Spesso
rinuncio a intervenire in dibattiti che sollevano questioni sulle
quali mi sono già ampiamente espresso in precedenza, ma nel caso
posto dalla campagna che Il Foglio pare aver intrapreso per
sollecitare un tribunale a dichiarare «l’illegittimità
costituzionale del Movimento fondato da Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio»
(non si era detto che la stampa fa sempre troppa indebita pressione
sulla magistratura?) credo valga la pena tornare al punto in cui
rilevavo che «i partiti italiani – tutti, quindi non fa
differenza se rigettano la denominazione, preferendo quella di
movimento – sono enti di fatto, non persone giuridiche, e come tali
non hanno da dover render conto a chicchessia dei loro statuti, né
di come è retta la loro vita interna»
(Malvino, 9.8.2016).
Su queste pagine non si sono mai risparmiate critiche al M5S,
talvolta anche feroci, e tuttavia spesso ho dovuto respingere con
fermezza l’insinuazione che io
gli riservassi qualche simpatia solo per aver scritto che molti suoi
avversari non avevano alcun diritto a muovergliene di simili.
Con
quale faccia tosta un radicale può dare del settario a un grillino,
Forza Italia può accusare il M5S di essere un partito-azienda,
Salvini definire Grillo populista? Con quale faccia tosta un De Luca
può avere da ridire su un Di Battista, un Orfini su un Di Maio, una
Picierno su una Taverna? Con quale faccia tosta si possono sollevare
critiche sulla democrazia interna al M5S, sulla gestione del suo
simbolo, sull’amministrazione
delle sue risorse, da dirigente, militante o anche semplice elettore
di un partito che non gli è per niente diverso, e in più si pappa
ogni anno diverse milionate di denaro pubblico?
Lasciamo perdere, mi
stavo facendo prendere la mano, torniamo alla brillante idea di sciogliere il M5S perché dentro non c’è
abbastanza democrazia (per inciso: dalle pagine di un giornale
fondato da uno che nel Pantheon ci ha accatastato Togliatti, Craxi,
Berlusconi, Benedetto XVI e Renzi, che nelle rispettive ditte, si sa, hanno sempre fatto respirare democrazia a pieni polmoni).
Ripetendomi: è fattualmente
impossibile, e giuridicamente illegittimo, metter naso nella vita
interna di un partito o di un movimento fino a quando non si
procederà a ridefinirne la natura, conferendogli l’onere di persona giuridica. Fino ad allora, «la loro linea politica continuerà ad
essere tracciata a dispetto delle tesi congressuali e dei programmi
elettorali, potendo così continuare a tradire la volontà dei loro
elettori e degli stessi iscritti; ruoli e incarichi continueranno ad
essere assegnati per cooptazione, sulla base del solo merito di una
fedeltà da ottusi gregari, che è il miglior modo per selezionare la
peggior classe politica; a compilare le liste elettorali
continueranno ad essere i membri di segreteria; a disporre della
cassa, per lo più piena di denaro pubblico, continuerà ad essere
chi di fatto – e in sostanza anche di diritto – è padrone del
partito». E nel caso del M5S si potrà arrivare perfino al
paradosso che sarebbe l’ultimo a
dover esser sciolto. Può darsi che sia questa la ragione per cui in
Parlamento non è mai arrivato in discussione un disegno di legge che
conferisca l’onere di persona
giuridica ai partiti politici.
Resta tuttavia la necessità di far
fuori il M5S in qualche modo, capisco, e pare non basti rimangiarsi
l’Italicum, che adesso non va
più bene solo perché i sondaggi dicono che favorirebbe la discesa
degli Hyksos: occorre altro, e non si sa bene cosa, sicché si procede a tentativi, senza tener conto che probabilmente è proprio il non riuscire a trovarne uno efficace – rectius: democraticamente efficace – a renderlo sempre più forte.