ad A.C.,
sperando gli passi presto
Seguo da quasi due anni, deliziato dalla sua scrittura, la rubrica tenuta da Guia Soncini su D, l’inserto che la Repubblica manda in edicola ogni sabato. Può darsi che stia scontando la colpa del pregiudizio che mi impediva di valutarne appieno i meriti ai tempi in cui scriveva su Il Foglio, ma a me pare che si tratti di una scrittura di gran classe, strettamente imparentata a quella di Edmondo Berselli e a quella di Alberto Arbasino, ma quello di prima dell’Alzheimer. Insomma, la Soncini mi piace e trovo che l’idea di “scrivere di canzonette” per trattare una materia incandescente come quella dei rapporti tra i sessi sia felicemente realizzata nei suoi pezzi senza mai scadere nella maniera, rischio sempre incombente quando si parla di tutto ciò che sta d’attorno e dentro l’innamoramento e l’amore.
Rischio altrettanto grosso è nel trattare una materia mostruosamente complicata come quella dei testi delle “canzonette”, che sono tanto più riusciti quanto più sono ambigui, e che dunque sembrano fatti apposta per prendersi gioco delle passioni che in essi provano a specchiarsi, ma anche delle intelligenze che provano a individuarle come costanti. Anche qui la Soncini non delude, avvalendosi di una naturale ironia che non risparmia neppure l’adolescente che le si attarda dentro.
Molte volte avrei voluto intrattenermi su un pezzo della Soncini, sempre per lodarne lo stile, qualche volta per dirmi del tutto in disaccordo con certe sue azzardate intuizioni circa le miserie e le debolezze dei maschi. Non si possono negare, né giustificare, ma forse non meriterebbero di essere liquidate con la sbrigativa diagnostica della Soncini, per la quale – pare di capire – ogni maschio men che perfetto come il bello, buono e saggio Jovanotti o è un sadico o è un narcisista.
Non ho mai commentato una pagina della Soncini – e qui assumo la posa di quel fesso di Raz Degan nella réclame del Jägermeister – non so perché. Ma oggi che scrive di Marco Ferradini, facendosi crudelmente beffa dei “disturbati” e delle “disturbate” che rientrano nel suo Teorema, due righe vorrei scriverle. E vorrei dire che, sì, è vero, quella canzone è odiosa e idiota, e serve soltanto a consolare i maschi che, incapaci di stabilire un serio e maturo rapporto affettivo con una femmina, si rifugiano nell’illusione di non sapere amare se non troppo, e quasi certamente invece non sanno amare affatto se non la loro emaciata proiezione dell’eterno femminino. E però si tratta di poveracci che scontano la loro impotenza affettiva per aver avuto in sorte un ben preciso tipo di madre. E alla femmina torniamo. A quella femmina che alleva il maschio in una dimensione che è tanto più anaffettiva quanto più implica possesso, esercizio del ricatto, sadomasochismo emotivo. E da dove esce questo tipo di femmina che, se non sarà la fidanzata di Marco Ferradini, sarà la mamma?
Rischio altrettanto grosso è nel trattare una materia mostruosamente complicata come quella dei testi delle “canzonette”, che sono tanto più riusciti quanto più sono ambigui, e che dunque sembrano fatti apposta per prendersi gioco delle passioni che in essi provano a specchiarsi, ma anche delle intelligenze che provano a individuarle come costanti. Anche qui la Soncini non delude, avvalendosi di una naturale ironia che non risparmia neppure l’adolescente che le si attarda dentro.
Molte volte avrei voluto intrattenermi su un pezzo della Soncini, sempre per lodarne lo stile, qualche volta per dirmi del tutto in disaccordo con certe sue azzardate intuizioni circa le miserie e le debolezze dei maschi. Non si possono negare, né giustificare, ma forse non meriterebbero di essere liquidate con la sbrigativa diagnostica della Soncini, per la quale – pare di capire – ogni maschio men che perfetto come il bello, buono e saggio Jovanotti o è un sadico o è un narcisista.
Non ho mai commentato una pagina della Soncini – e qui assumo la posa di quel fesso di Raz Degan nella réclame del Jägermeister – non so perché. Ma oggi che scrive di Marco Ferradini, facendosi crudelmente beffa dei “disturbati” e delle “disturbate” che rientrano nel suo Teorema, due righe vorrei scriverle. E vorrei dire che, sì, è vero, quella canzone è odiosa e idiota, e serve soltanto a consolare i maschi che, incapaci di stabilire un serio e maturo rapporto affettivo con una femmina, si rifugiano nell’illusione di non sapere amare se non troppo, e quasi certamente invece non sanno amare affatto se non la loro emaciata proiezione dell’eterno femminino. E però si tratta di poveracci che scontano la loro impotenza affettiva per aver avuto in sorte un ben preciso tipo di madre. E alla femmina torniamo. A quella femmina che alleva il maschio in una dimensione che è tanto più anaffettiva quanto più implica possesso, esercizio del ricatto, sadomasochismo emotivo. E da dove esce questo tipo di femmina che, se non sarà la fidanzata di Marco Ferradini, sarà la mamma?
E infatti. Colpa di femmina comunque, dalla mela in poi.
RispondiEliminaMa ai maschi la responsabilità personale il buon dio non gliel'ha data?
elvi
@ elvi
RispondiEliminaNon ho parlato di colpe e dunque non le ho attribuite ad alcuno, tanto meno mi pare di aver generalizzato, e dunque Adamo ed Eva qui sono fuori luogo. Dicevo solo che ad ogni maschio disturbato corrisponde una femmina disturbata.
e viceversa? si? no?
RispondiEliminaE le femmine disturbate da dove vengono?
RispondiElimina@ Flavia / Anonimo
RispondiEliminaLe femmine disturbate hanno una madre.
E hanno un padre. Dov'era mentre la madre possessiva, ricattatrice, emotivamente sadomasochista cresceva il figlio anaffettivo?
RispondiEliminaTroppo impegnato ad espletare il teorema ferradiniano?
Lapa
mah, capita di frequente di sentire amiche e conoscenti lamentarsi dei propri uomini e attribuire alle madri di questi la responsabilità principale dei difetti degli stessi, salvo poi riprodurre pari pari i medesimi meccanismi nell'educazione dei propri figli maschi; e così come capita che l'omofobia si annidi talvolta negli stessi omosessuali, così capita pure che ad avere una mentalità maschilista siano proprio le donne, soprattutto se madri e soprattutto se italiane.
RispondiEliminaQuanto poi a paragonare la Soncini ad Arbasino, pre o post Alzheimer che sia, francamente mi sembra una esagerazione.
Le femmine disturbate (ma anche i maschi) non hanno per caso anche un padre?
RispondiEliminaelvi
Prevdo inondazioni.
RispondiEliminaMa i padri contano come il due di coppe?
RispondiEliminaPossono fare anche loro parecchi danni.
Fosse che i poveracci di Ferradini avevano un ben preciso tipo di madre che a sua volta aveva un ben preciso tipo di padre?
mah..
Sono completamente d'accordo con Castaldi, il ruolo preponderante della figura femminile nella crescita affettiva e psicologica del figlio è evidente ed anche storicamente accettato. Dirlo non equivale ad essere dei beceri maschilisti, ma semplicemente prendere coscienza di un dato piuttosto oggettivo. Se posso divagare ma non troppo, questo sentirsi offese tutte le volte che la figura femminile viene tirata in causa da un maschio è piuttosto fastidioso e, forse, risultato di un malsano femminismo fatto di slogan e troppa televisione. (la parentesi serve per dire che si, esiste un femminismo sano, che dovrebbe però sentirsi offeso da tutta questa inutile concitazione)
RispondiEliminaRingrazio Giorgia per avermi risparmiato una risposta. L'avrei fatta troppo lunga, un po' scontrosa, sarei stato frainteso, ecc. Grazie, Giorgia.
RispondiEliminaEh... si sa, la mamma è sempre la mamma.
RispondiEliminaIo mi irrito quando vedo scaricare su altri le responsabilità delle proprie carenze. Sono un impotente affettivo? Certo! Ma è la mia mamma che era disturbata, io che ci posso fare?
Non so se questo sia femminismo malsano. Nel caso, è ovvio che sarebbe colpa di mia madre, che quando ero bambina mi ha lasciato guardare troppa televisione.
elvi
@ elvi
RispondiEliminaSì, "la mamma è sempre la mamma". E naturalmente vale anche nel caso del "femminismo malsano", nessuno voleva farne una "colpa": nell'ambito delle relazioni affettive, e per ciò che attiene al modo di rappresentarsele, la "responsabilità personale" c'è, ma è relativa.
Io, però, temo che lei abbia voluto leggere male il mio post: io ho detto chiaramente che (1) non ci sono solo uomini, ma anche donne che rispondono alle caratteristiche psicopatologiche di Teorema, che (2) nessuno vuole giustificare né gli uni né le altre, che (3) per ciò che attiene allo sviluppo fisiologico e patologico dell'affettività, il ruolo della madre (per come è venuto a determinarsi negli ultimi decenni) si rivela determinante. Per quest'ultimo punto non sottovaluto le responsabilità dei padri, che però sono per lo più di tipo omissivo: non meno gravi, ovviamente, ma meno direttamente implicate nella psicogenesi dei disturbi dei quali parlavamo. Tutto qui.
La 'concitazione' può apparire tale perchè diverse persone hanno fatto tutte la stessa domanda. Io, quando l'ho fatta, ero calmissima e per niente concitata. Si era impostato un discorso all'insegna dell'uovo e della gallina e non mi sembrava inopportuno allargarlo a comprendere i padri. Contano meno? mi pare una generalizzazione a prima vista, ma è anche possibile. Certamente non è un aut/aut tra i due.
RispondiEliminaE adesso scusate che devo tornare a riempirmi di slogan ispirati da un femminismo malsano e a guardare troppa televisione.
Le femmine disturbate hanno una madre, vero.
RispondiEliminaCosì come è altrettanto vero che hanno anche un padre.
Io però ci aggiungo un terzo elemento, che in non rari casi è costante nelle "femmine disturbate" ma che in questi dibattiti viene troppo spesso dimenticato perché sottovalutato (e lui ci sguazza) soprattutto da parte di chi le "femmine disturbate" le deve valutare: lo "zio".
Un sacchissimo di femmine disturbate ne hanno avuto uno intorno per non più di 10 minuti, capace di "disturbare" loro i successivi 40/50 anni.
@-->Broono
RispondiElimina.... scusasse la mia ignoranza: ??????
Magari anche questo è un teorema?
RispondiEliminaComunque, su una cosa mi trova d'accordo the dreamer:
"capita pure che ad avere una mentalità maschilista siano proprio le donne".
Non scorderò mai un dibattito ai vecchi tempi della scuola, uno di quei rarissimi momenti in cui tutte le ragazze della classe avevano messo da parte asce e scudi e abbandonato logiche di fazione, e si trovavano alleate e d'accordo tra loro, trasversalmente. Il tema era proprio il maschio, meglio, il machismo, la critica al pensiero dominante, misogino, maschilista, che vorrebbe la donna suora e celebra il maschio traditore. Ecco, io da sempre sono stato, e lo ero già allora, l'antitesi del misogino, l'amico delle donne, eccetera; forse fu per questo che fui l'unico maschio a osare sfidare l'orda inferocita sul proprio terreno, facendo notare, anche con un certo tono di stizza, che c'era una grossa fetta dell'universo femminile che era la prima e più cinica (talvolta anche dell'uomo) nel considerare puttana la ragazza che si fa tante storie, occasionali o meno che siano, e strafico il maschio che fa lo stesso. Nonostante il mio iniziale timore reverenziale nell'osare tanto, che avevo appena vinto a fatica, mi accorsi immediatamente di aver toccato il tasto giusto dalle reazioni delle amiche di classe. In realtà, quasi ammazzai la discussione.
Secondo me è un tema ricorrente e forse anche qui, condivisibile o meno che fosse l'analisi (per me un po' schematica e troppo semplificatrice) che ha fatto Luigi, poteva essere comunque l'occasione per far emergere la domanda se qualche mamma non remi un po' troppo contro le altre donne, nel tirare su il figlio. Invece il problema è stato il maschio, Castaldi in questo caso.
(comunque, secondo me e allo stesso modo, la prima donna raccontata in Teorema potrebbe essere così com'è descritta, un po' masochista se vogliamo, per via -o colpa- della figura paterna)
sull'affettività tra uomini e donne sarebbe bello parlarne se ci fosse. Qui si vede solo anaffettività, sarà colpa della mamme o dei figli,ma.
RispondiEliminaSiam diventati tutti dei vigliacchi.
firmato
Ginevra tua blogamica quindicina di anni orsono
Vorrei fare notare che nel merito del discorso si è tirato in ballo il padre senza argomentare, solo un pò banalmente chiedendosi dove fosse finito il suddetto nella tesi di Castaldi figlio\madre. Quindi se c'è una tesi forte a supporto parliamone, se invece vi sentite solo offese per un pò di colore nella prosa allora mi tiro fuori dalla polemica, oltremodo triviale!
RispondiEliminabello spunto
RispondiEliminaper quanto la soncini in D sembri sprecata, ricordo pezzoni su Il Foglio che andavano da Flaubert a Cremonini senza mai scagare
Io Giorgia ho tirato in ballo la figura del padre perchè è un tema che mi sta a cuore. E' vero come dice Castaldi che "per ciò che attiene allo sviluppo fisiologico e patologico dell'affettività, il ruolo della madre (per come è venuto a determinarsi negli ultimi decenni) si rivela determinante." e che le colpe dei padri sono di tipo omissivo, ma non per questo hanno inciso sui figli in maniera minore. perché i figli possano separarsi dal protetto mondo materno e affrontare con coraggio ed entusiasmo la vita. La presenza del padre, importante fin dalla nascita accanto a quella della madre per lo sviluppo psichico e affettivo dei figli, diviene fondamentale durante l'adolescenza, ancor più nei maschi che nelle femmine, che dovrebbero trovare nella figura paterna lo slancio e il supporto necessari per allontanarsi dal nucleo famigliare. La madre è per natura, anche nel mondo animale, colei che trattiene, che allatta, che difende, Il Padre è colui che inizia alla vita fuori dal nucleo, che insegna la caccia, che propone il rischio. Io non sono convinta che dietro ad un uomo affettivamente disturbato vi sia una madre necessariamente disturbata, credo piuttosto che vi sia una madre che abbia usurpato un ruolo non suo, per volontà o per necessità non lo sappiamo.
RispondiEliminaLapa
Si, mi trovo molto d'accordo Lapa. Però mi sembra che tu non faccia che mettere il padre su un piano inferiore di responsabilità. Come dici tu, la madre è fondamentale nello sviluppo dell'infante, il padre dell'adolescente. Ed è l'infanzia, salvo rare eccezioni, a determinare la personalità (disturbata o meno). Questo, come ripetuto già diverse volte, non esime il padre da colpe e non esime nemmeno il pargolo cresciuto, diventato ometto e incapace di amare (come nella canzonetta). Ma si voleva parlare della Colpa con la C maiuscola, e a mio parere fa poca differenza che la madre sia disturbata o abbia "usurpato un ruolo non suo". La responsabilità è storicamente e scientificamente più sua che di altri (salvo eccezioni, che senza dubbio esistono).
RispondiEliminaSono un noto misogino,sicchè odo in questo post l'eco del verso Ferradianiano "nessuna pietà". Trovo altresì difficilissimo apprezzare alcunchè di Jovanotti, specie dopo averne conosciuto le tifose. Quanto alla Soncini, penso sia andata così : in agosto si legge di tutto. Sbaglio?
RispondiEliminaStia bene, sempre utile passar di qua.
Ghino La Ganga
ah,dimenticavo: il commento di Paolo mi fa ricordare d'aver sempre sostenuto che l'uomo, che definisce una ragazza dalle molte esperienze "una puttana", sfoga in tal modo la frustrazione di non esser stato una di esse.
RispondiEliminaStia sempre bene.
Ghino La Ganga
Dissento sul scientificamente Giorgia, diciamo che sono più concorde sullo storicamente.
RispondiEliminaLapa
Ghino ha sempre questa capacità di dissacrare simpaticamente e con lui, tra l'altro, condivido l'impossibilità di apprezzare Jovanoti.
RispondiEliminaCiò detto, certo che l'argomento ha preso
Disperso o grattato?
RispondiEliminada donna, posso solo assicurare che il meteorite del 2036 non farà sconti a nessuno. come dovrebbe essere in un normale contesto civile.
RispondiEliminaklingsor
Certo che ad essere "deliziati" quello che scrive la Soncini...
RispondiElimina