Cominciamo col dire che “oogenesi” era corretto e cambiarlo in “ovogenesi” non era necessario. Poi diciamo che la risposta elude il problema da me posto, riducendolo a questione “grammaticale”. E questo è disonesto, perché io chiedevo, in ordine: (a) ma ’sto cazzo di musicologo che si diletta di embriologia sa di cosa parla se confonde la meiosi con la fecondazione? (b) suppongo che leggiate quello che mandate in pagina: devo dedurre che un errore ripetuto tre volte vi sia scappato tre volte o che anche voi ignoravate il significato di meiosi? (c) la mia lettera è stata spedita alle 7,47 di giovedì 18 e su Il Foglio di venerdì 19 non c’era ancora alcuna rettifica dell’errore, né da parte vostra, né da parte di qualche lettore, anzi, la rubrica delle lettere aveva come titolo “Note sul formidabile manifesto anti aborto di F. M. Colombo”: a me pare formidabile soltanto il fatto che nessuno tra i 7-8 redattori e i 7-8.000 lettori de Il Foglio abbiano notato lo strafalcione. (Qui ho una mezza idea: quando Il Foglio e i foglianti si danno alla liturgia antiabortista, perdono il lumicino dell’intelletto. Come ai patiti della messa in latino si può tranquillamente rifilare un brano di Cicerone, così a chi vorrebbe abrogare la legge 194 si può tranquillamente rifilare uno “zigote nel momento in cui la meiosi l’ha prodotto”.)
Poi ci sarebbe da parlare del “manifesto”, che in realtà, come ho già scritto sul mio blog (glielo consiglio: senza godere di finanziamento pubblico, ha più lettori del suo giornale), è il solito temino scritto col sentimento, zeppo dei luoghi comuni cari ai nemici della legge 194, nel quale lo strafalcione sulla meiosi si incastona a meraviglia. Lei ne spreme il succo scrivendo che, “quando un maschio e una femmina si accoppiano, il risultato è un bambino, anzi, quel bambino”, e che “l’insorgere della persona è il frutto di una copula”. Bene, questo le sembrerà espressione di “un pensiero forte, realista, autoritativo e veritativo”, ma in realtà si tratta di affermazioni rozze e superficiali, che non fondano alcuna verità. Infatti, quando un maschio e una femmina si accoppiano non sempre il risultato è un bambino: anche quando avviene la fecondazione, il risultato è assai spesso un aborto spontaneo. Dire, quindi, “quel bambino” è una retroproiezione. Tutto questo, ovviamente, se parliamo del maschio e della femmina della specie umana, sennò, “quando un maschio e una femmina si accoppiano”, il risultato può essere anche un bacarozzo.
Altrettanto rozzo e superficiale, dunque, è affermare che “l’insorgere della persona è il frutto di una copula”: tra copula e persona ci sono di mezzo molti passaggi, né sufficienti, né necessari. Qualunque definizione si possa dare di “persona”, infatti, non si dà nel frutto di una copula che generi un essere inadeguato ad assumerla, come è nel caso di un feto anencefalo o di una mola vescicolare, che pure hanno una identità nuova e distintada qualunque altra. In realtà (questa sì vera realtà, di là da interpretazioni retroproiettive), si ha persona solo se (e quando) il prodotto della fecondazione arriva a raggiungere un grado di sviluppo tale da renderla possibile. Prima di tale grado non si ha bambino, se non nelle aspettative, ma un feto. E fuori da tali aspettative un feto è un feto, non è ancora persona. Potrebbe non diventarlo mai. Può dispiacere, ma è così. Si consoli con la musica.
La presente replica non le sarà inviata, perché anche in questa occasione lei dimostra palesemente di non essere in grado di sostenere uno scambio di opinioni: elude le questioni sollevate e si rifugia in sciatti luoghi comuni che pretende siano considerati tabernacoli di verità. E in fondo questo spiega perché sul suo giornale vadano in pagina stratosferiche cazzate come quelle di Francesco Maria Colombo sulla meiosi, se solo soddisfino il requisito di foderare i luoghi comuni contro l’aborto di soffici sentimentalismi.
La presente replica non le sarà inviata, perché anche in questa occasione lei dimostra palesemente di non essere in grado di sostenere uno scambio di opinioni: elude le questioni sollevate e si rifugia in sciatti luoghi comuni che pretende siano considerati tabernacoli di verità. E in fondo questo spiega perché sul suo giornale vadano in pagina stratosferiche cazzate come quelle di Francesco Maria Colombo sulla meiosi, se solo soddisfino il requisito di foderare i luoghi comuni contro l’aborto di soffici sentimentalismi.