Recupero da un articolo di Franca Fossati su Europa di mercoledì 7 aprile la discussione sviluppatasi sul monologo di Daniele Luttazzi a Rai per una notte, relativamente alla metafora del coito anale come rappresentazione di un atto di violenza che incontra passiva sottomissione. Pare che tutte le voci femminili intervenute sulla questione (Giulia Blasi sul blog di Donna moderna, Sabina Ambrogi su The Front Page, Ida Dominijanni su il manifesto) non abbiano affatto gradito l’uso di quella metafora, come considerandola politicamente scorretta, naturalmente ai danni della donna lì rappresentata. Non pervenute proteste da commentatori gay, invece, per quanto la cultura gay contesti assai vivacemente, e da sempre, la rappresentazione del coito anale come atto violento. (Consiglio la lettura di un post di Cadavrexquis, che è in tal senso emblematico.)
La polemica mi ha richiamato alla mente Il piacere negato di Jack Morin (Editori Riuniti, 1994), che per quanto ne so è il più serio e approfondito studio sulla “fisiologia del rapporto anale” (che è il sottotitolo del volume), col pregio di essere una ricerca priva di ogni tara ideologica, sicché la sua lettura convince sulla correttezza dell’ipotesi posta, e cioè che sul coito anale pesi un tabù che non ha alcun fondamento razionale. Libro che consiglio a chi coltiva il tabù e a chi no, anche perché mi pare che risolva anche la questione sollevata dalla più comune rappresentazione del coito anale, e cioè quella di un atto di violenza che incontra passiva sottomissione previo fastidio o dolore, pressoché inevitabili, giustificabili sul piano anatomico e fisiologico.
Bene, Morin convince: “Quello che di solito si trascura è che sia la virilità che la femminilità [estensivamente: il ruolo attivo e quello passivo] sono legittime ed efficaci strategie di potere. Ci sono momenti in cui agire decisamente e avere il controllo della situazione sono il modo migliore per far succedere qualcosa. […] In altre occasioni, è più efficace un approccio ricettivo ed elastico. Saper cedere è una qualità necessaria in ogni relazione intima e nell’affrontare le sfide che sfuggono al nostro controllo. Un individuo che abbia sviluppato solo alcune capacità e soppresse altre affronta queste sfide da una posizione di svantaggio. La nostra cultura dà molta più importanza alle qualità maschili [come sopra: al ruolo attivo]. La femminilità [idem: il ruolo passivo] è associata all’oppressione sociale ed economica [di qui la straordinaria efficacia della metafora luttazziana]. […] Fintantoché anche la ricettività anale verrà associata alla sottomissione e alla debolezza, sarà difficile se non impossibile che queste donne la trovino piacevole” (pagg. 175-176).
ahahah
RispondiEliminad'altro canto sono rari gli uomini disposti al gioco di ruolo del sottomesso (anale) con una donna, e qui entrerei in un lungo discorso che mi risparmio :D
comprato anni fa, confermo, ottimo testo, per tutti.
RispondiEliminaIn realtà, la distinzione più consona sarebbe tra rapporto con vaselina e rapporto senza vaselina. Com'è noto, infatti, lo sfintere non ha la capacità di autolubrificarsi al pari della vagina, né di produrre saliva, come l'ulteriore orifizio utile. Anche il consenziente, perciò, deve comunque fare i conti con l'attrito. Da qui la frequente metonimia tra la causa e il dolore causato che, come detto, dovrebbe più correttamente consentire di distinguere tra mancanza di consenso e mancanza di lubrificante.
RispondiEliminama è ancora in commercio? ho scoperto solo oggi della sua esistenza...vorrei leggerlo!
RispondiEliminaè un testo molto interessante, approfondito e condivisibile nell'approccio laico e non moralista. Da leggere
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