“Insomma, il quesito sta nel titolo di questo articolo del Corriere della Sera: il cibo a un malato con un sondino è terapia o solo alimentazione? È evidente che, se lo si considera terapia, si può evocare la questione dell’accanimento terapeutico. [...] Luigi Castaldi aveva risolto la questione con una memorabile proposta sul suo blog Malvino. [...] Castaldi proponeva il seguente esperimento: se il ministro Sacconi e la sottosegretaria Roccella sono in grado di inserire un sondino a un paziente in terapia intensiva e con ciò alimentarlo senza ucciderlo [1], allora è evidente che si tratta di un trattamento ordinario; se invece occorrono un medico e degli infermieri [2], be’, allora non si può sostenere che quello è il bicchiere d’acqua e quello è il pezzo di pane, perché chi lo sostiene mente sapendo di mentire. La proposta Castaldi ci pare ineccepibile”
Massimo Bordin, Stampa e Regime
[1] “Domani, in Parlamento, si comincerà a discutere di testamento biologico e pare che il punto sul quale sarà impossibile trovare intesa sia quello relativo all’alimentazione e all’idratazione artificiali: c’è chi le ritiene cure mediche cui «nessuno può essere obbligato» (Costituzione, art. 32), e che in sede di testamento biologico sia legittimo rifiutarle; e c’è chi, invece, non le ritiene affatto cure mediche, pur convenendo che si tratta di mezzi artificiali, e che esse debbano essere obbligatorie per tutti. Si tratta di due posizioni che non ne consentono una terza: l’alimentazione e l’idratazione artificiali sono cure mediche, o non lo sono. Io sono dell’opinione che lo siano, però potrei cambiare idea se una Eugenia Roccella o un Maurizio Sacconi – tanto per citare i primi due che mi saltano in mente – mi dimostrassero di saper infilare un sondino nasogastrico a un soggetto in stato vegetativo permanente, senza infilarglielo in trachea o farglielo uscire da un orecchio: nel caso non vi riuscissero e per farlo fossero costretti a chiedere l’aiuto di personale medico, questo genere di cura si configurerebbe come trattamento sanitario o no?” (Malvino, 26.1.2009).
[2] “Per applicare un sondino nasogastrico occorrono un sondino in materiale plastico (meglio se silicone), della pomata lubrificante che abbia tra i componenti dell’anestetico locale, una vaschetta di plastica, una siringa con catetere da 50 ml ed un’altra senza catetere, un bicchiere d’acqua, del cerotto e delle garze, un telino sterile, un fonendoscopio e dei guanti.
[2] “Per applicare un sondino nasogastrico occorrono un sondino in materiale plastico (meglio se silicone), della pomata lubrificante che abbia tra i componenti dell’anestetico locale, una vaschetta di plastica, una siringa con catetere da 50 ml ed un’altra senza catetere, un bicchiere d’acqua, del cerotto e delle garze, un telino sterile, un fonendoscopio e dei guanti.
Prima di applicarlo bisogna valutare quale delle due narici sia quella che offra maggiore facilità di inserimento, riconoscendo eventuali patologie (ipertrofia dei turbinati, deviazioni del setto, ecc.), e calcolando la porzione del tratto del sondino da inserire per evitare che il capo peschi nell’esofago, se troppo corto, o faccia anse nello stomaco, se troppo lungo. Lubrificato il sondino con la pomata, lo si infila nella narice prescelta spingendolo con delicatezza e ruotandolo sul suo asse maggiore fino ad arrivare al rinofaringe. Qui bisogna far estendere il capo di circa 45° per far scivolare la punta del sondino lungo l’ipofaringe e verso l’esofago, evitando di infilare la laringe e la trachea o di provocare danni all’epiglottide e alle corde vocali, ma soprattutto per evitare che il “cibo” vada a finire nei polmoni provocando da semplici polmoniti e letali asfissie. Per consentire un migliore scivolamento del sondino, si fa bere dell’acqua al paziente (se è in grado di deglutire, sennò si accetta l’eventualità di qualche piccolo sanguinamento da abrasione). Nel corso dell’inserimento si provvede ad aspirare a più riprese il materiale (muco, saliva e sangue, per lo più) che possono venirsi ad accumulare lungo il tragitto del sondino. A complicare l’operazione, di sovente, subentra il riflesso della tosse (rammentiamo che tale riflesso può essere presente anche in soggetti con gravissime ed estese lesioni corticali): in questi casi conviene soprassedere rimandando ad altro tentativo con premedicazione adeguata. Una volta infilato il sondino, si valuta col fonendoscopio la presenza di quei rumori che ne attestino il corretto posizionamento nello stomaco, e se ne fissa col cerotto l’estremo che emerge dalla narice, provvedendo ad una aspirazione dei succhi gastrici di cui l’inserimento del corpo estraneo abbia eventualmente stimolato la produzione. Quindi, si chiude il foro esterno del sondino con un tappetto – a piacere, giallo, rosso o verde – in attesa di applicarvi l’ugello della pompa che somministrerà il “cibo”. Dimenticavo: anche quando correttamente inserito, il sondino nasogastrico ha tendenza ad ostruirsi e deve essere sostituito con una certa frequenza” (Malvino, 13.2.2009).