Dopo averci rotto il cazzo per tre lustri con tediosi tormentoni come “giornale cognato” e “giornale berlusconiano tendenza Veronica”, Giuliano Ferrara non si scomoda neanche con due righe per avvisarci che Miriam Bartolini si è disfatta del 38% della proprietà de Il Foglio. Non si è trattato di una vendita, come i giornali di ieri ci hanno fatto credere, ma della decisione della signora di non buttar più soldi in una partecipazione che si è ridotta a spartir perdite, come ci ha illustrato l’ottimo Tommaso Caldarelli (Giornalettismo, 8.7.2011).
Nonostante sia innaffiato da generosi finanziamenti pubblici, Il Foglio va appassendo. Sarà che il mondo va a rotoli, o almeno un certo mondo. Sarà il secolarismo, sarà che Bisignani è impedito, chi può dire. E la signora se ne libera come un vestito vecchio che non è buono neanche a restare in fondo al guardaroba in attesa che diventi vintage. Per tenerselo le sarebbe bastato spendere la metà di quanto le costa il parrucchiere ogni sei mesi, ma ha deciso non valesse la pena.
Si poteva affidare la notizia alla penna della Benini, che certamente ci avrebbe spiegato la cosa con la metafora della divorziata che butta nella spazzatura lo spazzolino da denti del marito ritenendolo indegno perfino di pulire il fondo della gabbia dei canarini. O almeno a una vignetta di Vincino, che quando si tratta di essere carogna diventa sempre più simile a Forattini. E invece niente, neanche un “velina ingrata”.
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