È buona
norma, quando si polemizza, essere onesti con gli altrui argomenti e usare toni
garbati. Ahimè, non sempre è possibile. Spesso, infatti, fallacia chiama
fallacia, sarcasmo chiama sarcasmo, e qualche volta la polemica degenera in
rissa. Quando voglio evitare che questo accada, e tuttavia sento irrinunciabile
la polemica avverso una tesi che ritengo insostenibile, io ricorro a un
espediente che mi si è rivelato sempre efficace: prendo in considerazione solo
gli argomenti che in sostegno di quella tesi sono prodotti da persona di riprovata
onestà e d’indole affabile, e devo confessare che, quando li ho trovati solidi
fino al punto da cambiare idea, dichiararmi sconfitto è stato un piacere.
Il
guaio è che con la ristrettissima cerchia di persone cui riconosco tali meriti
vado d’accordo su quasi tutto, mentre sul poco che ci vede in disaccordo non vale
la pena di polemizzare, perché attiene per lo più a differenze di gusto. Stavolta,
però, sul caso Cancellieri, mi è offerta l’opportunità, e da Massimo Bordin,
che non ha eguali, a mio modesto avviso, per intelligenza, rettitudine e
signorilità. Posso così trascurare del tutto gli argomenti che in favore del
Guardasigilli sono stati fin qui prodotti da ingenuità o malafede, con ciò
evitando il rischio di scivolare nell’invettiva, per prendere in considerazione
solo quelli che Massimo Bordin ha esposto nel corso della rassegna stampa di
lunedì 4 novembre, dai microfoni di Radio Radicale.
Occorre, tuttavia, una precisazione:
i suoi argomenti, in realtà, sono controargomenti, rapide e asciutte
annotazioni polemiche a margine degli articoli di quanti stigmatizzavano la
condotta del Ministro della Giustizia. Argomenti non per questo meno efficaci di una vera
e propria difesa del suo operato, e con una ben chiara linea, tutta in punta di
principio. E qui mi pare ci sia il primo punto debole dell’argomentazione
offerta da Massimo Bordin, perché in difesa di questo principio, che è quello
più correntemente detto «umanitario», un altro principio, quello più
correntemente detto «legalitario», trova modo di essere degradato a mera
pulsione «giustizialista», a cieco arco riflesso che trasforma il sacrosanto
bisogno di giustizia in bieco desiderio di vendetta, in crudele accanimento su un
capro espiatorio che perde ogni dignità di persona per farsi vittima sulla
quale una plebe inferocita abbia a sfogare ogni sorta di disagio e di
malessere.
Perché il principio «umanitario» possa degradare in tal modo quello «legalitario»
occorre dimostrare che il primo non sia meno «giusto» del secondo, ma che anzi il
primo abbia in sé una logica che non si esaurisce nella pietà, ma fa vera
«giustizia», mentre il secondo piega la «legge» a un’urgenza deterrente o
punitiva che riduce il colpevole, e spesso anche solo il presunto colpevole, al
reato ascrittogli da un’accusa che considera ogni garanzia un ostacolo al
soddisfacimento di quella urgenza. Sembrerebbe d’essere, in buona sostanza,
dinanzi a quanti vogliono a tutti i costi vedere nell’operato di Anna Maria Cancellieri
un abuso di potere trascurando gli elementi che fanno della sua «umanità» la
più genuina espressione di ciò che la «legge» deve essere per realizzare «giustizia».
Qui potremmo levitare ai massimi sistemi. Potremmo farci aiutare da Jacques
Derrida nel definire la relazione tra «legge» e «giustizia» (Force de loi,
1994). Potremmo addirittura riandare alla filogenesi del diritto come espressione
di quella «teologia politica» che si assume il compito irrealizzabile di trovare
in terra un equilibrio, se non la sintesi, di «carità» e «verità» (Der Nomos
der Erde, 1974). Meglio rimanere con i piedi a terra e, pur riconoscendo nel
caso Cancellieri tutti gli elementi che consentono una presa di posizione
istintivamente «umanitaria» o «legalitaria», limitiamoci a considerare
esclusivamente quelli che reggono sul piano razionale.
Non c’è ombra di dubbio
che il provvedimento in favore di Giulia Ligresti sia stato «umanitario» o che
in tal modo sia presentabile a chi lo considera inopportuno per il solo fatto di aver avuto il primum movens nell’interessamento
personale del Guardasigilli. In primo luogo, tuttavia, è da risolvere un
problema che di fatto è posto dall’ambiguità della difesa in favore di Anna
Maria Cancellieri. Da un lato, infatti, si afferma che l’interessamento
personale ci sia stato, d’altronde appare innegabile dalla lettura della
conversazione telefonica intercorsa il 17 luglio tra il ministro e Gabriella
Fragni, nella quale, però, non si fa mai cenno a Giulia Ligresti, ma solo a suo
padre. Torneremo ancora su questa telefonata, per quello che lo stesso Massimo
Bordin non ha difficoltà ad ammettere sia il suo contenuto «imbarazzante», d’intanto
limitiamoci a rilevare che l’interessamento personale di Anna Maria Cancellieri in favore di Giulia
Ligresti è dato per certo nella telefonata intercorsa tra Antonino Ligresti e
Gabriella Fragni, il mese dopo, prima che le condizioni della detenuta siano
definite a rischio dai sanitari. Significherebbe che l’interessamento personale
del ministro ci sia stato in previsione di un rischio di là da venire, e di
fatto non accertabile in anticipo.
D’altro canto, però, si afferma che l’interessamento
del Guardasigilli in nulla sarebbe diverso da quello speso in favore di altri
detenuti, e dunque non sarebbe «personale» nel senso che gli si intende dare
per insinuare un trattamento di favore. Bene, tale affermazione regge solo sul
piano formale, perché in sostanza è falsa: degli oltre 100 casi portati all’attenzione
di Anna Maria Cancellieri solo 6 hanno avuto un esito analogo a quello che
riguardava Giulia Ligresti, e si tratta di casi in cui l’interessamento del
ministro c’è stato solo dopo che le condizioni dei detenuti erano state definite
a rischio dai sanitari, oltre al fatto che hanno ottenuto analoghi benefici
solo poco prima e poco dopo la scarcerazione di Giulia Ligresti. Ovviamente
quest’ultimo rilievo può sembrare malizioso, ma assume un discreto peso se
rapportato ai detenuti morti in carcere dal momento in cui Anna Maria
Cancellieri è diventato ministro della Giustizia ad oggi.
L’obiezione a questi
dati, che hanno significato per nulla ambivalente, è che il Guardasigilli fa
quello che può, a partire dai casi che arrivano alla sua attenzione. È obiezione
che solleva un problema più grosso di quello che intendeva risolvere, perché i
canali che consentono a un detenuto di arrivare o no al ministro della
Giustizia sono giocoforza diversi, sicché arrivarci o no costituisce un
elemento di discrimine che è posto a priori della sua carcerazione. Nel caso di
Giulia Ligresti sappiamo i modi in cui era posto. Sarà stata millanteria, ma Salvatore
Ligresti ha vantato di essere stato utile alla carriera di Anna Maria
Cancellieri: non è in questione perché l’abbia fatto, ma il fatto che abbia
ritenuto di poterlo fare con la possibilità di essere creduto.
In quanto alle
intercettazioni telefoniche che hanno sollevato il caso, appare in tutta
evidenza che la famiglia Ligresti vantava nei confronti di Anna Maria
Cancellieri dei crediti di natura tutt’altro che amicale. Anzi, ad essere
onesti, sembra che l’aver dato un impiego a suo figlio, descritto dai Ligresti
come un buono a nulla, fosse stato solo un investimento, che sembrava dare
scarso profitto a fronte del costo. Poco importa cosa pensasse Anna Maria Cancellieri dei Ligresti prima di
essere messa a corrente del contenuto di queste intercettazioni, e poco importa
cosa pensi ora: di fatto si è posta nella condizione di lasciar credere ai
Ligresti di poter tornare loro di qualche utilità. Poco importa, dunque, se nella
faccenda ci siano gli estremi del reato, anche se questa non è questione da
accantonare: ciò che importa è che quanto Giulia Ligresti ha avuto modo di
ottenere sia di fatto negato a quanti non hanno una famiglia che possa
rivolgersi a un ministro con la stessa convinzione di poter vantare crediti.
Qui cadono tutte le possibili obiezioni relative al ruolo realmente svolto da Anna
Maria Cancellieri nella scarcerazione di Giulia Ligresti, perché a chiunque il
ministro abbia inoltrato la richiesta di accertamenti riguardo alle condizioni
della detenuta era la richiesta di un ministro e aveva via privilegiata. Pare
evidente, infatti, che non ci sia bisogno si sostanzi un elemento di induzione o di costrizione perché una richiesta del genere abbia possibilità di avere buon esito in misura direttamente proporzionale al ruolo che chi la sollecita occupa nella scala gerarchica che dal Guardasigilli scende fino al detenuto.
Non c’era bisogno di abuso di potere, bastava il potere discrezionalmente esercitato dal ministro, che in questo caso è fin troppo chiara negazione dell’elemento cardine del principio «legalitario», che è quello dell’uguaglianza dinanzi alla «legge». In tal senso, possiamo affermare che un intervento «umanitario» che di fatto realizza un momento di disuguaglianza dinanzi alla «legge» rimane «umanitario», ma non è necessariamente «giusto». La lesione si realizza nella telefonata del 17 luglio ed era prefigurata nei rapporti tra Anna Maria Cancellieri e la famiglia Ligresti, come è già accaduto nel maggio dello scorso anno, quando il Guardasigilli era ministro degli Interni: una proprietà dei Ligresti fu occupata da un centro sociale e lo sgombero avvenne a tempo di record. La proprietà privata è sacra, non c’è dubbio, e lo sgombero era necessario. Non meno necessario, però, di quelli che invece non vengono effettuati a soli 10 giorni dall’occupazione, come accadde l’anno scorso con la Torre Galfa dei Ligresti. Non ci sono prove che Anna Maria Cancellieri si sia attivata in quella occasione, ma oggi come può respingere il sospetto?
A parte, dicevo, ci sarebbe da commentare nel dettaglio la telefonata del 17 luglio. Anna Maria Cancellieri non si limita a consolare un’amica, ma fa suoi i pesanti giudizi sulla magistratura ai quali si lascia andare la moglie di un detenuto, avalla le risibili attenuanti che basterebbero a scagionarlo e dà colpa dell’accaduto a come vanno le cose in Italia. Basterebbe questo a renderla incompatibile con la carica che riveste.
La rassegna stampa di Bordin di ieri è stata pesantissima. Una di quelle poche volte in cui quasi (quasi) sembrava Marco Cappato. Giornate così sono spesso legate ai congressi radicali, purtroppo e per fortuna (perché sono pochissime occasioni). Detto questo, Bordin resta un gigante.
RispondiEliminaNo Bordin non è un gigante, come non lo è chiunque che frequentando il signor Pannella non gli abbia ancora detto un altisonante VAFFANCULO.
EliminaTutto condivisibile. Un solo, pignolo, appunto: credo che la misura sia direttamente, e non inversamente, proporzionale.
RispondiEliminaSì, hai ragione, grazie per correzione.
Eliminaio credo che Bordin sia pienamente consapevole delle limitazioni alla libertà di pensiero poste da un contratto con un editore come Pannella. a ciò si aggiunga l'inutilità della polemica contro chi non abbia quella minima onestà intellettuale per riconosce un sofisma, quale ad esempio quello che vede nell'amnistia una "soluzione strutturale".
RispondiEliminaad ogni buon conto non stupisce che un radicale pannelliano preferisca il metodo umanitario della Cancelliari ad un modello fondato su regole, dal momento che a costei egli ha pieno accesso, potendo quindi utilizzare il metodo ed esercitando in tal modo una possibilità e un privilegio ad altri preclusi.
poco importa se dovere del ministro dovrebbe essere quello di garantire un'amministrazione della giustizia che renda il metodo umanitario inutile. è la soggezione al capriccio, al caso, all'arbitrio ciò che conferisce un potere esercitabile. una regola che consentisse a chiunque di veder tutelati i propri diritti, senza l'intermediazione di una Bernardini o, financo, di un Manconi, renderebbe questi ultimi inutili e pertanto impotenti.
Infatti tutti gli ascoltatori di arena si iscrivono cosi diventano radicali e automaticamente acquisiscono accesso ai favori del ministro
EliminaCiti, per rimetterlo subito sullo sfondo, Carl Schimitt. A me pare che venga a proposito un suo saggetto breve e godibile quanto acuto: il Dialogo sul potere e l'accesso al potere, in cui si cerca di afferrare la carne del potere a partire dalla realtà del potente, non visto come ipostasi della una sostanza disincarnata del potere, fatta di relazioni e reazioni (come mi pare sia spesso il caso in Foucault), ma come dato reale e imprescindibile, a un tempo punto di coalescenza e limite del potere in quanto tale.
RispondiEliminaTutto questo per dire che i gran ragionamenti sull'articolazione istituzionale, sulle finalità e i modi del diritto e della giustizia, del comando e della partecipazione, spesso finiscono per omettere il dato cruciale della persona del potente, con tutti i suoi limiti di conoscenza, lucidità e disponibilità: insomma, il potente, in quanto umano, è legato a un contesto finito di interazioni possibili, chje finiscono per essere in gran parte occupato da un entourage limitato, da una corte che diviene cortina. Proprio in questo aspetto si colloca, a mio parere, la fondamentale disfunzionalità dell'esercizio del potere, il suo necessario arbitrio, la sua assai imperfetta discrezionalità.
Credo, allora, che la questione della Cancellieri debba essere affrontata, per essere feconda al di là del caso specifico, sul terreno di come il potere sia ostaggio del potente, e di come il potente faccia problema prima e al di là del potere stesso. In questo senso, l'insistenza liberale e democratica sulla rule of law e sul sistema di contrappesi come garanzia istituzionale del funzionamento trasparente del potere mi pare la risposta sbagliata a una domanda giusta: giusta perché individua nell'oggettività (e dunque nel diritto, nell'approccio "legalitario", come opportunamente lo chiami) il migliore antidoto all'ingombrante personalità del potente, sbagliata perché pone la questione in termini di giustizia e di democrazia più che di efficienza, finendo inevitabilmente per eludere la questione che solleva.
Insomma, ma qui il programma si fa davvero vasto, bisognerebbe riprendere sul serio il tema dello Stato hegeliano come soggetto collettivo e trasparente, istanza che rompe la casualità della storia (la sua cieca razionalità, ricostruibile soltanto a posteriori) per aprire il dibattito sulla Sittlichkeit come etica pubblica.
Forse, in estrema sintesi e fuori da ogni tautologia, l'esercizio del potere, legittimamente conferito, non può che consistere nell'abuso di potere. La signora Cancellieri la farà franca perchè "ha" potere, altrimenti il suo abuso sarebbe e rimarrebbe un mero e velleitario tentativo, soggetto all'arbitrio di altri "poteri" ad esso superiori. Zagreo
RispondiEliminaImpeccabile, come spesso.
RispondiEliminaMa mi incuriosisce molto un inciso: "La proprietà privata è sacra, non c’è dubbio [...]"
Spunto interessante per mille motivi, ad esempio si potrebbe discutere la proprietà di cosa (della casa, della fabbrica, del mio servo...) sia sacra.
Ma trovo notevole che anche per un laico qualcosa di sacro, in fondo, c'è.
Giovanni
Gesù mio, non s'è sentita l'ironia?
Eliminail rilievo sull'esito dei 100 interventi non è malizioso: è strumentale e fuorviante, quindi falso. La Cancellieri è intervenuta nel caso Giulia Ligresti (e in altri 100) segnalando al Dipartimento Affari Penitenziari (DAP) la condizione del detenuto che richiedeva, per motivi medici, di essere sottoposto a vigilanza sanitaria.
RispondiEliminaLa Cancellieri (parole di Caselli) non è mai intervenuta presso i magistrati incaricati delle indagini per chiederne la scarcerazione.
Il fatto che Giulia Ligresti (e altri 6 detenuti) abbiano poi ottenuto la scarcerazione (arresti domiciliari) è quindi evento scollegato in quanto fuoriesce dalle competenze e dall'intervento del Ministro e del DAP (che attiene il trattamento del detenuto in carcere) e riguarda le sole competenze della magistratura (PM e GIP), che decide sulle misure da adottare nei confronti di soggetti sottoposti a provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Strumentale e fuorviante, a mio modesto avviso, è il voler ignorare ciò che ho ammesso potesse essere letto come rilievo malizioso, e cioè che che i 100 segnalati e i 6 scarcerati, guarda caso, si hanno solo a cavallo e dopo la vicenda della Ligresti. In quanto alle altre obiezioni, consenta, direi che stanno in piedi quanto le garanzie che assicurano a qualsiasi poveraccio lo stesso trattamento goduto dalla Ligresti: sono la lettura della carta, largamente inapplicata. Visto che fa l'avvocato della Cancellieri, le segnali il caso del detenuto nel carcere di Poggioreale che ha perso 60 chili in pochi mesi per un cancro e nessun pm o gip ha ritenuto degno di essere mandato agli arresti domiciliari. E già che ci si trova, le segnali che tre giorni fa un marocchino s'è impiccato nello stesso carcere: il dap non è arrivato in tempo, sarà che il medico legale non aveva intravvisto i rischi che gravavano sul capo della Ligresti. Visto che il tema l'appassiona, insomma, si attivi.
EliminaLei continua deliberatamente a confondere: il ministro, il DAP non hanno nessuna voce in capitolo in materia di scarcerazioni, che vengono decise solo dai magistrati. Hanno voce in capitolo sul trattamento delle persone in carcere, per cui nel caso che lei dice al Ministro può segnalare se il detenuto in questione non viene assistito dalla struttura carceraria per far sì che venga sottoposto alle cure mediche possibili all'interno della struttura, ma per la scarcerazione deve andare dal GIP, per ottenere che sia curato in ospedale e non in carcere deve andare dal GIP, tutte cose che il Ministro non può fare. Quando l'attacco ad hominem, non si preoccupi: attivarmi è parte del mio mestiere, ma non vedo come questo cambi i fatti: il rilievo non è malizioso, è falso.
EliminaLa ringrazio del "deliberatamente" e ricambio: lei sembra non voler intendere che le pertinenze che ha qui voluto gentilmente illustrarci sono tali solo sulla carta. Non ci sarà stata costrizione, ma l'induzione è più che implicita. Se so che chi mi è superiore nella scala gerarchica desidera un favore, mi do da fare, sennò è molto probabile che avrò da pentirmene. In quanto alla Cancellieri, dica alla sua assistita che deve rendere ancora conto della telefonata fatta ad Antonino Ligresti il 21 agosto, che ha omesso di rammentare al pm che l'ha interrogata il giorno dopo.
EliminaScusate ma faccio davvero fatica a capire sulla base di quali dati state parlando. Entrambi fate riferimento ai famosi 100 casi cosi' come dichiarato dal ministro, e pare che lo consideriate un dato assodato, prlando solo di "esito" dell'intervento del ministro. Abbiamo certezza che questi 100 casi esistano? il ministro si e' davvero attivata in prima persona, come fatto con Ligresti, anche in questi 100 casi? Qualcuno si e' preso la briga di verificare? Mi pare che sia un punto piuttosto importante visto che e' l'unico modo per verificare se vi sia stato un trattamento privilegiato o meno.
EliminaIo l'unica fonte che ho trovato e' questa, dove si dice che "La casistica è molteplice, ma non esiste un catalogo che la censisca". http://qn.quotidiano.net/politica/2013/11/05/977553-cancellieri-interventi-carcere-ligresti.shtml
Perche' voi ne parlate con certezza? Quale e' la vostra fonte?
Grazie
Il Guardasigilli ha detto al Parlamento che quei casi ci sono, e sono a disposizione di chi voglia controllare. L'ho dato per scontato, perché la sfacciataggine che ha avuto nell'affermare che, sì, si è attivata, però, no, non si è attivata, e che, sì, è vero che la Ligresti ha potuto sfruttare la sua conoscenza, però, no, quella non ha fatto alcuna differenza rispetto a chi in carcere ci muore - be', intendo dire quel mucchio di stronzate che Pdl, Pd e Sc hanno voluto bersi - ancora riescono a coprire come il cerone il volto dell'arroganza. Ho pensato che mentire sul fatto che "oltre 100 casi" analoghi fossero giunti alla sua attenzione fosse vera e propria faccia di culo, e mi sono vietato di pensarlo, per il rispetto che porto alla carica che la Cancellieri riveste. E tuttavia resta il fatto che su "oltre 100 casi" analoghi la Ligresti fosse tra i soli 7 beneficati. Tenuto conto che le condizioni della detenuta - a detta del medico legale - non fossero tassativamente incompatibili con il regime detentivo, ma - semplicemente - consigliassero il provvedimento degli arresti domiciliari ad evitare un rischio, gli altri appellanti che non hanno avuto risposta dovevano stare benone. Ma, come ho detto, in carcere si continua a morire, se non ci si chiama Ligresti.
EliminaGrazie per la risposta e per l'ammissione. Il problema e' che delle dichiarazioni del Ministro pare si siano fidati un po' tutti in Italia.
EliminaIo sono convinto che, a differenza sua, gran parte della stampa sia in malafede in questo senso. La veridicita' dei 100 casi e' indubbiamente il punto fondamentale della vicenda Cancellieri. Poco importano le sue amicizie e le 1,2,3 mille telefonate fatte a Ligresti e famiglia. Poco importano le coincidenze di date. Su questa strada si rimarra' sempre e solo nel campo delle illazioni, non essendoci prove di cio' che si sono detti nella nuova telefonata emersa ieri e in quelle del marito e non essendo indubbiamente sufficiente cio' che si sono detti nelle due precedenti.
L'unico vero nodo della questione rimane la veridicita' di quanto dichiarato pubblicamente in parlamento. E mi riferisco ovviamente ai "oltre cento casi". Se e' vero che la Cancellieri si e' attivata in tutti gli altri casi non c'e' nessun favoritismo. E guardi che non e' necessario che l'esito della sua attivazione sia positivo per tutti i cento casi. Quello non e' discrezione del ministro ma degli organi competenti ed affermare che vi e' stato un favoreggiamento si cade nel campo della malizia, come giustamente rilevato da lei stesso e delle illazioni, aggiungo io.
L'importante e' che in tutti i 100 casi il ministro sia intervenuta allo stesso modo che con la Ligresti. Qualunque ne sia stato l'esito.
Se questo invece non fosse dimostrato, allora si che il ministro potrebbe essere accusata di favoritismi. Non solo, avrebbe pure mentito pubblicamente in parlamento. Direi che a questo punto le dimissioni diventerebbero scontate. E a pensar male, forse una ragione per la quale questo punto non e' stato sollevato dalla stampa la si puo' ipotizzare non crede?
Ovviamente, la sua affermazione che la Cancellieri non avrebbe detto al PM di aver parlato con Antonino Ligresti il 21 agosto è falsa, come risulta dal verbale dell'interrogatorio. Poi, liberissimo di non credere alla Cancellieri sul contenuto della telefonata.
RispondiEliminaNon tanto "ovviamente". Almeno la Repubblica e Il Fatto quotidiano riferiscono che la Cancellieri avrebbe detto al pm della telefonata del 19 agosto, ma non di quella del 21. E' da questa omissione, d'altronde, che il caso si è riaperto. In ogni caso, non mi risultano smentite da parte dell'interessata alle suddette testate.
EliminaE in ogni caso, no, non credo alla Cancellieri sul contenuto della telefonata. Inoltre penso che si sia inventata una scusa patetica.
EliminaIl riferimento alla telefonata del 21 agosto è stato fatto dalla Cancellieri ai PM come risulta dal verbale di interrogatorio pubblicato da Repubblica "Poi, nel verbale dello stesso interrogatorio del 22 agosto il Guardasigilli conclude così: "Ieri sera Antonino Ligresti mi ha inviato un sms chiedendomi se avessi novità e gli ho risposto che avevo effettuato le segnalazioni nei termini che ho sopra spiegato, nulla di più". E' una illazione di Repubblica che "a senso" la Cancellieri parlerebbe di un sms e non della telefonata, il fatto è che la Cancellieri ha detto ai PM del contatto avvenuto la sera prima.
EliminaLa smentita della Cancellieri è qui http://www.repubblica.it/politica/2013/11/15/news/caso_ligresti_la_lettera_di_cancellieri_rifiuto_sospetti_su_mia_correttezza-71100509/
"Ho riferito al P.M. del contenuto delle conversazioni intercorse con Antonino Ligresti che hanno avuto come oggetto lo stato di salute di Giulia Ligresti. Una è del 19 agosto, l'altra di due giorni dopo, del 21 agosto. La prima telefonata è stata fatta da me, ma solo a seguito di diversi tentativi fatti da Antonino Ligresti di raggiungermi al telefono. La seconda conversazione è in risposta ad un ulteriore contatto proveniente da Ligresti. Di questi due contatti ho riferito puntualmente alla Procura perché questi erano quelli che avevano ad oggetto i fatti sui quali sono stata sentita. Basta leggere il verbale redatto dalla Procura per verificare la correttezza e la veridicità delle mie dichiarazioni".
Sul credere o no al contenuto della telefonata, ognuno è libero di autodeterminarsi.
Senza dubbio. Tanto più che sulla buona fede della Cancellieri non mancherà un Paniz come lo ebbe il caso Ruby e non mancheranno autodeterminazioni come le sue.
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