giovedì 11 agosto 2011

La cosiddetta rivolta



In relazione ai disordini che hanno funestato il Regno Unito in questi giorni, si dovrebbe innanzitutto evitare l’uso del termine rivolta. Si è trattato senza dubbio di violenza collettiva, ma ad essa mancava l’unità di causa e di fine che nel moto rivoltoso è una costante. In quanti danno vita a una rivolta, infatti, potremo riscontrare quasi sempre ragioni diverse, variamente articolate, addirittura contraddittorie, e scopi differenti, differentemente espressi anche quando comuni, e anche qui contraddittori, ma che sono sempre componenti di un vettore univoco: date tutte le variabili, la rivolta ha sempre causa e fine nel potere costituito (o in una sua rappresentazione) che intende mettere in discussione.
È per questo che una rivolta ha sempre una parola d’ordine che mira a reclutare forze, anche quando è solo implicita nei simboli che produce. Anche quando è velleitaria, la rivolta si dà come mezzo. Anche quando degenera in follia collettiva e si esaurisce nella drammatizzazione di basse pulsioni istintuali, la rivolta non perde mai di vista, o almeno mai del tutto, l’interlocuzione col potere costituito (o una sua componente).
Tutto questo non è accaduto nel Regno Unito, anzi, tutto ciò che ha sembrato giustificare l’uso del termine rivolta – la protesta contro un presunto abuso delle forze dell’ordine – si è da subito rivelato inconsistente, buono tutt’al più a offrirsi come pretesto. Nel Regno Unito non è accaduto altro che quanto abbiamo visto a New York, col black out del 1977.
E anche stavolta è stato fatto lo stesso errore di analisi, per fretta, pigrizia intellettuale, cedevolezza a suggestioni di comodo, secondo questo o quel comodo. Così abbiamo sentito madornali paragoni con le rivolte di Tunisia, Egitto, Libia e Siria, perfino con gli indignados di Madrid. Giacché il teatro dei disordini erano i suburbs, c’è chi ha pensato di poter vedere un analogo con le banlieues. E naturalmente c’è chi ha visto Londra stretta nel tristo nodo di “multiculturalismo”, “relativismo” e “islamismo” (Roger Scruton – Il Foglio, 10.8.2011). Non c’è stato nulla che autorizzasse tali congetture: i teppisti erano bianchi, neri e asiatici; indigenti, ma non solo; ragazzini, ma anche quarantenni; in gang, ma anche individualmente; miravano al saccheggio di beni di lusso, non erano espressione della “rabbia sacrosanta” dei morti di fame (Paolo Flores d’Arcais – Il Fatto Quotidiano, 10.8.2011), né erano parte del fronte di “un fenomeno di portata continentale” (Nichi Vendola – il manifesto, 10.8.2011).


18 commenti:

  1. La difficoltà di riconoscere cause complesse e fenomeni difficilmente catalogabili fa scattare la voglia di classificare frettolosamente quello che succede sotto etichette semplici. E fin qui niente (o quasi) di male. Il problema è che poi si pretende di applicare rimedi in base a quelle etichette!

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  2. In un certo senso, magari fosse stata rivolta

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  3. Saccheggia, ruba e ognun per se: insomma, capitalismo applicato.

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  4. Ma quanto ne sai, e senza neache aver messo piede a Londra! Forse qualche giornalista si è preso la briga di incontrare alcuni di costoro, o stiamo solo affastellando opinioni su opinioni attorno ad un nocciolo di bugia che è una notiza ANSA?

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  5. quindi? ci ha spiegato che non era una rivolta ma nonci ha detto cosa e' stata ma soprattutto il motivo di questa non-rivolta.

    Simone

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  6. "... non è accaduto altro che quanto abbiamo visto a New York, col black out del 1977..."

    Simo', rileggi e non scassare il cazzo.

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  7. Perfettamente d'accordo con Malvino.

    Per tomate: io ci abito in UK e la rivolta l'ho vissuta abbastanza da vicino. Ed è abbastanza semplice capire perchè non è una rivolta, ma l'anarchia.

    In una rivolta c'è un'unità di intenti che qui è completamente mancata. E' stato un tutti contro tutti, dove la polizia ha preso poco e niente parte agli scontri.

    Basta vedere il "bollettino di guerra" per capirlo: un pistolettato a Croydon in circostanze oscure, tre musulmani investiti a Birmingham mentre difendevano i loro chioschi, un uomo morto in seguito all'aggressione mentre cercava di spegnere un fuoco. Gente (non certo abbiente) rimasta senza casa perchè gli era stata bruciata.

    Onestamente chi parla di rivolta, se non persino di rivoluzione, non c'ha capito un emerito cazzo.

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  8. Va bene, non sarà una rivolta. Ma non credi che sia opportuno anche sollevare il velo della furia distruttiva irrazionale (e talora idiota) per cercarne le cause sociali, per denunciare l'impoverimento generalizzato e la scomparsa dei diritti sociali?

    Dici che manca l'interlocuzione col potere cosituito. Ma il potere costituito, per loro, non è proprio il possesso privilegiato delle merci? Secondo Alan Moore (anarchico, quello di V per Vendetta) "È quel genere, peraltro prevedibile, di collasso sociale che si avrà inevitabilmente se i governi non avranno il coraggio di affrontare le banche e le corporation, i veri responsabili per le condizioni economiche attuali, e anzi continueranno a voler tagliare le più semplici infrastrutture a una sottoclasse di persone che rappresenta la fascia più vulnerabile, meno istruita e volatile della società: gente che non ha legami con la società e che quindi si sente di non aver nulla da perdere". Eppure lui deplora e condanna "La follia teppistica".
    Insomma, cosa c'è dietro il loro amore/odio per la merce? Questo mi chiedo innanzitutto.

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  9. Concordo in pieno col Castaldi. Tomate, io a Londra ci sto da 10 anni e la protesta per il tipo ucciso e' finita dopo 1 ora, il resto e' stato un dirottamento ad hoc fatto da bande e schizzato fuori controllo anche per i loro standard, con contorno di opportunisti, compresi bambini e maestri elementari.

    Alberto

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  10. @TOMATE

    Luigi magari no, ma qui in UK di giornalisti che si sono 'presi la briga' ce n'è stato più d'uno, ma non è che sia emerso qualcosa che si discosti granchè da quanto detto in questo post.
    Non c'è dubbio che ci siano cause, ma i rioters non sembrerebbero avere un obbiettivo consapevole, non sono 'contro' nulla, se così si può dire.

    Di seguito Zoe Williams per il Guardian, qualche ciorno fa:

    "Consumer society relies on your ability to participate in it. So what we recognise as a consumer now was born out of shorter hours, higher wages and the availability of credit. If you're dealing with a lot of people who don't have the last two, that contract doesn't work. They seem to be targeting the stores selling goods they would normally consume. So perhaps they're rebelling against the system that denies its bounty to them because they can't afford it."

    http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/aug/09/uk-riots-psychology-of-looting

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  11. beh, fa piacere essere meno soli. Grazie, sempre bello passar di qua. Stia bene.
    Ghino La Ganga

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  12. Avrei voluta scriverla io questa cosa, ma una certa pigrizia o incapacità me lo ha impedito. Bravo.

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  13. "Don't know what I want but
    I know how to get it"

    Credo che si possa riassumere così.

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  14. avevo lasciato un commento ieri, dicendo che era piacevole sentirsi meno soli: poichè condivido quanto scritto nel post. Nulla trovo, sicchè ritento. Stia bene, sempre bello passar di qua.
    Ghino La Ganga

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  15. concordo con Pisacane. il fatto che non sia una rivolta ma un saccheggio non ci permette di concludere qui l'analisi, la domanda che rimane è: perché in una società opulenta una fetta tanto trasversale ed eterogenea della popolazione si va a prendere quello che vuole? che legame c'è con il rapporto tra merce e identità, con la distribuzione della ricchezza, l'istruzione in questa società? comprendere, che ovviamente non significa giustificare né elevare a rango di rivolta antisistema...

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  16. Due appunti:

    - per chi taccia Castaldi di escludere un'analisi sociale, penso che stiate prendendo un granchio: semplicemente Castaldi dice una cosa (anzi due), che considerare questo saccheggio una rivolta è sbagliato (e l'hanno fatto in molti, a partire da quei soloni dei Wu Ming). In secondo luogo, se si vuole capire quello che è successo bisognerebbe vedere di più a fenomeni come quello del blackout di New York. Che ha anch'esso una sua ragione sociale complessa.
    - a Pisacane che cita Moore. Io farei attenzione su quel testo, per me è quantomeno dubbio come spiego qua http://edoliberal.blogspot.com/2011/08/il-manifesto-di-moore-sui-riots-ed-il.html

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  17. Complimenti per il post. Condivido parola per parola e anche la punteggiatura.

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