domenica 28 novembre 2010

Il paradigma dell’ateo devoto


Posto che quanto sembra conveniente fino al necessario lo sia in sé, ma che Dio torni conveniente fino al necessario per dargli fondazione trascendente, avere fede non fa troppa differenza col non averla. È il paradigma dell’ateo devoto e possiamo semplificarlo anche in questo modo: Dio non esiste, ma è bene far finta. La finzione può arrivare a rendere del tutto indistinguibile chi crede in Dio da chi non vi crede e, come se il Papa fosse davvero il Vicario del Figlio di Dio, si può arrivare anche a baciargli la mano (e meno male che non s’usa più baciarne la pantofola, sennò l’ateo devoto farebbe pure quello): Dio non esiste, la religione è solo un instrumentum regni, il gesto è puro ossequio conveniente fino al necessario. E però ogni finzione ha un punto debole e lì salta il paradigma: è quando Dio pretende priorità rispetto al fine del quale è stato chiamato a farsi instrumentum.

Il paradigma dell’ateo devoto che s’era preso una sbandata per Joseph Ratzinger salta proprio sul richiamo che Benedetto XVI fa alla priorità di Dio, perché “il discorso razionale resta sullo sfondo ma assume una veste ancillare di difficile comprensione per i laici extra ecclesiam” (Il Foglio, 27.11.2010). Se tra chi crede e chi non crede c’è accordo su quasi tutto ciò che per entrambi è conveniente fino al necessario, perché sostenere che senza Dio tutto cade? Fingere che esista non basta?
Giuliano Ferrara è triste perché il suo Ratzi pretende troppo: “Benedetto conferma nel suo ultimo libro, con la consueta forza argomentativa, il dissenso cristiano da alcuni tratti insopportabili dell’esistenza moderna, ma la ricetta nella sostanza cambia: il teologo e filosofo proponeva che il secolo si comportasse «come se Dio ci fosse» […], mentre il pastore […] oggi si rivolge al suo gregge con un più prudente appello alla fede nel Dio vivente”, e così “le linee del suo insegnamento pastorale perdono in parte quell’attrazione trasgressiva, quel vigore provocatorio e quell’aura di sfida al secolo, sul suo infido terreno, che ci hanno fino a ieri fatto ragionare, magari anche un po’ delirare e, in un certo senso, credere di poter credere”. Un po’ di delirio, ok, ma la conversione, cazzo, è troppo.


6 commenti:

  1. La gente (intesa come persona) tiene i piedi su due staffe. Tra il credere o meno, passa sopra pure alla liturgia del "baciapantofola" non costa nulla e magari si sta nelle grazie di dio o di qualche santo. Chi invece, come Ferrara specula su questo target, come minimo ha la coscienza sporca.

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  2. Al solito, i discorsi di Ferrara sono scivolosi perché vogliono costruire qualcosa sul niente a partire dal nulla per il semplice scopo di dimostrare che esiste e pensa in maniera diversa da tutti. Lo sappiamo, Giuliano. Deve essere il colesterolo, però.

    Uno che crede di poter credere, alla fine crede o no? Stringi stringi, che fa questo?
    E per credere di poter credere ha bisogno di una attrazione trasgressiva? E perché?
    La fede è quanto di meno trasgressivo, provocatorio, delirante magari sì (prendi Brosio, ad esempio).
    Perché forse è trasgressivo affidarsi alla fede più che alla razionalità? No, è idiota*.

    A***


    * almeno statisticamente, su tot casi di caduta di grave sulla testa di non ignari passanti, quanti di questi hanno riscontrato l'effetto benefico dell'affidarsi trasgressivamente alla fede per sopportare il colpo invece che banalmente e razionalmente spostarsi di lato?

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  3. Il Ferrara presto comincerà a tare all'erta per il nuovo padrone da leccare...

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  4. Non so, caro Luigi, se tu sia mai passato dalle mie parti. Mesi fa, ebbi l'occasione di scrivere questo:
    http://librescamente.splinder.com/post/22653338/atei-devoti
    che mi sembra perfettamente in sintonia con il Malvino-pensiero. Correggimi se sbaglio.

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  5. io resto convinta che la verità sia nella leggenda del grande inquisitore dentro i fratelli karamazov, e quindi che ratzinger sia il vero ateo devoto

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  6. basta leggere nella Parola di Dio:
    proverbi capitolo 4 versetto 18
    e
    primo ai corinti capitolo 2 dal versetto 10 al versetto 12

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