La vicenda relativa alla mensa scolastica di Adro prende una piega interessante. Finora, infatti, offriva spunto solo a una questione che in senso lato è politica, e cioè se fosse adeguatamente motivato e opportuno applicare il no meal is for free di Milton Friedman nella sospensione dei pasti ai figli di quanti in arretrato nel pagamento della retta.
Questione politica, ma anche sentimentale, e a ragione, perché anche il più selvaggio dei liberisti non può rigettare l’impegno della collettività nell’assicurare ad ogni individuo, e almeno nei servizi essenziali, una parità “in partenza”. Sentimentale, dunque, non già (e non solo) perché c’erano di mezzo dei ragazzini e la loro vulnerabilità psicologica, ma anche, e a priori, per il patente consumarsi di un abuso dei confronto di individui discriminati “in partenza”.
Ridotto l’elemento emotivo al piano della ragione, possiamo riconoscere meglio quali fossero le opinioni in campo: da un lato, il familismo, che in un figlio non sa vedere altro che il membro di una famiglia, destinato al benessere (fino al lusso) o al malessere (fino alla fame) che dipendono dai mezzi materiali che sono nella disponibilità di quella famiglia; dall’altro, molto sentimentalismo. Voglio dire: non ho sentito una sola voce liberale – se mi è sfuggita, faccio ammenda – che argomentasse contro la decisione del sindaco di Adro, in quanto liberale, e cioè contrario a porre disparità “in partenza” tra individuo e individuo. Qualche sedicente liberale ha parlato, sì, ma solo per dire che il liberismo deve saper essere anche compassionevole. Liberali dei miei coglioni.
Sempre meglio del grugnito leghista, tuttavia.
Sarà che sono distratti da guai grossi, ma stavolta i vescovi italiani non hanno rotto molto il cazzo su questa questione, che – abbiamo detto – è politica. Non c’è stata troppa ingerenza, diciamo. E sì che avrebbero legittimamente potuto urlare dai tetti che Cristo ha detto di dare da mangiare agli affamati, eccetera, quale laicista avrebbe potuto far più che arricciare il naso?
Voci sparse, anche autorevoli, ma non quel coro ben orchestrato che abbiamo udito in altre occasioni. Nemmeno in relazione alla piega interessante che ha preso la vicenda. È accaduto, infatti, che un benefattore si sia offerto di pagare la retta della mensa scolastica ai bambini cui il sindaco di Adro aveva sospeso i pasti, e questo ha scatenato le reazioni dei genitori che erano in regola coi pagamenti: “Non è giusto. Paghi la retta anche per noi”.
La disparità di trattamento era considerata motivata e opportuna, evidentemente: quando è venuta meno per il generoso intervento di un compassionevole, i paganti si sono sentiti vittime di una discriminazione, subito sentita immotivata e inopportuna. Su questo sarà meglio ch’io non mi esprima, perché risulterei sgradevole.
Ma qui, proprio a questo punto, la voce della Cei sarebbe stata necessaria fino all’indispensabile, perché la Parabola dei lavoratori della vigna (Mt 20, 1-16) parla chiaro: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Sarebbe stata una grande lezione di morale cristiana agli invidiosi della bontà. E invece niente. Persi nello slip di un bambino, manco danno una ripassatina ai vangeli. Cristiani dei miei coglioni.
Ottimo, Malvino. Le segnalo questo:
RispondiEliminahttp://www.repubblica.it/esteri/2010/04/15/news/hans_kung-3359034/
bravissimo
RispondiEliminaedo
e gli altri genitori si sono subito lanciati ad approfittare della generosità del benefattore. ché chi non approfitta è fesso, e mica solo da noi al sud!
RispondiEliminala roba, mio caro, la roba.
RispondiEliminaSarà forse perchè il sindaco è leghista, e ultimamente tra la lega e la cc c'è un certo filing? sai una mano lava l'altra, anche se poi la cc riscopre il cristianesimo solo quando deve difendere i propri interessi..
RispondiEliminaItaliani.
RispondiEliminaBah.
E nessuno ha avuto il coraggio di dire a quelli che semplicemnte erano poco generosi e che quello che più rodeva era che il benefattore aveva fatto quello che avrebbero dovuto fare loro. Chissà se impareremo dagli immigrati la solidarietà. In quei paesi non c'è chi ha da mangiare e mangia senza dividere il pasto, il tetto e la famiglia. Noi invece non siamo pronti a dividere ( condividere) niente nemmeno i sentimenti. E' triste la crisi economica doveva essere maggiore e allora solo allora forse quelle persone avrebbero compreso che la povertà alla volte insegna ad amare il prossimo.
RispondiEliminaQuesti non capiscono niente il problema è che c'è chi ne approfitta.