[Come sempre, quando è di tanto che ci sarebbe da scrivere, si sta davanti alla pagina bianca senza sapere da cosa cominciare e non si scrive. È il cortocircuito della grafomania e al grafomane dà una sensazione assai sgradevole che in breve diventa intollerabile e spinge a soluzioni disperate come il tentare di mettere tutto assieme in poche righe. Naturalmente in quelle poche righe non c’è traccia leggibile dei temi che si voleva trattare, ma solo l’umore che muove la scrittura in mezzo ad essi. E di solito non è buonumore, tutt’al è più grasso sarcasmo, che non di rado cede al grottesco, perfino al macabro. Bisogna addirittura mettere nel conto l’eventualità di rinunciare anche a quelle poche righe e impacchettare il malumore in una citazione letteraria o musicale, che quasi sempre sembra eloquente solo a chi la sceglie. Dal troppo dover dire, e dal sentire di doverlo dire bene, si arriva al non dir niente o quasi: uno sberleffo, un’imprecazione, un lamento, anche mal riusciti, e l’unica costante è una lucida coscienza di impotenza. Non già a ordinare il mondo per mezzo della scrittura – immenso problema – ma anche solo a esprimerne compiutamente quel disordine che spinge a provarci, che arriva a prendere possesso degli individui e dei fatti dopo averli piegati fino a renderli intrattabili a ogni logica, dunque intrattabili agli strumenti dell’espressione. Si è sorpresi dall’inutilità del provarci: è un colpo che paralizza toccando il glomo più sensibile.
Oggi, per esempio, ci sarebbe da scrivere – e tanto – sugli spazi che la politica italiana – tutta, senza eccezioni – sta lasciando alla Santa Sede e alla Cei. È un indicatore – ritengo sia il più emblematico – dello sfacelo del paese e allora ci sarebbe da scrivere – e tanto – su ciò che l’ha posto in premessa. Già qui sta in agguato una prima vertigine: averne già scritto – e tanto – sicché siamo poi certi che repetita iuvant? E a chi? Si è ormai consolidata la convinzione – talvolta si è sorpresi a constatarla dove meno ti immagineresti di trovarla – che al paese non tocchi altro che il commissariamento ecclesiastico in una rinnovata sovrapposizione e coincidenza di Stato e Chiesa, come fu dal IX al XVIII secolo. Sudditi del mostro a due teste che ha sempre spezzato le ossa ad ogni illuso che sognasse per l’Italia un qualsiasi destino laico. Sarebbe meglio che qualsiasi parodia di Prometeo buttasse via il fegato in cirrosi: portare luce ai ciechi è inutile e rischioso. ]