Cos’ha detto di nuovo, Silvio Berlusconi? Niente. Il momento è difficile – ha detto – ma la crisi è internazionale, viene da fuori, e comunque noi non stiamo messi così male, basta un pizzico di ottimismo e un po’ più di fiducia in lui, ma da parte di tutti, anche delle opposizioni, così si dà al mondo l’impressione di essere forti, uniti e determinati. Basta col disfattismo – ha detto – sennò ci si tira addosso la sfiga. Qualcosa si farà – ha detto – ma molto è già stato fatto, da lui. Cose già dette cento volte, mentre il debito pubblico non accennava a diminuire e di crescita non si vedeva un accenno.
Ha letto il solito discorso ormai logoro, ambiguo qui, vago lì, sostanzialmente vuoto. Ma in un punto, almeno in un punto – nell’unico in cui ha parlato a braccio, per rispondere a una provocazione che gli giungeva dai banchi delle opposizioni – ci è apparso nudo: è stato quando ha ricordato che ha tre aziende quotate in Borsa e che quindi è avvinto alle sorti del Paese, le sente, le soffre. Spogliandosi dei vestiti inesistenti che servi e ruffiani gli hanno cucito addosso, ci ha mostrato il suo enorme conflitto d’interessi, ormai fatto simbiotico alla crisi di sistema.
Esattamente la stessa che ho pensato quando l'ho letto su rep.it.
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