Vorreste che la Chiesa paghi l’Ici per Casa Betania? Ma siete pazzi? Casa Betania è uno degli immobili che la Diocesi di Grosseto destina all’attività ricettiva con modalità che potremmo definire “non esclusivamente commerciale”. Ha entrate, questo sì, ma per la pia opera di accoglienza di persone bisognose. Per meglio dire, ha una convenzione col Comune.
Come l’abbia ottenuta, non è il caso di star troppo a strologare, perché in fondo, da sempre, la Chiesa è samaritana, e dunque è naturale che si abbia un occhio di riguardo per lei. Peraltro, il costo della convenzione deve essere stato pure conveniente per il Comune, perché un ente che gode di agevolazioni fiscali è sempre assai competitivo rispetto ai concorrenti.
Tutto in ordine, dunque, per Casa Betania, per il Comune di Grosseto e per le sei famiglie di immigrati che vi erano ospitate fino a due mesi fa. Poi, si sa come sia subdolo il Maligno, capita che le difficoltà economiche del Comune rendano biblici i ritardi nel pagamento della convenzione. Samaritana, sì, ma fino a un certo punto, allora la Diocesi sfratta le sei famiglie. D’altra parte, Casa Betania era nata come “casa per ferie” e a quell’uso può tornare. Ferie pie, naturalmente, in ossequio al fine non esclusivamente commerciale di far cassa.
Tutto bene, potremmo dire. D’altra parte, tutti i giorni la Chiesa sfratta gli insolventi da immobili di sua proprietà, anzi, ci riesce pure meglio di quanto riesca ai proprietari di immobili profani: non manca mai chi ne abbia più bisogno degli sfrattati, e in più possa anche pagare. Sarebbe stato naturale, dunque, che lo sfratto delle sei famiglie rimanesse cosa poco degna d’interesse. Se non fosse che, sfrattata e costretta a dormire in auto per qualche settimana, una gravida abbia avuto un distacco di placenta e il feto di otto mesi sia morto. Cose che succedono, e poi vai a dimostrarlo, il nesso, tra sfratto e feto morto. Tuttavia si sa come sia subdolo il Maligno e come siano stronzi i laicisti, sicché scoppia il caso.
Sia chiaro che tutto ciò che ho fin qui riportato è tratto tutto da stampa laicista, cioè tendenzialmente anticristiana e anticattolica, e allora è necessario mettere il giusto contrappeso sull’altro piatto della bilancia. Niente di meglio della lettera aperta che monsignor Franco Agostinelli, vescovo di Grosseto, ha inviato a un giornale locale a illustrare le ragioni della proprietà. È la voce del padrone, insomma, ed è giusto darle ascolto.
“Davanti ad una vita che si spegne – scrive Sua Eccellenza – nulla può lasciar tranquilla la nostra coscienza, né i 50.000 pasti distribuiti ogni anno grazie alla dedizione dei volontari della Caritas, né la distribuzione di vestiario e pacchi di generi alimentari, né i contributi di un Fondo di Solidarietà per le famiglie che, intervenuto a fronte di una prima serie di istanze, ora va completando una seconda fase di contributi a famiglie in difficoltà, né gli appartamenti tenuti a disposizione dell’emergenza abitativa, né il progetto per i lavori, in attesa del permesso comunale, prossimi alla fase operativa per la realizzazione di appartamenti da destinare all’emergenza in via Emilia. Neppure la volontà dell’acquisto di un terreno in zona villa Pizzetti destinato alla costruzione di un centro di accoglienza, né l’ospitalità offerta ai migranti; niente di tutto questo può in nessun caso assolverci per aver assistito, senza trovare soluzione adeguata, alla situazione della famiglia egiziana sfrattata da una nostra struttura e che oggi ci chiede conto di quel figlio che non nascerà”.
“Nulla può lasciare tranquilla la nostra coscienza”, scrive, ma si sa che, da un certo grado in su, i preti usano il plurale maiestatis: Sua Eccellenza sta parlando della sua coscienza, e cerca di tranquillizzarla, pubblicamente, con l’elenco delle tante altre buone azioni che finora non hanno fatto il morto, sicché il morto risulta effetto collaterale di una carità indefessa.
Sua Eccellenza è dispiaciuto, insomma, però diagonalmente chiede: “Ehi, ma che cazzo volete? Con tutta la beneficenza che faccio, starete mica a fare tante storie per un morticino, per giunta egiziano?”. Infatti, come avete visto, la nazionalità del feto morto è ben messa in vista: io avevo dimenticato di dire che la famiglia sfrattata fosse egiziana, lo ritenevo superfluo, meno male che Sua Eccellenza è precisissimo.
“Prima di ogni altro cittadino, ogni singolo operatore della Caritas, della Diocesi, delle parrocchie, impegnato in un lavoro giornaliero, dove l’assenza di risorse e la sempre maggiore richiesta di aiuto rende ogni giorno più forte la sensazione di impotenza, si sente oggi lacerato da quel Vangelo che non ci ha reso esenti dal peccato e dall’errore. Ogni spiegazione razionale diventa quasi ridicola”.
Questa sembrerebbe un’ammissione di colpevolezza, fatta apposta per accreditare le accuse che appunto sono piovute addosso a Sua Eccellenza, perfino da qualche parroco di Grosseto, anche se solo sussurrate. E dunque ogni spiegazione razionale di quanto è accaduto sarebbe ridicola, ma Sua Eccellenza non ci rinuncia: “Possiamo dire che non si trattava di sfratto; possiamo ricordare che alla suddetta famiglia erano state offerte, nel passato recente, soluzioni abitative, puntualmente rifiutate; spiegare che come Diocesi non abbiamo il controllo diretto della gestione della struttura; sostenere che quello che potevamo fare, non poteva essere adeguato a dare una soluzione accettabile al problema; tutto può apparire come un tentativo di attribuire le responsabilità agli altri, in uno stile che purtroppo nell’epoca in cui siamo chiamati ad operare ci è fin troppo familiare. Ma che non vuole e non può essere il nostro modo di servire le necessità della nostra città e della nostra gente. E non solo per questa ultima tragedia , ma per tutte quelle tragedie che non siamo capaci di evitare e ogni volta ci lasciano a fare i conti con il nostro senso di impotenza a sovvenire alle umane necessità”.
“Umane necessità” della famiglia di profughi egiziani, certo, ma anche della Chiesa a far cassa, ed ecco cristianamente uniti nella stessa sofferente famiglia umana chi ha sfrattato e chi è stato sfrattato.
Questo ha di bello il cristianesimo, soprattutto nella versione romana: accomuna gli innocenti e i pezzi di merda. Perché in fondo siam tutti peccatori, feti compresi, e tutti in fondo degni della misericordia di Dio. Soprattutto Sua Eccellenza, che peraltro dichiara la “consapevolezza delle proprie responsabilità”, ma fa presente che tutti i giorni ha da “fare i conti con i propri limiti e con il dolore di non poter intuire tutte le emergenze”.
E qui ecco il colpo di genio: “Credo che sia doveroso che il Comune e la Chiesa pensino a queste persone. Non possiamo sopportare che di fronte ad emergenze si ricorra sempre alla Chiesa e magari così tacitare la propria coscienza di borghesi benpensanti (al di là dello schieramento politico!), pronti subito a scaricare ogni responsabilità su di essa ed esporla al pubblico ludibrio, quando siamo di fronte a questi fallimenti. Non posso inoltre accettare lezioni da parte di chi non gli è mai fregato di niente né del Vangelo, né della Chiesa e che oggi pone la retorica domanda (per lui, non per me): dov’è finita la carità?”. Il Comune è chiamato in correità dinanzi a Dio e l’opinione pubblica si faccia i cazzi propri, perché non ha diritto di sollevare alcun problema, tanto meno quello, tutto retorico, della fedeltà al Vangelo da parte della Chiesa.
“Lunedì ci sarà il primo consiglio comunale del nuovo mandato – conclude monsignor Agostinelli – e mi aspetto l’assunzione di un impegno concreto su questa emergenza, il reperimento di nuove risorse e una rinnovata volontà di lavorare insieme…”. Insomma, trovate il denaro per pagare Casa Betania.
[un grazie a Lector per la segnalazione]