Avete notizia di un solo magistrato che abbia sollevato il seppur minimo argomento di natura teologica nel condurre le indagini sugli abusi sessuali su minori commessi da un prete e coperti dal suo vescovo? Potrà aver sollevato questioni relative all’ordinamento giuridico della Chiesa e dunque potrà essersi intrattenuto su argomenti di interesse canonistico, avrà eventualmente sfiorato temi di natura ecclesiologica, potrà forse essersi spinto a formulare considerazioni di tenore sociologico o di rilievo storiografico, ma avete notizia di un solo magistrato che, negli Stati Uniti, in Irlanda, in Austria, in Germania o in un qualsiasi altro paese nel quale la “sporcizia” sia venuta a galla, si sia spinto a improvvisarsi teologo? Io no. Per questo penso che Sandro Magister abbia scelto un titolo infelice per il post che firma in data 6 luglio: “Quando i giudici si improvvisano teologi”, ma quando?
Il resto non è più felice. Sul blitz del 24 giugno all’arcivescovato di Malines: “Gli inquirenti hanno sequestrato 475 dossier, molti dei quali riguardanti vittime che si erano rivolte a questa commissione invece che alla giustizia civile per salvaguardare la loro vita privata”. Da quando può dirsi legittimo sottrarre alla giustizia civile la notizia di un crimine commesso da un prete? La discrezionalità su quei 475 dossier traeva legittimità da un assunto teologico?
Sul no della Corte suprema statunitense alla richiesta della Santa Sede di sottrarre ad ogni responsabilità penale la Segreteria di Stato e la Congregazione per la Dottrina della Fede: “La richiesta della Santa Sede aveva ricevuto l’appoggio dell’amministrazione Obama”. Errato: l’avvocatura della Casa Bianca si era limitata a ritenere legittima l’istanza. “Anche nel 2005, durante la presidenza Bush, il dipartimento di Stato americano aveva definito illegittima la chiamata in causa di Benedetto XVI in un processo nel Texas per abusi sessuali, in forza dell’immunità di ogni capo di Stato e quindi anche del papa. E quella volta il giudice accolse il parere dell’amministrazione”. Errato anche questo: il giudice si limitò a prendere atto dell’improcedibilità in relazione al solo reato di obstruction of justice.
“Che prima o poi una corte si arroghi di stabilire con criteri propri ciò che la Chiesa è e quale rapporto abbia la gerarchia con i suoi «dipendenti» non è più un’ipotesi da escludersi tassativamente”. Perché dovrebbe continuare ad esserlo? Il rapporto della gerarchia con i suoi «dipendenti» non è desumibile arbitrariamente se desunto dal Codice di Diritto Canonico e dalle Istruzioni particolari, e basta leggere la Crimen sollicitationis (1922, 1962), la Secreta continere (1974) e la De delictis gravioribus (2001) per trarre conclusioni chiare. Come non considerare «dipendenti» della Santa Sede quei preti ai quali la Santa Sede ordinava di spostarsi di diocesi in diocesi? Obbedivano, senza eccezione, e lo spostamento era solo un’articolazione del sistema che li sottraeva alle denunce delle loro vittime per mandarli a farne altre altrove. Anche qui non c’è bisogno di improvvisarsi teologi per farsene un’idea.
“Le perquisizioni ordinate dalla magistratura belga non sono affatto rassicuranti. Lì la Chiesa è stata considerata alla stregua di una cosca di malfattori”. Gravi indizi avranno consentito agli inquirenti almeno di ipotizzarlo, nessun pregiudizio li avrà inibiti nel cercare le prove e – questa è la novità – nessun privilegio cumulato dalla Chiesa avrà posto ostacolo. Infatti, le lamentele della Santa Sede si sono limitate alle maniere, ritenute brusche, ma nessuno, neanche il Segretario di Stato, si è azzardato a contestare la legittimità del provvedimento ispettivo.
Ma Sandro Magister si spinge oltre: “Un po’ ovunque, cresce la tendenza a giudicare la natura e l’organizzazione della Chiesa ignorando ciò che essa è e i suoi ordinamenti originari e peculiari, che pure sono entrati nella migliore cultura giuridica e sono stati riconosciuti da patti di validità internazionale. L’’iauspicio, quindi, più volte espresso dalle autorità della Chiesa, che il foro civile e quello canonico operino ciascuno nel proprio ordine per contrastare gli abusi sessuali del clero, non sempre si traduce in pacifica e fruttuosa cooperazione”. E come potrebbe? Le autorità ecclesiastiche pretenderebbero privilegi che configurerebbero l’immunità piena e permanente: non si fa prima ad affermare che la pacifica e fruttuosa collaborazione è tale solo se questa immunità si fa improcedibilità di fatto?
“La Chiesa – conclude Sandro Magister – da qualche tempo e soprattutto grazie all’impulso di Joseph Ratzinger cardinale e papa, sta facendo molto per correggere le proprie colpe e omissioni”. Errato: da papa, poco e male, con molte ambiguità e contraddizioni; da cardinale, praticamente niente. E pare che molti cattolici l’abbiano capito.