[Dal palco di Bastia Umbra, il 6 novembre, Enzo Raisi rammentava il “fango mediatico” caduto nel corso dell’estate addosso a Gianfranco Fini, alla sua famiglia e ai finiani; e rivelava: “Alle volte, scherzando coi colleghi, dicevamo: «A te ancora non ti hanno toccato, vuol dire che non conti nulla»”. Era modestia e la modestia va premiata: avrei per lui uno schizzetto di fango.]
Neanche chi continua a nutrire dubbi sulla genuinità dell’antiberlusconismo dei finiani può negare loro il merito di aver denunciato con pienezza di argomento il culto della personalità che fa del Pdl lo specchio delle brame di Berlusconi, e di averlo fatto ben prima del definitivo strappo. Sarà poco, ma è onesto convenire su un dato di fatto: scorrendo la lista dei deputati e dei senatori che hanno lasciato il Pdl per seguire Fini, non se ne trova uno che abbia mai troppo esagerato in prove di fanatica devozione alla persona di Berlusconi. Cioè, uno sì, ma uno solo: Enzo Raisi. Che cazzo ci faceva, Enzo Raisi, almeno fino al 22 aprile, nella lista dei “rappresentanti istituzionali aderenti al Comitato per la candidatura di Silvio Berlusconi al Premio Nobel per la Pace 2010”? Davvero lo riteneva degno di un così alto riconoscimento? Se sì, come ha potuto abbandonarlo? Se no, perché ha firmato?
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