Il rinvio a giudizio di don Pierino Gelmini era un atto dovuto. Sarà stato il caldo d’agosto ma alla notizia d’essere indagato – e parlo del 2007 – l’intraprendente pretonzolo (scusate lo scioglilingua) rilasciò interviste che da sole avvaloravano l’ipotesi di reato: al pm bastavano quelle per puntellare l’ipotesi accusatoria.
Arriva a convincersene, oggi, anche chi espresse piena e chiassosa solidarietà all’indagato e il centrodestra rinnova la fiducia nella sua innocenza, ma con molto meno chiasso e con qualche defezione. Non parliamo della Santa Sede, non parliamo della Cei: quasi il silenzio, solo voci sparse e da modulario. Insomma, poverino, manda cattivo odore contro ogni previsione, come la salma di quel sant’uomo di Zosima ne I fratelli Karamazov.
Per trovare chi dice che don Pierino continua a profumare di lavanda e ciclamino bisogna andare a cercare su pontifex.roma.it e qui non si rimane delusi. Si tratta di uno di quei blog – sempre collettivi, e non è difficile capire il perché – ai quali non conviene badare troppo, perché prima o poi sono rovinati dalla competizione a chi la spara più grossa: di post in post, la linea editoriale diventa un balletto delirante, una grottesca giostra di coatti, facendo venire il sospetto che si tratti di un fake. È il caso di dauomo.com, per esempio: un post ti fa storcere il muso, il secondo ti fa incazzare e il terzo ti fa balenare l’ipotesi che si tratti di cabaret a tema, un po’ ossessivo-compulsivo e dunque assai noioso.
La gamma naturalmente è assai più ampia, da lugubri compagni di merenda a vere e proprie redazioni aperte, parecchio forumizzate.
Perché commentare un post di pontifex.roma.it, allora? Per vedere se davvero è un fake.
“Come noto, don Pierino Gelmini é stato rinviato a giudizio dal gup di Terni per molestie sessuali nei confronti di alcuni ragazzi della sua comunità”. “Come noto”, un cazzo: in tv la cosa aleggia, non di più. Se un imam fosse stato rinviato a giudizio, anche per molto meno, avremmo Vespa, il plastico della moschea, Introvigne, padre Amorth e il fantasma di Oriana Fallaci.
“Rispettiamo il parere del magistrato…” – bravi! – “… e siamo certi che dal giudizio don Gelmini uscirà vittorioso e a testa alta…” – benissimo, ogni certezza è legittima fino a sentenza.
“Dipendesse dal cognome del Gup, Panariello, potremmo definire comico il rinvio a giudizio” – già si comincia a cagare fuori dal vasetto, ahia! “Le accuse paiono davvero poco credibili e formulate forse da gente che nutriva rancore o altri inconfessabili obiettivi nei confronti di don Gelmini nei cui confronti da certa stampa si é rivoltata la vita come un calzino. Bene, anche in caso di una vecchia condanna per assegni a vuoto, che cosa significa? Nulla”. Due o tre passaggi e don Pierino è martire: prima del martirio, prima del processo e dell’eventuale condanna.
Si opera una volgare contraffazione dei piani sui quali stanno la vecchia condanna e l’odierna imputazione, come se il rinvio a giudizio odierno fosse un prolungamento della persecuzione mediatica per un reato che il Gelmini ha già scontato: il diritto all’oblio diventa diritto di essere creduto sulla parola. Si può continuare a leggere solo immaginando che si tratti del sofisticato gioco intellettuale di una banda di laicisti viziosissimi, sennò si lascia perdere.
“Ciascuno può sbagliare nella vita: questo moralismo da accattoni ci indigna”: aumentano le possibilità che sia un fake, perché “morale da accattone” in bocca a un buon cristiano sta come un salsiccia party a Medina. “Occorre dire che non tutta la Chiesa cattolica ha mostrato piena solidarietà a don Gelmini…” – sì, è vero, lo dicevamo – “… quella stessa Chiesa che nel passato, per sua stessa ammissione e richiesta di perdono, ha chiuso un occhio e magari due davanti ai casi di pedofilia, ben più gravi rispetto ad ipotesi di molestie su maggiorenni, ammesso che ci siano mai state” – e qui per salvare il culo a don Pierino lo si scopre addirittura al Papa.
È un fake, è un fake…