Da come
paiono mettersi le cose a Palazzo Madama, Anna Maria Cancellieri non sarà
tenuta a dimettersi. Doveva chiarire, ma non ha chiarito niente, non ha detto nulla di più quanto avesse già detto ai giornalisti in questi ultimi giorni. Era amica della famiglia Ligresti, si può negarle di avere amici, da ministro? Sentiva il bisogno di farsi empatica col pregiudicato, si vorrà mica vietarle l’empatia? Ha detto: «Qualsiasi
cosa io possa fare conta su di me», ma non ha fatto niente. Cioè sì. Cioè no. Insomma, sì, ma no. E le credono. Come potrebbero non crederle? Porta in aula il puro distillato del familismo e dell’arrangiarsi, i pilastri del saper vivere all’italiana.
Le credono, così pare prevalga l’idea che la scarcerazione di Giulia Maria
Ligresti sia stato un atto dovuto, che le sue condizioni cliniche fossero
incompatibili con la detenzione in carcere. Anoressia, capite? Un’anoressica ci mette anni per crepare, ma una Ligresti può metterci anche soltanto tre mesi. Un sostegno psicologico sarebbe stato inutile, per convincerla a mangiare era necessario mandarla a casa. Fatto, è stata salvata una vita. Chi è così bestia da sollevare la questione egalitaria rammentando che in carcere si continua a morire per cancro, aids e perfino per tubercolosi?
In quanto al Guardasigilli, pare
che la maggioranza del Senato le creda, o voglia crederle, perché le sue
spiegazioni non fanno affatto chiarezza, sicché crederle esprime atto di fede. Si sarebbe interessata a un caso umano, ma l’interessamento
non sarebbe andato oltre la segnalazione alle autorità competenti, tutte a lei
soggette, e non si capisce in quale misura la segnalazione non avesse implicito
l’effetto di induzione. Analogie col caso Ruby? Non diciamo sciocchezze.
Si sarebbe interessata ad altri casi analoghi, però –
dice – «negli ultimi tre mesi», in pratica è il caso di Giulia Maria Ligresti
che le ha fatto venir voglia di attivarsi per risolvere analoghe situazioni
critiche, visto che dal 28 aprile al 17 luglio non risultano suoi interventi.
C’è
perfino qualche senatore che ha detto sia del tutto «naturale» che un ministro
si attivi personalmente in favore dei casi che arrivano alla sua persona, poco
importa se il modo in cui vi arrivano costituisca via privilegiata rispetto a
quella mille volte più tortuosa di chi non abbia famiglia facoltosa, o neppure
famiglia, di chi non sia simpatico al cappellano penitenziario, di chi non abbia l’indirizzo
di Rita Bernardini o di Luigi Manconi, di non abbia soldi per pagarsi un
avvocato decente, e insomma al magistrato di sorveglianza non abbia modo di far
arrivare il suo urlo di dolore.
Insomma, a Palazzo Madama, è prevalsa la tesi che sia
meglio salvarne uno che nessuno, poco importa se chi si salva sia immancabilmente
un potente. Mica è colpa sua se trova il modo precluso ad altri, no?
Bene, il caso sembra archiviato. Di fatto si riaprirà col primo poveraccio
che morirà in carcere. In questo merda di paese dove il favore s’è mangiato il
diritto si troveranno quattro o cinque volontari che ne porteranno la bara in
spalla fino a via Arenula urlando da basso ad Anna Maria Cancellieri di
affacciarsi al balcone?
Le credono perché non crederle costituirebbe un pericoloso precedente.
RispondiEliminaPer tutti loro.
Se saranno cinque, io farò il sesto, ché dispari non torna (a meno che lo spaiato impugni un megafono).
RispondiEliminaA parte.
Ottimo aver sostantivato la specificazione del Paese.
Hai fatto bene a non specificare quale sia il "paese di merda" anche se sappiamo quale sia, ma tu non lo hai detto e manco io. Ricordo di una condanna in cassazione a un povero vecchio incazzato per una multa, sbottò con le forze dell'ordine dicendo: "Italia paese di merda" ma io mi limito a riportarlo come notizia e non l'ho detto! l'ho solo pensato e i pensieri non si possono condannare,
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