluisce solo dal leader agli accoliti: meno evidente, certo, ma c’è un flusso di memi dal basso verso l’alto, sennò da dove piglierebbe, Berlusconi, le barzellette che racconta?
Non voglio parlare del Popolo della Libertà, ma dei radicali, prendendo a esempio la barzelletta che Pannella deve a Bandinelli, e di cui Bandinelli tiene a rivendicare la paternità con un orgoglio molto liftato, riproponendone lo sketch un giovedì sì e un giovedì no dalle pagine de Il Foglio, come stavolta: “Ho più volte espresso il mio dissenso nei confronti delle posizioni culturali e politiche di stampo laicista, e per questa mia avversione ho avuto rimbrotti e diffidenze anche da parte di amici e sodali”.
Quando la racconta Pannella, la barzelletta di Bandinelli è irriconoscibile, perché arricchita dai contributi di Pullia (roba new age), di Strik Lievers (armoniche cielline) e di Di Leo (fronzoli ratzingeriani). E però Bandinelli legittimamente saltella strepitando: “È mia, è mia!”, perché l’impalcatura della barzelletta è sua, è sua.
In breve, siamo dinanzi ad una “grande sfida politico/culturale alla quale né la laicità né la religiosità possono sottrarsi, pena la sconfitta”, e il loro nemico comune è il laicismo, una bestia atea, materialista, intollerante, che, a sentire il nostro, piglierebbe origine da Filippo il Bello, diventerebbe massonico per andare a innervare lo stato nazionale, fino a ispirare Lenin, Atatürk e Saddam Hussein. È che, quando s’accalora, Bandinelli si fa vento con le sue vecchie garzantine.
Laicità e religiosità contro laicismo, perché vera laicità è genuinamente religiosa (a meme metabolizzato, Pannella dice che i radicali sono alfieri della “religione laica”), mentre il laicista è ateo (senza nemmeno essere ateo devoto, sennò Bandinelli sarebbe disposto a chiudere un occhio).
Crocianesimo di risulta, insomma, la metafisica del pannellismo di stretta ortodossia.
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