In più occasioni, almeno da un anno e mezzo in qua, mi sono espresso in favore di un’amnistia, ma ho sempre tenuto a precisare che, pur essendo diventata a mio parere indispensabile a fronte delle condizioni in cui versano le carceri italiane, fosse e sia da ritenere misura solo emergenziale, perché una soluzione strutturale del problema sta solo nell’abrogazione delle norme che attualmente portano alla reclusione immigrati clandestini, tossicodipendenti, indagati e imputati in attesa di giudizio, che insieme superano il 65% dell’odierna popolazione carceraria. Ho tenuto a precisare pure che l’urgenza di un’amnistia non è posta solo da ragioni umanitarie, e quindi non sarebbe da intendersi esclusivamente come misura in favore dei detenuti, ma anche, direi soprattutto, da ragioni che sono di tutti, perché a base dello stato di diritto, di fatto sospeso col negare a un detenuto i diritti che gli sono inalienabili, qualunque sia il crimine per il quale sconti la sua pena. Amnistia, dunque, e per il ripristino della legalità, entro la quale la certezza della pena non implichi più un supplemento di sanzione illegalmente inflitta, né le esigenze cautelari si traducano in tortura.
Posizione abbastanza simile a quella dei radicali, che però hanno progressivamente messo in secondo piano, nelle ultime settimane, l’importanza di un riassetto strutturale del sistema normativo, spingendo l’acceleratore sull’iniziativa in favore dell’amnistia come madre di ogni riforma. Probabilmente si tratta di una scelta tattica, perché non ho dubbi nel ritenere che anche per loro l’amnistia non sia il traguardo ultimo, e tuttavia, si sa, il tatticismo è vizio che distoglie sempre dal traguardo ultimo, fino ad allontanarlo.
Sento con preoccupazione questo rischio nelle recenti dichiarazioni pubbliche di Marco Pannella: comincia a parlare di amnistia come soluzione dei problemi di Silvio Berlusconi. Per meglio dire: anche dei suoi problemi. Fatto sta che un provvedimento emergenziale che dovrebbe portare allo sfollamento di carceri congestionate fino all’inverosimile corre così il serio rischio di essere strumentalmente utilizzato da alcuni e quindi comprensibilmente osteggiato da altri. Avremmo l’amnistia anche per chi è già detenuto, ma soprattutto per chi vuole evitare il giudizio e una eventuale giusta pena (non necessariamente detentiva).
La cosa peggiore, credo, è che a trovarne beneficio non sarebbero immigrati clandestini, tossicodipendenti, indagati e imputati in attesa di giudizio – rimarrebbero in vigore le leggi che ne vogliono la detenzione e le carceri si riaffollerebbero in meno di due anni – ma solo quanti hanno commesso gli stessi reati per i quali Silvio Berlusconi è indagato e imputato, insieme a quanti stanno in carcere per pene detentive di entità inferiore a quelle previste per quei reati. Invece dell’ennesimo provvedimento ad personam, avremmo messo in atto un provvedimento a misura del profilo criminale che è nelle ipotesi accusatorie pendenti su una sola persona. Che in questo caso è in grado, sì, di fare molto per accontentare Marco Pannella, ma rifilandogli una vittoria politica svuotata di ogni senso, sia umanitario, sia legalitario. Sicché è comprensibile che, dopo tanto sbattersi, i radicali siano smaniosi di passare all’incasso, ma temo che così corrano il rischio di intascare ancora una volta, e soltanto, un soldo che non vale niente.
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