C’è un buco da riempire nella storia che Antonio Socci ci racconta oggi su Libero, ed è il buco tra il 1353, anno in cui Goffredo di Charny dona ai canonici della collegiata di Lirey la sindone oggi in ostensione a Torino, e il 1451, anno in cui una discendente di Goffredo, Margherita di Charny, se ne riappropria: 98 anni, quasi un secolo di silenzio, mentre invece in questo secolo avvengono cose molto interessanti a questo telo, che pure per Antonio Socci “avvolse il corpo di Gesù”. Avviene, per esempio, che il 6 gennaio 1390 papa Clemente VII emana una bolla nella quale si ordina che ad ogni futura ostensione del telo si debbano avvisare i fedeli “ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero sudario di N.S. Gesù Cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del sudario”.
Riempito il buco lasciato da Antonio Socci, diciamo che papa Clemente VII ci torna utile come paradigma. E dunque, sì, “altre priorità incalzano” (così Massimo Bordin nel chiudere il suo rapido commento all’articolo su Libero); e davvero l’interrogazione parlamentare firmata dai radicali Perduca e Poretti (se la sindone appartenga alla Chiesa o allo Stato) è da stigmatizzare come cosa futile, se non superflua; e tuttavia, senza l’interrogazione dei due e senza l’articolo di Antonio Socci, non saremmo arrivati al “paradigma di Clemente VII”.
Avviso il mio lettore – se un lettore arriva al secondo capoverso di uno dei miei post, prolisso come sono, posso ragionevolmente dirlo mio – che col “paradigma di Clemente VII” non voglio tornare all’eterna ragione della mia polemicuzza sul cattolicesimo come fabbrica di mistificazione, e dunque non voglio parlare della sindone. Anzi, se il mio lettore avrà la pazienza di arrivare al terzo capoverso, capirà che voglio utilizzarlo per tutt’altro, e cioè per offrire una chiave di lettura su un elemento costante e parallelo alla mistificazione, lungo tutta la storia del Papato, fino ad innervarla come sua ragione: il traffico di favori in cambio di denaro, e viceversa.
Infatti, mi proverò ad applicare il “paradigma di Clemente VII” a vicende recenti – la scoperta dell’enorme flusso di denaro che padre Marcial Maciel Degollado avrebbe fatto arrivare nelle tasche di Giovanni Paolo II e indirettamente alla Segreteria di Stato e a strategici settori della Curia per comprare silenzio sul suo variegato campionario di peccati e reati – e a persone viventi – il cardinale Angelo Sodano, suo nipote Andrea, il suo socio in affari Raffaello Follieri… Ma prima parliamo del “paradigma di Clemente VII”.
Clemente VII emana la bolla del 6 gennaio 1390 in forza di ciò che gli è stato fatto noto da Pierre d’Arcis, vescovo di Troyes, che sul telo ha fatto delle indagini scoprendo che si tratta di un falso e riuscendo ad ottenere anche la confessione dal falsario. Tutto qui? Magari, sarebbe troppo semplice, e nulla è troppo semplice nella storia della Chiesa, perché per portare davanti alla sindone milioni di fedeli, non già avvisandoli “ad alta voce” che si tratta di un falso, ma sussurrando loro che, chissà, potrebbe trattarsi pure del telo che “avvolse il corpo di Gesù” – per fare questo, spremendo lucrosamente la devozione – c’è bisogno di mistificare, coprire, nascondere, insabbiare… E niente più del denaro serve allo scopo.
L’enorme flusso di denaro che la sindone poteva far arrivare a Roma – così promette casa Charny – fa emettere una nuova bolla a Clemente VII, sei mesi dopo: ora la sindone è sicuramente “impronta o immagine di N.S. Gesù Cristo”, degna di “venerazione”. La verità è finalmente sepolta nella mistificazione, “ogni frode” è lecita.
L’enorme flusso di denaro che padre Maciel fa arrivare all’Obolo di San Pietro, cioè a Giovanni Paolo II, spiega da solo il silenzio comprato sui suoi peccati e sui suoi reati? Così dicono i gesuiti d’Oltreoceano, mica Richard Dawkins. Fu così che per anni il fondatori dei Legionari di Cristo poté consumare abusi su seminaristi, donne, bambini. Pare fosse sadico e morfinomane, e questo non lo sostengono i militanti dello Uaar, ma i suoi più stretti collaboratori. E tuttavia il “paradigma di Clemente VII” ci induce a cercare altri beneficiari del denaro di padre Maciel, perché i Charny non unsero direttamente il papa: si limitarono a fargli capire che la sindone avrebbe potuto fruttare al Papato anche nel 2010.
E come fecero? Creando il clima di necessità di insabbiamento che si leggono nelle parole del cardinal Joseph Ratzinger quando un vescovo messicano gli segnala il curriculum di criminale e di peccatore di padre Maciel: “Si tratta di materia molto delicata, dato che padre Maciel ha fatto molto per la Chiesa e in più è molto amico del papa”.
Chi ha le carte in regola per mettere in buona luce un mostro di quel genere agli occhi di Giovanni Paolo II? Bravi, avete intuito: il suo Segretario di Stato.
Un suo nipote – quando si dice nepotismo – è ingegnere e imprenditore, ed è a lui che arriva il pacco di soldi che padre Maciel investe a Roma per la costruzione dell’università dei Legionari di Cristo. Andrea Sodano non è solo il nipote del cardinal Sodano ma è anche il socio in affari di quel Raffaello Follieri, oggi in carcere negli Usa per aver…
Ma questo post – come nel titolo – voleva essere solo il civettino di un articolo che l’ottimo Alessandro D’Amato dovrebbe star scrivendo in questo momento.
Per Giornalettismo.com, a breve.
Mi permetto di segnalarvelo anche senza averlo ancora letto.
Aggiornamento (h. 0.15)
Ne ho letto la prima stesura ed è già un pezzo eccezionale.