L’articolo pubblicato su napoli.repubblica.it il 22.10.2012 che aveva per titolo «Lei è antidemocratico come la camorra» è stato rimosso dal sito, non saprei dire per quale ragione. Me lo fa presente un caivanese assai indignato dal contenuto del post al quale avevo dato lo stesso titolo (trovate tutto tra i commenti a quel post), che pretende rettifica e scuse, sennò – dice – mi querela. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che dopo aver scritto il post non sono più andato a ricontrollare se la pagina di napoli.repubblica.it fosse stata rimossa, d’altra parte quella pagina è stata ripresa da oltre 150 siti che hanno dato rilevanza proprio a quel virgolettato. Sul contenuto del mio post, invece, non posso accontentare l’anonimo commentatore. Scrive che «padre Maurizio Patriciello… parla a nome di tutti i cavanesi... in un territorio, dove il padre è l’istituzione… questa "delega" gli è stata conferita da più di 20000 persone che nel paese oramai vedono in lui la speranza »: nel post chiedevo a quale titolo e con quale procedura fosse stato delegato, ma non ne viene data notizia, sicché non vedo cosa dovrei ritirare, perché la domanda resta senza una risposta. «Altra irregolarità» lamentata dall’anonimo è che «il prefetto è sempre stato avvisato… c’è sempre stato un appuntamento»: il riferimento è all’incontro tra don Patriciello e il Prefetto di Caserta, la «signora», ma anche qui non saprei cosa ritirare, visto che è lo stesso don Patriciello ad affermare: «Il giorno dopo sono andato dal Prefetto di Caserta, Carmela Pagano, senza appuntamento e non mi hanno fatto entrare» (la Repubblica, 22.10.2012 – articolo in cartaceo, che non ha mai subito rettifica). La cosa più interessante, tuttavia, è la chiusa dell’anonimo: «Vengano rivolte delle scuse. Qui ci sono tutti gli estremi per una querela. Che se possibile i cittadini di Caivano proporranno. Cosi capirete bene chi gli ha dato la delega!». Ecco, «se possibile», sono in attesa di una richiesta formale perché a un commento anonimo non posso dare più attenzione di quanta ne concesso qui. Io ho scritto che «don Patriciello si sente investito di una
missione suppletiva a quella del sacerdozio, pretende di incarnarla, e guai a
chi si azzarda a rammentargli che non è un politico, non è un tecnico, ma un
arruffapopolo. Animato, sì, da buone intenzioni. Che però non sono sufficienti
a dargli deleghe. Potrà farsi portavoce delle anime dei cattolici di Caivano,
ma se vuole interpretare altro ruolo è necessario vi si candidi e raccolga
consenso in forme e in modi che lo legittimino dinanzi alle istituzioni dello
Stato», e ho aggiunto: «A me costui non piace proprio». Ribadisco.
Spiace doverle dare ragione, Dottore. Non spiace per antipatia personale, che come lei sa non esiste. Spiace perché, se i commenti su questa vicenda si fossero limitati ai rilievi sull’atteggiamento di un vecchio trombone elevato dallo Stato a una funzione ben retribuita ma inutile (parlo del prefetto di Napoli, visto che c’è in giro un sacco di gente capace di fraintendere) allora, per una volta, si sarebbe potuto concedere il beneficio del dubbio a un reverendo: certo esibizionista, ma forse in buona fede, e magari avvocato di una causa giusta. Invece, l’anonimo autore del minaccioso commento al precedente post fa passare tutto in seconda linea. Prima di tutto per l’anonimato, che, nel caso specifico di chi minaccia querele, semplicemente non si dà. Si deve notare, a questo proposito, che l’anonimo, proprio mentre parla di deleghe popolari al parroco, si dimentica di spiegare quale deleghe abbia avuto lui, a minacciare querele a nome dei cittadini di un intero comune: né potrebbe farlo, essendo, appunto, un anonimo. In secondo luogo, essendo noi bene addentro al secolo XXI, ci si dovrebbe aspettare, da chi riceve mandati di rappresentanza così allargata, un minimo di conoscenza della lingua italiana. Spero che non sembri una considerazione marginale o formalista: qui si parla di rappresentanza, e allora queste moltitudini abbiano il buon senso di mandare avanti qualcuno munito di licenza media. La terza ragione è, invece, di merito. Tutti noi abbiamo (ancora) diritto di critica, ma, soprattutto, nel momento in cui si invoca il rispetto della legge non possiamo dimenticare che la rappresentanza è sancita, appunto, dalla legge. Se la rappresentanza proviene da dubbi rassemblement spontanei, nello stato di diritto vale zero. Il che, in una democrazia rappresentativa, equivale a dire che è antidemocratica, o almeno -mi voglio rovinare- ademocratica. Se per caso fosse in corso una rivoluzione (della quale però non abbiamo notizia) è chiaro che ciò sarebbe meno rilevante. Ma una rivoluzione che procede a colpi di querele pare una contraddizione in termini. La quarta e ultima ragione del nostro dispiacere è che l’anonimo minacciante tende a accreditare l’ipotesi che il parroco sia a conoscenza della sua iniziativa. Questo, beninteso, non lo crediamo. Ma dispiace di dovere soltanto prendere in considerazione l’ipotesi.
RispondiEliminaSpiace doverla ringraziare, Erasmo.
EliminaCritiche ineccepibili al parroco. Viene da chiedersi tuttavia se altrettanto rigore formale sarebbe stato applicato nel caso non si fosse trattato di un prete.
RispondiElimina