Da prefetto dell’ex Sant’Uffizio – dal 1981 al 2005, sarà il caso di tenere ben presente – Joseph Ratzinger sapeva essere severissimo, quando voleva. Figlio di poliziotto, non bisogna dimenticarlo, e infatti, quando si trattò di incastrare quel Leonardo Boff che con la sua “teologia della liberazione” attentava alla dottrina sociale della Chiesa cercando di farla torbida di socialismo, lo chiamò a Roma e lo sottopose ad un interrogatorio di quelli coi controcazzi, e l’eretico crollò.
Bene, questa adamantina severità aveva una minuscola carie: il figlio del poliziotto era assai tenero coi pedofili o, diciamo meglio, era molto molto molto garantista nei loro confronti, sicché in 24 anni di carriera in quella prefettura non ne portò mai uno a processo.
Mite verso il presunto sventrachierichetti della sperduta diocesi d’Oceania, figurarsi con un pezzo grosso come Marcial Maciel Degollado. Quando monsignor Carlos Talavera Ramírez, vescovo di Coatzacoalcos (Messico), gli segnalò che il fondatore dei Legionari di Cristo puzzava come un’ostrica andata a male (otto seminaristi ne avevano subito gli abusi sessuali), gli rispose: «Si tratta di materia molto delicata, dato che padre Maciel ha fatto molto per la Chiesa e in più è molto amico del papa» (salvo a rimangiarselo di lì a poco, fu lo stesso monsignor Ramírez a riferirlo, sennò non mi sarei permesso il virgolettato).
Come davvero fu o non fu, il primo provvedimento nei suoi confronti (obbligo di appartarsi in preghiera) fu preso solo nel 2006, quando all’ex Sant’Uffizio v’era un nuovo prefetto, perché quello vecchio era stato fatto papa.
Morto il papa che gli era “molto amico”, la materia non era più tanto “delicata”, e oggi, per la cronaca, Joseph Ratzinger passa per quello che ha inguaiato padre Maciel, perché da papa ha sollecitato il duro provvedimento nei suoi confronti (e qui non sto facendo ironia, perché l’obbligo di appartarsi in preghiera deve essere stata una tortura per uno come lui).
La fama di papa che di più s’è speso per combattere il fenomeno dei preti pedofili, che i suoi servi cercano di cucirgli addosso con affannosa lena, è fatta di questa stoffa: una rancida resipiscenza, screziata da presumibili sensi di colpa. Una merda d’uomo prima che una merda di prefetto.
Fatti un salto su "stranocristiano", ci si diverte un mondo a vedere cosa si stanno inventando per venirne fuori...
RispondiEliminaCaro Malvino,
RispondiEliminacredo solo tu possa offrire un chiarimento che vado cercando nella stampa (la TV lasciamo perdere...) da qualche giorno. Al di là dei mei culpa pubblici, quale atto concreto e "normativo" ha veramente posto in essere il Papa tanto da autorizzare l'affermazione che vi sia stata un'inversione di tendenza nel modo in cui la Chiesa tratta la pedofilia ? Il problema è infatti che molti commentatori dicono che tale inversione vi è stata ma senza spiegare in che cosa consista.
Grazie
FC
PS: scusa se hai già risposto in qualche post precedente che mi è evidentemente sfuggito.
Un caro amico napoletano mi fece notare, anni addietro, che può sedersi a capotavola solo un guappo o uno stronzo. Poiché mi trovavo accidentalmente seduto in detta posizione, egli mi chiese, di fronte a tutti i commensali, quale fosse il mio ruolo: se di guappo o di stronzo, per l'appunto. Risposi senza tentennamenti che, se proprio dovevo scegliere, preferivo esser uno stronzo, dato(si) che, per quanto si tenti d'affondarlo, lo stronzo rimane sempre a galla ...
RispondiElimina@ FC
RispondiEliminaQualche variazione sui tempi della prescrizione, nient'altro. E dunque non sentirti in colpa, è proprio come ti sembra: al di là delle meae culpae pubbliche, la De delictis gravioribus non ha cambiato un cazzo.
Forse ti è sfuggito:
RispondiEliminaCrescerai con dolore
Qui c'è ancora qualcosa in più:
RispondiEliminahttp://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2010/04/09/visualizza_new.html_1760818535.html